Leggere, scrivere, ascoltare poesie con i più piccoli libera potenzialità introspettive ed espressive. Fare poesia resta un atto creativo e pedagogico che predilige prati, spiagge e boschi. In La poesia dei bambini Chiara Rendano, insegnante, ha raccolto poesie collettive scritte con bambini e bambine e poesie scritte per loro, ma anche un testo poetico teatrale e appunti su tecniche di composizione per operare insieme ai bambini. L’introduzione del libro

È tempo. Raccolgo speranzosa piccole anticipazioni, come germogli che si apprestano ad affiorare, azioni che tentano il cambiamento verso una vita umanamente più sostenibile. Anche l’educazione si sfrega a questo nuovo che lentamente avanza: nascono sperimentazioni di scuole all’aperto nei boschi o in natura, i genitori si fanno più attenti al percorso formativo cercando di limitare i danni di una cultura omologante, ipertecnologica e prestazionale. In tutto questo colgo l’emergere del tentativo di rendere più naturale il percorso di crescita del bambino, più spontaneo e rispettoso dei suoi tempi e dei suoi modi di stare al mondo.
Ma questo cambiamento non può realizzarsi senza prima individuare il linguaggio attraverso cui veicolare le più autentiche esperienze educative. Oggi infatti nelle scuole, comunemente, si privilegiano linguaggi disciplinari, che veicolano il pensiero convergente, e meno quelli estetico-espressivi, che richiamano il pensiero divergente, quello dionisiaco, quello che affonda le sue radici nell’immaginario.
Così, nella ricerca di un linguaggio che nutra non solo la mente, ma anche il paesaggio interiore che ci anima, trovo quello della poesia, intesa nel suo significato etimologico, faccio, produco.
La poesia come atto creativo, non solo di chi la scrive ma anche di chi la ascolta: il suo potere evocativo permette alle parole di risuonare in un canto interiore del tutto unico e personale.

Così fare poesia a scuola diventa un atto di formazione umana: libera le potenzialità introspettive ed espressive del bambino e della bambina.
Si può dire che la poesia sia parola giocata: salta, si nasconde o ti rincorre nell’anima e nei pensieri così accende sorrisi, reclama pause, propone imprevisti e coinvolge tutti e ognuno!
Ognuno come sa e come gli va… perché è un linguaggio non prestazionale, non si ha bisogno di termini forbiti per comporre una poesia: se ti manca una parola… la parola te la puoi inventare, si chiamano neologismi, termini nuovi, creati, che talvolta riescono a rendere tanto espressivo un componimento.
E perché no, nella poesia anche le non parole acquistano valore per la loro sonorità o per l’interpretazione che gli dai tu, diventando strumenti per poetare tra diversi, favorendo l’incontro e lo scambio laddove sembra a prima vista impossibile.
Poi, il nonsense, questo è espressione poetica per eccellenza, si tratta di componimenti che non seguono alcuna logica e per questo divertono e stupiscono, qualche volta aderiscono al flusso di coscienza e allora fanno parlare quella che Platone chiamava la terza anima, che in noi abita tra l’ombelico e il diaframma.
La poesia è la cantilena, la filastrocca, la ninna nanna, la preghiera o una storiella in rima che arriva a tutti e nelle menti imprigiona immagini di cui a lungo si conserva memoria. Si può dire anche per questo strumento di inclusione, in quanto facilita i processi di apprendimento.
E agli apprendimenti conferisce senso, esercita la riflessione e media il confronto tra pari concedendo la partecipazione attiva di ogni bambino.
Fare poesia a scuola richiede da parte dell’insegnante un atteggiamento poetico: che non è direttivo, ma di chi vive insieme ai bambini, partecipa all’esperienza creativa; non è valutativo, cioè non misura in modo standardizzato le prestazioni degli alunni, bensì valorizza l’espressione soggettiva di ogni bambino e lo supporta nel raggiungimento degli obiettivi personali; non corregge, pone domande; non programma anticipatamente, ma sa accogliere il caso e progetta insieme ai bambini; rallenta perché tutto ciò che si vive possa sedimentare nel profondo; apparecchia fuori, modo per dire che ricerca convivialità nel disporre gli spazi, predilige prati, spiagge, boschi perché il contesto intorno possa essere naturalmente accogliente e fonte d’ispirazione per gli apprendisti poeti.
In questo libro propongo alcuni dei lavori che ho svolto con gruppi di bambini della scuola primaria: poesie che ho scritto per loro, ma anche poesie collettive che ho scritto con loro, un testo poetico teatrale, tecniche di composizione, insomma suggerimenti per operare insieme ai bambini e per farsi venire in mente nuove idee, modalità e giochi creativi fatti di parole, suoni, immagini e corpi in movimento.

Chiara Rendano è pedagogista e insegnante. Vive Genova.