Ci sono ben duemila ragazze e ragazzi al Liceo Cecioni, vengono da tutta Livorno e dai Comuni limitrofi, è il polo dell’istruzione secondaria superiore più frequentato della città. In autunno ci saranno altre 470 iscrizioni e solo con mesi di incontri e contrattazioni è stata trovata una soluzione per accoglierli tutti: l’installazione di alcuni moduli volanti negli spazi aperti della scuola. La Dirigente Manuela Mariani è fiera di esser riuscita a tutelare il diritto allo studio e la libertà di scegliere una certa scuola, perché il suo Liceo è un polo educativo molto inclusivo, con numerose iniziative culturali, sebbene “si potrebbe fare anche di più”. Nelle attività svolte all’aperto intorno al gazebo del Progetto delle scuole aperte e partecipate “ho visto dei lavori stupendi”, dice, ma precisa che “quando si attivano progettualità aggiuntive rispetto alla didattica ordinaria, le scuole devono avere anche personale a disposizione in grado di vigilare e garantire sicurezza”. Tutte le scuole, aggiunge, non dovrebbero essere luogo solo di frequenza mattutina e non dovrebbero essere relegate al canonico mandato con percorsi scolastici tradizionali. Si deve partire dai bisogni dei ragazzi e dei loro genitori, altrimenti si rischia di diventare una scuola autoreferenziale, che immagina o crea dei bisogni nei ragazzi che magari sono appannaggio degli adulti, proponendo iniziative importanti e interessanti ma non fondamentali per loro. I ragazzi vanno ascoltati sempre, più li si ascolta e più si cresce insieme: la relazione educativa è questa
Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Apprendere dall’esperienza. A Livorno

Nelle intense giornate conclusive dell’anno scolastico in corso, superata la metà di giugno, abbiamo finalmente avuto la possibilità di confrontarci con la dott.ssa Manuela Mariani, attuale dirigente reggente del Liceo Cecioni, che ringraziamo davvero per aver trovato un po’ tempo per confrontarsi con noi su temi cui abbiamo dedicato tanto impegno e passione.
Ci potrebbe descrivere il Liceo Francesco Cecioni di Livorno, con le sue caratteristiche e i punti di forza?
Il Liceo Cecioni da ormai tanti anni ha per la città di Livorno un ruolo educativo di fortissimo riferimento, perché rappresenta il polo scolastico più frequentato dagli studenti che escono dalla terza media di Livorno ma anche dei Comuni limitrofi; l’istituto annovera circa 2000 studenti, ed è molto importante non solo per i numeri ma anche per l’interessante offerta formativa che propone: tra gli indirizzi troviamo il liceo scientifico, le scienze applicate, il liceo scientifico con curvatura STEM, ma anche il liceo delle scienze umane e il liceo linguistico, che sono altri fiori all’occhiello, e per ultimo, ma non per importanza, il liceo artistico. Il Liceo Cecioni infatti ha la sede in un palazzo d’epoca, molto bello di per sé, ma è reso ancora più affascinante da tutti i lavori realizzati negli anni degli studenti dell’artistico sui muri, sulle porte etc… insomma si respira un’aria veramente creativa. Il Liceo Cecioni è molto ricercato dai ragazzi, oltre che per l’offerta formativa molto variegata, anche per tutta una serie di attività pomeridiane che si sono svolte anche durante l’ultimo anno scolastico: Certificazioni Cambridge, laboratori STEM e tutta una serie di progettualità che affiancano la didattica curricolare. I ragazzi in questo periodo cosiddetto della ripartenza desiderano aumentare la relazione, desiderano incontrarsi e avere di nuovo una vita sociale. Abbiamo studenti molto attivi, da loro stessi è emersa ad esempio la necessità di ritrovarsi per diverse iniziative pomeridiane di riflessione con o senza esperti, che si sono svolte in biblioteca. Quest’anno si è veramente respirato un’aria di ripresa e riattivazione delle attività: sono stati riorganizzati i viaggi in Italia e all’estero, i gemellaggi (che sono un altro fiore all’occhiello del liceo), i partenariati che si erano ahinoi interrotti per l’epidemia covid.
Che tipo di difficoltà sono state incontrate, invece, in questo anno scolastico?
