È disponibile in rete (all’url: https://openddb.it/film/the-tower/, a pagamento, ma bastano anche pochi euro di sottoscrizione) un prezioso film di animazione che potrebbe aiutarci a capire e far capire meglio il dramma del popolo palestinese. Realizzato nel 2018 in animazione di pupazzi a passo uno e a disegni animati, da una èquipe diretta dal norvegese Mats Grorud, The Tower racconta, attraverso gli occhi della giovanissima Wardi, la storia di una famiglia dall’esilio forzato iniziato nel 1948 (la nakba, il disastro, la catastrofe, il cataclisma), alla drammatica quotidianità dei campi profughi in Libano.
Mats Grorud ha trascorso un anno come volontario, in particolare con attività dedicate all’infanzia, nel campo di Bourj el Barajne (“al Bourj” significa “la torre”), uno dei dodici campi ufficiali allestiti in territorio libanese dopo l’allontanamento coatto della popolazione palestinese dalla legittima terra d’origine. Raccogliendo molte testimonianze e ricordi ha costruito una storia che permette ad adulti e ragazzi di far conoscenza con un racconto collettivo che può fornirci molti elementi per comprendere la tragica situazione che ci viene mostrata quotidianamente dai media.
Wardi ha undici anni e sta portando a casa la sua ottima pagella dopo l’ultimo giorno di scuola elementare. In un agglomerato di costruzioni cresciute disordinatamente, tra incursioni aeree, cecchini, tentativi di dare un minimo di regolarità alla vita quotidiana, vive insieme al bisnonno Sidi, al nonno, al padre e alla madre, agli zii, uno dei quali alleva piccioni non scendendo mai dal punto più alto di una delle torri del villaggio.
Grorud e i suoi animatori hanno lavorato con due tecniche diverse, affidando all’animazione a passo uno di pupazzi il racconto che si svolge in contemporanea e ai disegni animati i ricordi dei vari personaggi che si affacciano nella vita di Wardi e la ricostruzione storica. Una scelta tecnica che non inficia, anzi, rafforza, l’unità di una narrazione che contiene sia il rigore della documentazione storiografica, sia lo svolgimento emotivo e la maturazione delle personalità descritte. Affidandosi anche a fotografie d’epoca e a inserti di notiziari televisivi, The Tower rappresenta un esempio di grande valore di come in ottanta minuti di animazione si possa raccontare una vicenda di più di settant’anni, informando, emozionando, coinvolgendo.
Il tema principale che attraversa ogni minuto del film è quello della speranza, rappresentata dalla chiave della casa che si è stati costretti ad abbandonare, che Sidi, giunto in prossimità del termine della sua esistenza, insiste di voler consegnare a Wardi. È possibile la speranza in una situazione in cui tutto pare voler dire il contrario? C’è un’alternativa alla rassegnazione impotente nella quale sembra esser caduto lo zio allevatore di volatili o alla risposta violenta, puntualmente repressa, che riecheggia nella vicenda laterale degli studenti uccisi o feriti durante una delle tante manifestazioni di protesta?
Il film di Mats Grorud non ha reticenze né infingimenti consolatori: il trascorrere del tempo, scandito dalle fasi di maturazione e crescita di piante seminate in una situazione apparentemente infeconda, non lenisce ferite che sembrano non rimarginabili, non sopisce rancori e rabbia, non addomestica alla sottomissione e all’apatia. Sono le figure femminili, soprattutto e certamente non a caso, a farsi carico sia della routine quotidiana che dei progetti di liberazione e di emancipazione. La scuola, la cultura, in particolar modo per le ragazzine come Wardi, appare una delle possibili e irrinunciabili prospettive sia per un riscatto individuale che per una diversa prospettiva di futuro.
Senza proporre soluzioni facili, del tutto impossibili in una vicenda storica così articolata e complessa, The Tower invita tuttavia a fare una scelta di parte ben precisa. Tranne che in rarissimi momenti e per pochissimi secondi, la presenza israeliana o filo-israeliana è infatti solo suggerita, come una minaccia che incombe senza sosta. Tutta la storia alla quale assistiamo si concentra sui volti, sugli abiti, sui gesti, sugli sguardi degli abitanti palestinesi del campo profughi. Anche grazie al prezioso commento musicale di Nathanael Bergèse, che ha forse il suo momento più intenso nell’unica e tuttavia adeguatissima concessione che viene fatta ad una sorta di “realismo magico”, al momento della morte del bisnonno Sidi, il film di Grorud scava nell’attenzione intima dello spettatore, lasciando tracce sia di inquietudine e malessere, sia di condivisione empatica con i personaggi che vediamo vivere davanti ai nostri occhi.
Adattissimo anche per una visione scolastica (considerando un’età di possibili giovani spettatori e spettatrici che potrebbe partire proprio da quella della protagonista), The Tower rappresenta un’occasione, a mio parere da non perdere, di invito a un cinema che è, al contempo, di altissima qualità artistica e di pari valore nei contenuti.
The Tower (Tàrnet) – Norvegia/Francia/Svezia, 2018 – (durata: 80’)
regìa: Mats Grorud
sceneggiatura: Mats Grorud, Trygve Allister Diesen, Stale Stein Berg
montaggio: Silje Nordseth
musiche: Nathanael Bergèse
art director: Rui Tenreiro
animatori: Pierre-Luc Granjon, Hefang Wei
produttori: Frode Sebstad, Patrice Nezan