L’associazione, aperta agli studenti, ai docenti e alle famiglie, era nata da una sperimentazione solo da qualche mese, quando, nell’estate del 2018, siglò con il Liceo livornese Francesco Cecioni, insigne matematico figlio di un calzolaio, la convenzione che gli assegnava la gestione autonoma di alcune aule. Ricevette le chiavi, simbolo di quel sogno realizzato di autogestione, e cominciò le attività pomeridiane extracurricolari: corsi di arabo e di tai-chi, di filosofia, di cinese e un lungo eccetera. Poco più di un anno dopo dilagava la pandemia e parlare di apertura a scuola era diventato un ossimoro. Nel frattempo, al Liceo si alternavano ben quattro diverse dirigenze e quelle chiavi, per ora, all’associazione ViviCecioni non sono tornate. Eppure, come racconta la presidente, Laura Gambone, il sogno di un’autogestione responsabile – l’aggettivo accompagna la specificità dell’esperienza delle scuole aperte negli Istituti superiori, dove il maggior protagonismo non può che investire i più giovani – in un cassetto della cattedra non è mai finito. È uscito all’aperto, in uno spazio ampio, bellissimo e del tutto inutilizzato. È cominciato così un lungo e paziente lavoro di recupero e di costruzione, segnato dall’entusiamo e dalla tenacia, che ha dato vita, fuori e dentro lo spazio coperto dal gazebo, a un giardino dell’autonomia del fare in cui sono fiorite molte attività e i semi dell’autogestione sono decisamente ben piantati. Per ritornare anche dentro le aule, ci sarà da aspettare ancora, ma la prospettiva, spiega Laura Gambone, è una direzione ostinata e decisamente contraria alla rassegnazione: fare della scuola un luogo aperto, in tutti i sensi
Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Apprendere dall’esperienza. A Livorno

Laura Gambone è la presidente dell’associazione “ViviCecioni”, nonché professoressa del Liceo Francesco Cecioni. È tra i fondatori dell’associazione, quindi chi meglio di lei può aiutarci a raccontarla?
Ci racconta un po’ l’associazione “ViviCecioni”?
“Vivicecioni” nasce nel marzo del 2018 in seguito a una sperimentazione realizzata nel liceo Francesco Cecioni grazie a un finanziamento ministeriale che promuoveva la partecipazione studentesca e il protagonismo giovanile. Una volta esaurito il finanziamento e su indicazione del Consiglio d’Istituto in carica in quel periodo, è stato naturale andare a costituire un’associazione scolastica aperta agli studenti, ai docenti e alle famiglie: da qui è nata “ViviCecioni”. Nonostante alcune fatiche iniziali, nell’estate del 2018 è stata stipulata una convenzione tra l’associazione e la scuola e ci sono state messe a disposizione alcune aule. Anche se le aule erano in un’ala un po’ separata, nascosta e, purtroppo, poco visibile della scuola, è stata una vittoria perché potevamo gestirle autonomamente. Quindi abbiamo preso le chiavi e abbiamo iniziato con le attività pomeridiane autogestite dai ragazzi o dai genitori che si sono coinvolti nel progetto. Sono stati organizzati corsi di cinese, di arabo, di tai-chi, di filosofia, insomma esperienze di vario genere e svolte sempre in orario extrascolastico. Tutto questo è avvenuto fino all’inizio del 2020, dopodiché è arrivato il Covid e, naturalmente, si sono fermate anche le attività di “ViviCecioni”.
Come è avvenuto il coinvolgimento nel progetto nazionale “Scuole Aperte e Partecipate in Rete”?
Nel 2016, durante un pomeriggio di approfondimento sulla realtà delle scuole aperte organizzato a scuola, abbiamo avuto modo di conoscere Gianluca Cantisani, il presidente del MoVi. Da quel momento è nato un rapporto che è proseguito fin quando il MoVi ha partecipato ad un bando della fondazione “Con i bambini” sul contrasto alla povertà educativa, per il quale ha coinvolto sia la scuola che l’associazione “ViviCecioni” proprio perché il nostro liceo è una delle poche scuole superiori che sta portando avanti un progetto di apertura pomeridiana della scuola e soprattutto di protagonismo dei giovani. Nelle scuole elementari e nelle scuole medie si parla più di un servizio offerto ai e per i bambini, mentre nelle scuole superiori si punta più a una autogestione e una responsabilizzazione dei ragazzi. Quindi siamo stati coinvolti e, con grande sorpresa e piacere, siamo diventati partner di questo bellissimo progetto che si sta realizzando.