Le difficoltà di gestione della scuola sono legate al numero di iscritti molto alto che abbiamo registrato anche nelle ultime operazioni di iscrizione alla scuola di secondo grado: circa 470 ragazzi. Questo ha comportato l’immediata richiesta alla Provincia di Livorno di aule aggiuntive e ci sono voluti diversi mesi di riunioni e di contrattazione ravvicinata per trovare una soluzione, che oggi è stata individuata nell’installazione di alcuni moduli volanti negli spazi aperti della scuola. Questo ci rincuora perché possiamo dire che sappiamo dove far sedere i nostri studenti a settembre per far ripartire serenamente il prossimo anno scolastico. E’ un risultato che rivendichiamo a fronte di una parte dell’opinione pubblica che invece ritiene che avremmo dovuto mandare indietro i ragazzi, rifiutando le loro iscrizioni. Noi invece abbiamo deciso di accoglierli tutti, perché riteniamo di dover tutelare il diritto allo studio e la libertà di scegliere una certa scuola.
Il Cecioni aveva aderito al progetto delle “scuole aperte partecipate in rete” prima che lei diventasse dirigente e anche la realtà di Vivi Cecioni esisteva già, e non è così comune in una scuola superiore. Per lei cos’è la scuola aperta? Pensa che sia opportuno offrire ai ragazzi tempi e spazi ulteriori alla didattica mattutina negli spazi scolastici?
Anche se questo progetto l’ho trovato già attivo quando sono arrivata, è comunque nelle mie corde lavorare per una “scuola aperta”. Io credo molto nel modello delle scuole che si aprono alle istanze e proposte interne e del territorio e ritengo che, di fronte alle problematiche connesse agli anni di pandemia in cui i ragazzi sono stati forzatamente chiusi in casa, ci sia ulteriore bisogno di incentivare il dialogo educativo e la relazione che si può sviluppare attraverso le attività che fanno sì che la scuola sia davvero un punto di riferimento per tutti. La scuola deve essere aperta come luogo fisico ma anche come centro propulsore di idee e di tutto ciò che può rappresentare un valore aggiunto della crescita. Naturalmente, da dirigente scolastico, voglio precisare che tutte le attività si devono svolgere in sicurezza: quando si attivano progettualità aggiuntive rispetto alla didattica ordinaria, le scuole devono avere anche personale a disposizione in grado di vigilare e garantire sicurezza.
Come già detto prima nel concetto di scuola aperta, gli spazi scolastici si aprono ai ragazzi nel pomeriggio ma anche al territorio. Secondo lei il Cecioni può diventare un punto di riferimento per il quartiere e per la città? E se sì, in che modo può farlo?
Questo aspetto si può sviluppare molto, ma in parte il Liceo Cecioni è già aperto alla cittadinanza. Ad esempio quest’anno abbiamo promosso una serie di conferenze storiche, portate avanti dalla professoressa Laura Gambone che a sua volta ha invitato dei docenti universitari, che si sono svolte nel pomeriggio e che sono state aperte non solo agli studenti e ai docenti del Liceo ma a tutta la cittadinanza. Anche se c’è stata anche una promozione sulla stampa locale, certo non abbiamo attirato tantissime persone, però queste iniziative sono destinate a continuare nel tempo e magari a recepire i bisogni dell’utenza; infatti quest’anno abbiamo promosso un ciclo di conferenze storiche, ma l’anno prossimo si potrebbe proporre un ciclo di conferenze sulle tematiche genitoriali o adolescenziali o ancora sui bisogni che i ragazzi avvertono in primis, chiamando esperti e alimentando un dibattito in città. Sia per gli aspetti curricolari che per quelli di ampliamento dei medesimi, il Liceo Cecioni è un polo educativo fortemente inclusivo: in questo ambito sono numerose le iniziative anche culturali che vengono proposte ma credo che si potrebbe fare anche di più, ad esempio occupandoci dell’orientamento dei ragazzi diversamente abili che escono dalle scuole di secondo grado e che non trovano molto oltre la scuola già frequentata.
A Livorno le altre istituzioni che hanno adottato il modello delle scuole aperte sono gli Istituti Comprensivi che si trovano in quartieri che si confrontano con un’evidente povertà educativa, quindi costruiscono il rapporto col territorio in questo senso; l’utenza del Liceo Cecioni è un po’ diversa, in che modo si può caratterizzare?
