
La dimensione della crisi educativa, segnata dalla tremenda emergenza sanitaria ancora in pieno corso, non è mai stata mondiale come oggi. Per prima cosa bisogna prenderne atto, provare a individuarne le cause e comprenderne la portata. Poi questo, naturalmente, non basta. Fermi, in attesa di tempi migliori, non si può stare, sarebbe imperdonabile. Anche perché l’isolamento delle scuole, cioè la loro separazione dal mondo e dai territori, rischia di alzare vecchi e nuovi muri che poi renderanno sempre più difficile la ricostruzione dei legami sociali. Il tempo del cosiddetto “distanziamento sociale” non può essere infinito.
Così come in diversi altri campi, anche a scuola la pandemia rende soprattutto più gravi molti dei problemi esistenti, ma dobbiamo ricordare che quella che va a scuola in questi anni è la prima generazione planetaria che vive una crisi di queste dimensioni tutta insieme. Un miliardo e 780 milioni di bambini e ragazzi stanno affrontando la minaccia dell’allontanamento dalle aule e le enormi difficoltà per frequentarle. Come aiutarli a costruire da oggi il futuro di una società migliore? Come contrastare una povertà educativa che, con le conseguenze della pandemia, sembra crescere a dismisura insieme alle enormi e rovinose disuguaglianze che crea giorno dopo giorno?
Nel seminario formativo web, promosso mercoledì 11 novembre nell’ambito del progetto “Scuole aperte e partecipate in rete” come parte del percorso dell’Assemblea diffusa del Movi, Marco Rossi Doria sostiene che soluzioni univoche, pronte e adatte a ogni circostanza non ce ne sono. Bisogna avere il coraggio di dirselo. Il suo lungo e straordinario percorso alle prese con i problemi della scuola suggerisce però che sarebbe sempre utile partire dalle esperienze. È stato lui il primo maestro di strada riconosciuto in Italia e oggi – forte di un cammino professionale che lo portato dai quartieri difficili del Kenya, della Francia e degli Stati Uniti a diversi incarichi di governo nazionale e municipale in Italia – guida come vicepresidente l’impresa sociale “Con i Bambini”.
Quando Gianluca Cantisani, presidente del Movi e responsabile del progetto che ha promosso l’incontro, gli dice che proprio una sua affermazione, pronunciata alla presentazione del Rapporto di Save the children del 2018, “Ci sono 60 aree in Italia dove bisognerebbe lavorare per quindici anni consecutivi per affrontare la povertà educativa minorile”, è stata lo spunto dal quale ha preso corpo l’idea stessa del progetto, Rossi Doria risponde che abbiamo davanti mesi molto difficili. Non settimane ma mesi, forse un anno più difficile di quello, tanto tormentato, che si va concludendo. I bambini e i ragazzi in povertà educativa ne soffriranno nelle aree interne come nelle periferie urbane, nelle inner city, marcatamente nel Mezzogiorno ma non solo. Gli insegnanti e il Terzo Settore stanno facendo molto, spiega, ma perché la scuola venga messa al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi politici che hanno poteri decisionali, c’è una lunga battaglia culturale e politica in senso proprio da vincere.
Via via la conversazione scorre e si infittisce intorno all’approfondimento dei tratti salienti e alle cifre dell’emergenza educativa italiana di cui si conosce e si parla ancora troppo poco. Rossi Doria, incalzato dalle domande poste da Cantisani e da Giorgio Volpe, ma anche da quelle espresse in chat dalle 130 persone che hanno seguito il seminario da parecchie e diverse aree geografiche, fornisce un quadro molto ricco e stimolante di elementi conoscitivi e analitici sulla situazione delle scuole e dei soggetti che la abitano e ne sono protagonisti in tutta Italia.
La discussione si sviluppa toccando diversi interessanti aspetti della progettazione di interventi ma anche della realtà quotidiana nelle scuole. Dalla co-progettazione di città che affermino i diritti di tutti e l’importanza strategica dei temi educativi alla gestione costruttiva dei conflitti inevitabili presenti nella scuola, dall’ottimizzazione delle risorse fino all’eredità dei tagli draconiani alla spesa pubblica praticati negli anni passati. Il discorso di fondo resta saldamente ancorato al piano della concretezza degli interventi possibili per conoscere meglio e affrontare l’emergenza ma anche ai due prioritari fattori chiave del “che fare”: la costruzione, l’allargamento e il riconoscimento della comunità educante e la creazione dei Patti Educativi di Comunità tra la scuola e il suo territorio, la città, vale a dire la novità indicata nell’estate scorsa in un documento ministeriale che ha dato anche il titolo al seminario.
I Patti esprimono la necessità di una grande alleanza di intenti e di azione tra le scuole, i decisori politici e il vasto mondo dell’associazionismo e della solidarietà che va anche oltre il terzo settore. Un accordo che andrebbe siglato intorno al Comune, ma che è frutto di un lavoro che va anche un po’ inventato, precisa Rossi Doria, ognuno deve farlo come sa e come può. L’importante sarà tenere la circolarità per riflettere insieme su cosa fare volta per volta e imparare dalle pratiche altrui che hanno avuto buon esito.
In questo momento poi, dice un po’ in generale Rossi Doria, non ci può essere una linea da seguire: quando i contagi sono elevatissimi bisogna arretrare per poi ripartire non appena è possibile. Di certo la situazione attuale ha messo in evidenza che va invertita per i prossimi 10 anni la scelta di mancato investimento in istruzione, formazione ed educazione che si è fatta negli anni scorsi: in Italia alle questioni di cui si sta parlando viene destinato il 3,4 per cento del, Pil a fronte di una media europea del 4,6. In questo senso, anche per quel che riguarda la dispersione scolastica, il Covid ha accentuato il trend già inaccettabile. La battaglia che dobbiamo affrontare è comunque di lungo periodo, ci richiede un impegno da maratoneti più che da scattisti.
Si può vedere la diretta dell’intero seminario qui