L’outdoor education, l’educazione diffusa, le scuole aperte e partecipate non sono al centro del dibattito che si muove intorno alla scuola. Tuttavia tanti e tante tra insegnanti, educatori, dirigenti scolastici, genitori, amministratori locali non smettono di confrontarsi, studiare, approfondire, sperimentare. Aprendo strade spesso incoraggianti. Lo dimostrano anche i punti di vista e i racconti messi in comune da 150 insegnanti di tutta Italia, a proposito dell’utilizzo dell’educazione all’aperto durante lo scorso anno scolastico
Foto di F. L.
Il sondaggio La scuola è finita ha avuto come obiettivo la rilevazione dell’utilizzo dell’educazione all’aperto durante questo anno scolastico di ripresa dopo il primo lock down del 2020. Hanno risposto 150 persone da tutta Italia, alle quali va il mio ringraziamento, perché hanno dato un contributo importante, uno stimolo per tante altre e altri insegnanti, raccontando difficoltà, successi ed esperienze da condividere e ripetere.
Gli insegnanti che hanno risposto, in questo anno scolastico sono stati occupati per il 56,1% al nido e scuola dell’infanzia, il 32,1% nella scuola primaria, il 5% nella scuola secondaria di primo grado, il 5% nella scuola secondaria di secondo grado. Sono insegnanti del Lazio per il 49,7%, della Lombardia per l’11%, del Piemonte per l’8,3% e il restante 30% distribuito tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia, Calabria, Abruzzo, Sicilia e Sardegna.
Per il 94,5% hanno risposto insegnanti donne e per il 5,5% uomini con incarico sulla materia curriculare per l’ 84,6% e sostegno 15,4%.
Ecco le loro risposte alle domande proposte.
Il 65,5% degli insegnanti sostiene di aver utilizzato l’educazione all’aperto come risorsa per la prevenzione della diffusione del covid.
Il 27% dice che il dirigente ha permesso e invitato il corpo docente ad adottare l’educazione all’aperto.
Il 27% degli insegnanti ha scelto individualmente di utilizzare questa pratica didattica per la propria classe.
Il 19% sostiene che le famiglie e studenti hanno dimostrato interesse e collaborazione.
Il 14% sostiene che il consiglio di classe ha scelto di utilizzare l’educazione all’aperto.
Il 13% afferma che la normativa permette di utilizzare l’educazione all’aperto.
Il 34,5% non ha utilizzato l’educazione all’aperto.
Il 47,2% perché gli spazi scolastici non sono predisposti o necessitano di manutenzione per fare didattica all’aperto.
Il 41,5% sostiene che il dirigente non ha permesso o invitato il corpo docente ad adottare questa pratica educativa.
Il 7,5% dice che la normativa non permette l’utilizzo della didattica all’aperto.
Ma vediamo concretamente quanto è stata utilizzata l’educazione all’aperto.
■ Il 41,6% almeno un’ora al giorno
■ L’11,2% 4 volte a settimana
■ Il 13,6% 3 volte a settimana
■ L’11,2% 2 volte a settimana
■ Il 22,4% raramente
La formazione sulla didattica all’aperto è un altro tema importante che viene trattato.
■ Il 34,5% degli insegnanti sostiene che è stata affrontata in autonomia.
■ Per il 27,3% è stata affrontata in collegio docenti.
■ Per il 25,2% non è stata affrontata.
■ Il 9,4% sostiene che non è stata affrontata perché il corpo docente è già competente sulla materia.
■ Il 70,8% sostiene che la formazione sulla didattica all’aperto è indispensabile.
■ È necessaria ma non indispensabile per il 27,8%.
■ Per il 1,4% è superflua.
La strada da fare, di certo, è ancora tanta, ma è assolutamente confortante sapere che l’88,1% degli insegnanti intervistati sostiene che la didattica all’aperto è una pratica educativa assolutamente positiva, che permette di fare formazione in modo coinvolgente e permette di lavorare anche sull’inclusione, raggiungendo gli obiettivi didattici prefissati.
Oltre ad aver risposto alle domande, gli insegnanti coinvolti sono stati molto generosi e hanno raccontato le loro esperienze e le loro opinioni che aggiungono valore alle risposte che hanno dato attraverso il sondaggio.
