Il racconto di una delle manifestazioni che il 9 aprile hanno raccolto in sei municipi della capitale l’invito a indicare un percorso lanciato dal grande e bel corteo del 19 marzo. Da “Roma non si vende” a “Decide la città” il passo è breve e indica un percorso possibile. A Centocelle una piccola comunità solidale intanto reinventa la piazza, lo spazio in comune. Uno spazio molto immerso nella vita quotidiana, uno spazio di ascolto, di presa di parola e di movimento. Un luogo dove ci si prende cura del vivere insieme, della socialità e della cultura perché nessuno potrà resistere né si salverà da solo
di Pinilla De Girolamo
C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza.
C’è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada nella piazza.
Perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta dal dolore e dalle bombe
G. Gaber – C’è Solo La Strada – 1974
Il 9 Aprile eravamo a Piazza dei Mirti, chiusa per 8 anni dalle recinzioni del cantiere della Metro c, “l’incompiuta più costosa d’Europa”, uno dei tanti simboli del malgoverno di questa città, restituita meno di un anno fa ai suoi abitanti. Eravamo nella piazza ritrovata, abbrutita dai volumi tecnici che la costellano qua e là, soprannominati dagli abitanti “i loculi”. Una piazza allestita per l’occasione da mostre, che raccontano della ricchezza dei nostri spazi sociali e del percorso di democrazia dal basso avviato con la manifestazione del 19 Marzo, dietro le parole di “Roma non si vende. Decide la città” e le tante assemblee delle scorse settimane.
Nella mappa interattiva del quartiere aperta ai contributi sono segnati gli spazi pubblici abbandonati e i tanti progetti incompiuti di parchi e servizi. Una mappa che a fine serata si presenta, arricchita spontaneamente dai tanti giovanissimi presenti, piena di foglietti che dicono quanto è diffuso il desiderio di partecipare e determinare il destino della propria esistenza, a cominciare dal proprio quartiere e dalla propria città.
In piazza, un microfono aperto e un cerchio della parola dai contorni larghi e penetrabili. Dopo le prime incertezze, gli interventi sono stati tanti e le parole sono divenute un discorso comune ininterrotto. La tela del presente si è intrecciata con il disegno, appena accennato, di una nuova tessitura possibile, che parta da quella presa di parola e condivisione in una pubblica piazza, per immaginare di definire nuovi modelli di partecipazione e decisione dal basso, una nuova municipalità e un cambio di direzione per tutta la città.
C’è una diffusa voglia di cambiamento. Gli interventi non nascondono le emozioni e allargano il cuore, perché raccontano di come negli spazi sociali si spezzi la solitudine in cui si è spinti dalla precarietà e dalla povertà, dalla frammentazione sociale, dal materializzarsi del disegno neoliberista nella città e nelle vite di ognuno. Chi parla con alle spalle le tante esperienze di cittadinanza attiva e organizzazione dal basso, denuncia il debito della città, che grava su tutti noi e nel cui nome vengono stracciati diritti civili e sociali. Qualcuno ricorda la costituzione. E si racconta della minaccia che pende sugli spazi sociali e culturali del quartiere. Spazi un tempo abbandonati restituiti ad un uso pubblico, un capitale sociale che vorrebbero spazzato via per terminare l’operazione “valorizzazione” e vendita del patrimonio pubblico inalienabile, avviata in tutta Italia e che nella nostra città commissariata è divenuto al centro della azione del commissario Tronca, un rovesciato Robin Hood che toglie ai poveri per dare alle Banche. Si Parla di acqua pubblica, della volontà popolare espressa dagli esiti del Referendum del 2011 considerata carta straccia dal Governo Renzi, a partire dallo Sblocca Italia e legge di Stabilità che affida al mercato la gestione dei servizi idrici per finire con il Decreto Madia che decreta la privatizzazione dei servizi pubblici tutti.
Nella piazza Warner, uno dei più straordinari giocolieri della città, stupisce il cerchio dei bambini e dei ragazzi, mentre qualcuno spiega le ragioni per cui è importante andare a votare per il Si al referendum. In un attimo, senza interruzione il cerchio della parola diviene cerchio delle danze. Si balla con un orecchio agli organetti e tamburelli dei tanti arrivati a partecipare a questo appuntamento sociale, il ritrovarsi di una comunità che rappresenta in sé un cambiamento di paradigma. Il cerchio attraversato prima dalle parole lascia posto ai corpi, che a tempo ritrovano i movimenti semplici e antichi delle danze popolari. Qualche donna non più giovane, che si è avvicinata nel corso dell’assemblea, entra nel cerchio e inizia a ballare.
Al crepuscolo il tango e i suoi ballerini accompagnano la chiusura della giornata iniziata con una pedalata per il Si al referendum contro le trivelle e volantinaggi nei mercati. Qualcuno inizia a smontare e ripulire la piazza. Siamo stanche con i visi sorridenti e una ritrovata fiducia nell’agire comune. Questa piccola comunità solidale, ritrova il senso di quel quotidiano lavoro gratuito: prendersi cura di spazi sociali, portare cultura e qualità del vivere nel proprio quartiere, favorire le relazioni sociali e umane, contrastare l’abbandono e l’impoverimento economico e culturale, parte del progetto neoliberista.
Nessuno si salva da solo e neanche nel suo piccolo spazio associativo o nel suo centro sociale. Questa Primavera romana invita a tornare nelle piazze e riscoprire e nutrire l’empowerment delle comunità locali, quel “io posso decidere e insieme cambiare”, che è sostanza di ogni possibile cambiamento. Prima del debito, della parità di bilancio, della spending review, ci sono le persone reali portatori di diritti, costituzionalmente chiari anche ai bambini e ai ragazzi, a cui se ne parla a scuola.
Cosa rimane di questi diritti nei nostri quartiere e nella nostra città, nel nostro paese attraversato da diseguaglianze mai così profonde, dai tagli e le privatizzazioni dei servizi pubblici, dal mutamento autoritario del sistema di governo, che foraggia le lobby del petrolio e delle Banche. Questo abbiamo interrogato in piazza, in modi diversi, abitanti, cittadini, attivisti e di questo spazio di ascolto, socialità e comunanza di idee e saperi, faremo appuntamento fisso del quartiere. In questa neonata Agorà avvieremo la scrittura di un pezzo di una Carta di Roma Comune, che inverta l’ordine del discorso mettendo al centro le persone, i Diritti, i beni comuni e la capacità delle comunità locali di contare e determinare una nuova agenda politica della città, lontana dai profitti, dalle privatizzazioni, dalla riduzione del welfare, dei servizi, dei trasporti, della cultura.
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