Anche al Cecioni c’è da lavorare in questo senso, io credo che su questo aspetto ci sia da maturare una rete e non solo a livello scolastico, perché la povertà educativa è un fenomeno che caratterizza la città, la Regione e tutta la Nazione. La dispersione scolastica in Toscana è poco superiore all’11%, al di sotto delle medie nazionali ma comunque al di sopra del target europeo, che ci chiede di stare sotto al 9% entro il 2030. Il fenomeno dell’abbandono scolastico è un fenomeno nazionale al quale dobbiamo lavorare tutti insieme; chiaramente nella nostra città ci sono quartieri in cui il problema è avvertito maggiormente rispetto ad altri contesti, ma il Cecioni non ha un quartiere di riferimento specifico. E’ un istituto che ha come riferimento territoriale non solo la città ma anche il territorio dei comuni limitrofi. Quindi la nostra scuola deve riuscire a combattere la povertà educativa attraverso il contenimento della dispersione, lavorare per incrementare ulteriormente l’inclusione, comprendere quali sono i fenomeni che favoriscono la non ammissione alle classi successive, e quindi lavorare su questi piani.
Quale futuro immagina per le attività del Cecioni come scuola aperta, con il supporto di Vivi Cecioni? Ha senso continuare le attività nel giardino monumentale, che erano iniziate durante la pandemia per essere maggiormente in sicurezza che all’interno della scuola? E’ pensabile riuscire ad aprire anche gli spazi interni della scuola?

Per capire in quale direzione lavorare, sicuramente dovremmo partire dagli interessi e dai bisogni educativi degli stessi studenti, e sviluppare le loro idee. Ad esempio i ragazzi quest’anno hanno chiesto di realizzare i “club” dentro la scuola nel pomeriggio: noi siamo riusciti a realizzarne solo uno in biblioteca ma è già un buon risultato da cui partire. Per qualcuno le attività svolte nel giardino monumentale possono sembrare residuali rispetto alle attività scolastiche, ma per me non è assolutamente così: io ho visto dei lavori stupendi, ho visto recuperare e riciclare delle sedie rotte e/o materiale desueto; ho visto ragazzi risistemare le aiuole, ho visto studenti vogliosi di passare il sabato dentro la scuola; sono davvero dei bei segnali che ovviamente incentivano il collegio di docenti ma anche gruppi di docenti particolarmente sensibili, insieme all’associazione Vivi Cecioni, a creare una rete per sviluppare l’apertura di questa scuola e possibilmente di altre scuole della città. Secondo me questa caratteristica dell’apertura dovrebbero averla un po’ tutte le scuole, che non dovrebbero essere solo luogo di frequenza mattutina, relegate al loro canonico mandato con percorsi scolastici tradizionali; tutte le scuole dovrebbero offrire un ampliamento dell’offerta proprio a partire dai bisogni dei ragazzi e dei loro genitori. La triade educativa infatti per me è rappresentata dalla scuola da una parte, dallo studente al centro e dalla famiglia dall’altra: è la comunicazione interattiva tra queste tre componenti che può assicurare il successo scolastico e formativo.
Pensa che allora sia sensato somministrare dei questionari all’inizio dell’anno per raccogliere i bisogni dei ragazzi e delle famiglie, come in passato era stato fatto al liceo Cecioni?
Si, altrimenti si rischia di diventare una scuola autoreferenziale, che immagina o crea dei bisogni nei ragazzi che magari sono appannaggio degli adulti, proponendo iniziative importanti e interessanti ma non fondamentali per loro. I ragazzi vanno ascoltati sempre, più li si ascolta e più si cresce insieme: la relazione educativa è questa. Il contenimento della dispersione scolastica passa dall’implementazione della motivazione dei ragazzi all’apprendimento; la motivazione è l’aspetto più rilevante del percorso scolastico, quindi è importantissimo che i ragazzi siano interessati all’offerta formativa perché dedicheranno un’attenzione e una partecipazione maggiori all’apprendimento; poi noi adulti dobbiamo essere bravi a renderli attori partecipi e soprattutto gratificarli e rinforzare la loro autostima.