“Ho sempre creduto fermamente che vivere la natura, fare esperienze all’aperto sia di fondamentale importanza per la crescita e lo sviluppo di ogni bambino.”
“L’ambiente educativo esterno è una risorsa fondamentale per il benessere psicofisico, di adulti e bambini o ragazzi”.
“Nel nido dove lavoro, da più di trentasei anni pratichiamo l’outdoor education. Già da diversi anni il gruppo educativo crede che in giardino il bambino possa sperimentare accrescendo le sue conoscenze, prendersi cura di un’aiuola o di un piccolo orto rafforza la sua autonomia e spirito di gruppo. Giocare con la pioggia e le pozzanghere e magari realizzare un poster con il fango, credo che sia una delle esperienze che affascina di più il bambino. Le famiglie condividono il nostro pensiero ed insieme si percorre lo stesso progetto educativo, noi con loro. Il bambino ha diritto di toccare la terra, sporcarsi, rotolarsi nel fango (chiaramente debitamente vestito con tutine e galosce) arrampicarsi su un albero, ascoltare il verso di una cornacchia o osservare una formichina camminare. I nostri materiali sono per lo più naturali (sabbia, conchiglie legnetti del mare, etct.etc.) e quasi sempre non strutturati. Evviva i bambini, evviva la natura, evviva il nostro nido”.
“Soprattutto nei nidi sarebbe necessaria una maggiore manutenzione e cura degli spazi esterni. Inoltre le educatrici dovrebbero essere aiutate a valorizzare lo spazio esterno con aggiunta di alberi, che soprattutto in estate possano creare spazi ombreggiati, e anche con materiali adeguati al gioco di bambini così piccoli”.
“Insegno nella scuola Giacomo Leopardi di Roma che si trova nella riserva naturale del Parco di Monte Mario. Il nostro comprensivo aveva aderito alla rete scuole all’aperto di Bologna prima dell’emergenza Covid. La nostra scuola lavora da anni su pratiche di educazione in natura ed in città. Ogni anno ha promosso un seminario di formazione presentato in collegio docenti da tutto il team di plesso e aperto a docenti anche oltre il nostro istituto. Solo quest’anno abbiamo scelto di non farlo perché non ci siamo sentite di sostenere l’esperienza di un seminario on line e torneremo a farlo, ma solo in presenza. I momenti dedicati alla didattica all’aperto sono stati quotidiani e per ben più di un’ora al giorno: con attività di gioco libero e/o con proposte lanciate da noi maestre. Questa modalità ha consentito anche di utilizzare gli spazi interni in perfetto dialogo con quelli esterni, favorendo una ricchezza di possibilità esperienziale per i bambini e le bambine, possibilità che ha garantito attenzione per ogni speciale unicità presente nel gruppo. Le famiglie sostengono con grande entusiasmo e favore la nostra linea pedagogica e questo grazie alle modalità di coinvolgimento, dialogo e informazione/condivisione costante delle nostre pratiche: sin dall’open day le famiglie hanno modo di conoscere bene le nostre scelte educative, di scoprire le motivazioni intrinseche che le sostengono e i grandi benefici a favore di una crescita equilibrata dei bimbi. Certamente la pandemia ha in alcuni casi aiutato a diffondere le pratiche di educazione e didattica oltre le mura, ma è necessario non banalizzare questo tipo di approccio e andare ben oltre la necessità emergenziale, poiché nessuna pratica può diventare efficace se non è frutto di scelta condivisa da un team docenti, se manca la formazione costante oltre che la sensibilità dei singoli verso uno stile che implica una relazione educativa con i bimbi di straordinaria ricchezza e reciprocità e che è tutt’altro che semplice da condurre. In una parola non basta uscire dalla porta per fare educazione fuori se poi non accolgo mai le tue osservazioni, se non ti do e non mi do il tempo per osservare fuori cosa accade, se non percepisco costantemente come risorsa il piacere di stare fuori che anima i bimbi e la straordinaria potenzialità di mettersi in gioco con mente e corpo che questo approccio garantisce a ciascun bambino*. Grazie per questa opportunità di riflessione”.