A che punto è il percorso verso la realizzazione di una scuola aperta?
Questa è un po’ una nota dolente. Una difficoltà è sicuramente dipesa dal fatto che in questi ultimi tre anni abbiamo cambiato quattro dirigenti; quindi, questo alternarsi ha fatto sì che ogni volta si dovesse ricominciare da capo a tessere un rapporto, a farci conoscere. Questa difficoltà è stata aggravata dal periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto. Parlare di apertura pomeridiana era uno degli ultimi pensieri dei dirigenti, visti i disagi concreti contingenti per l’organizzazione scolastica anche solo per le lezioni della mattina. Queste due difficoltà si sono sommate e purtroppo abbiamo fatto dei passi indietro: prima del Covid, avevamo le chiavi ed eravamo autonomi, invece adesso non abbiamo più accesso all’interno della scuola. Quindi al momento la scuola non solo è chiusa agli studenti per attività pomeridiane autogestite e per l’associazione (a parte un’esperienza appena avviata di club del libro all’interno della biblioteca scolastica), ma, addirittura, è chiusa in senso assoluto. Da quando io conosco il Cecioni, la scuola è sempre stata aperta tutti i pomeriggi per una serie di attività che venivano fatte. Al momento, invece, due pomeriggi alla settimana la scuola è chiusa. Perciò, purtroppo in questo momento siamo in una tendenza al chiudere rispetto alla fase precedente.

Cosa ha significato l’esperienza di rigenerazione del giardino?
Il progetto del giardino è un progetto arrivato in modo in aspettato e con grande sorpresa. Nel precedente anno scolastico, nel settembre 2021, abbiamo presentato alla dirigente Cristina Grieco le nostre attività sperando di poter avere degli spazi all’interno della scuola per poter ripartire con le attività pomeridiane, ma, a causa dei problemi ancora connessi alla situazione sanitaria, la preside non ci ha autorizzato. A quel punto ci siamo guardati intorno e ci siamo resi conto che la scuola aveva questo spazio bellissimo, grande, ampio, con tante potenzialità che era inutilizzato. È nata così l’idea: visto che non potevamo entrare nella scuola, potevamo almeno dedicarci all’esterno. Abbiamo messo a punto il progetto, abbiamo sostenuto la scuola con l’acquisto di due gazebo che tuttora, la mattina, continuano a servire alla scuola per un’attività leggera di educazione fisica, mentre di pomeriggio, negli orari extrascolastici, vengono utilizzati dall’associazione per svolgere le proprie attività. Il giardino ha rappresentato una grande opportunità, ha messo insieme la voglia di socializzazione, dato che venivamo da due anni terribili, di chiusura e lontananza ed è stata proprio una boccata d’ossigeno. I ragazzi sono stati molto partecipi e si sono lasciati coinvolgere con molto entusiasmo. La situazione è un po’ sfuggita di mano quando, dopo aver rigenerato il giardino, abbiamo chiesto loro cosa volessero fare. Sono venute fuori moltissime idee strabilianti, tra cui una festa di fine anno delle quinte che, con tanta fatica, una tenacia estrema, siamo riusciti a realizzare nel giugno del 2022. È stata un’esperienza bellissima, faticosa, ma bellissima.
Infine, all’inizio di quest’anno, a settembre, siamo ripartiti. È cambiata nuovamente la dirigente. Non siamo ancora dentro la scuola, speriamo piano piano di tornarci. Nel frattempo, con un altro gruppo di studenti continuiamo a portare avanti le attività esterne del sabato pomeriggio. È una bellissima esperienza di coinvolgimento, di senso civico, di presa in carico, di entusiasmo.
Quali sono le prospettive future del progetto?
L’obiettivo finale è quello di poter tornare dentro la scuola, avere a disposizione gli spazi in cui proporre attività. L’obiettivo ancora più ambizioso è che questi spazi siano autogestiti dai ragazzi o almeno in parte autogestiti e in parte in collaborazione con l’associazione per rendere la scuola un luogo in cui non si viene soltanto per studiare, per fare i compiti, per essere interrogati, che è sicuramente la sua prima vocazione, bensì un luogo dove si possa anche stare insieme, socializzare, crescere, confrontarsi, fare esperienze diverse dalla didattica, anche perché nella società, per come si è evoluta in questo momento, occasioni di questo tipo sono sempre più rare. Da una parte, rimproveriamo i giovani che utilizzano instancabilmente il cellulare, ma dall’altra poi non offriamo loro delle alternative valide. E allora cosa c’è di meglio di una scuola per farlo, che è un luogo, sicuro, sorvegliato, familiare, conosciuto? Quindi la prospettiva futura è fare della scuola un luogo aperto in tutti i sensi.