“Mi piacerebbe che la scuola non fosse vista come uno spazio chiuso e separato dalla vita, ma che la scuola fosse essa stessa l’ambiente naturale in cui viviamo e la vita che attraversiamo ogni istante”.
” I bambini sono molto più felici, quindi imparano molto di più e sono nell’insieme più rilassati e tranquilli. Sono entusiasta di questo modo di fare scuola”.
“La mia scuola si trova nel cuore di Cremona, città del caro e amato maestro Mario Lodi. La nostra didattica all’aperto è stata possibile perché disponiamo di un grande cortile circondato da meravigliosi amici angolari spaccasassi. A gambe incrociate, su tappetini portati individualmente o sdraiati abbiamo fatto scuola… Nel mese di giugno, per due settimane, con alcuni colleghi abbiamo attivato la scuola estiva con musica, robotica, coding animazione alla lettura, riorganizzazione della biblioteca e arte insieme e trasversalmente…”.
“La mia scuola è da tre anni scuola ‘out’. Tre anni di ‘battaglie’ per poter difendere e portare avanti ciò che ritengo essere troppo importante per la crescita e l’educazione di tutti, piccoli e grandi. Non è stato facile e soprattutto non c’è stato nessun tipo di sostegno e invito da parte della dirigenza. Una tristezza…”.
“Sono lontano da questa tematica. Fare questo questionario è stato un modo per avvicinarmi”.
“Dovremmo avere un outdoor meno improvvisato mancano le risorse economiche e anche umane (genitori collaborativi) maggiore consapevolezza e conoscenza di come fare outdoor e perché”.
“Sono stati di grande sostegno i corsi online previsti dalla formazione annua, ricchi di spunti di riflessione soprattutto dove parlano della soglia che c’è tra il dentro e il fuori non vista come un limite ma come uno spazio aperto a mille possibilità: ciò che c’è dentro può essere portato fuori e viceversa. Molto bella l’idea di creare nei servizi un museo delle cose scoperte, raccolte fuori”.
“Sarebbe interessante innovare la didattica anche con questo tipo di formazione ma al tempo stesso bisognerebbe ripensare e progettare anche nuovi edifici scolastici con spazi adeguati e attrezzati”.
“C’è un’attenzione parossistica alla sicurezza che vede in tutti gli spazi diversi dai banchi e dall’aula pericoli per l’incolumità dei bambini/e”.
“Personalmente ritengo che l’organizzazione delle strutture debbano necessariamente divenire più flessibile per favorire la fruizione degli spazi esterni. Regole sì, rispettate ma non che strangolano ogni iniziativa, in nome della norma, che va fuori del consueto. Se dobbiamo volare, voliamo alto. Grazie”.
“Una didattica all’aperto sembra rafforzare quella empatia tra l’insegnante e il gruppo classe e il gruppo classe in se. Inoltre, vivere all’aperto la scuola ti porta a osservare e quindi, rivalutare e scoprire angoli a cui prima non davi importanza… Sono fortunata a lavorare in una scuola dove il materiale primario ‘spazio all’aperto’ è presente. Quello su cui rifletto, è poter avere un corso di formazione più di Alto livello per potenziare il ‘fare’ che già noi insegnanti della nostra scuola conosciamo…”.
“L’educazione all’aperto è una grande risorsa. Bambini meno stressati, più attenti meno conflittuali e più responsabili”.
“Scuola all’aperto for ever”.
Questo piccolo spaccato racconta già tanto. Può essere di stimolo per tanti altri insegnanti, genitori, dirigenti e amministratori. Solamente la collaborazione potrà aiutarci ad ascoltare ancora di più i veri bisogni dei bambini e delle bambine in un’ottica di inclusione e di scuola aperta, sempre.
Francesca Lepori, pedagogista, maestra, fondatrice di Bosco Caffarella, lavora da molti anni anche nelle scuole pubbliche ed è Vicepresidente della Rete di Cooperazione Educativa.
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La copertina dell’e-book, scaricabile gratuitamente, Usciamo. Il tempo dell‘educazione all’aperto.