Molti di quelli che lo hanno fatto, raccontano che quando si progetta la democrazia, seppur a scala di quartiere, oppure nei quartieri di una città di modeste dimensioni, meno di 200mila abitanti, bisogna avere metodo, un certo rigore e capacità di prevedere in tempo il passo successivo, le difficoltà che s’incontreranno. Il rischio di procedere per approssimazioni è sempre lì, dietro l’angolo. Ci vogliono, poi, molta attenzione, tenacia e pazienza, soprattutto nella ricerca del consenso di tutti. Però, dicono alcuni, bisogna prendersi anche il diritto di lasciarsi sorprendere. È attraverso quel piccolo o grande portone del “non previsto” che passano soprattutto l’esercizio faticoso dell’ascolto e l’apprendimento dal fare. Potrebbe essere questa una delle chiavi più interessanti per leggere questa bella storia di progettazione partecipata per una Livorno eco-solidale, che nasce nel quartiere di San Jacopo e si allarga, via via, ad altri quartieri e poi alla città. Gli elementi capaci di fare la mossa del cavallo, quella che supera gli ostacoli di un percorso che, come è ovvio, non può essere sempre lineare sono: la rinuncia nell’indagine alla prevista e più che ragionevole unità di base del condominio; l’utilizzo di uno strumento insidioso come i gruppi Whatsapp – talvolta accusato di ogni ingorgo e nefandezza nella comunicazione, ma invece qui capace di scavalcare con sorprendente agilità perfino le distanze tra generazioni; e infine le proposte acerbe, semplici quanto concrete, avanzate dai ragazzi a scuola per la composizione di un Manifesto delle scuole ecologiche e solidali. È stato così che la scuola e il quartiere hanno imboccato il cammino dell’apertura reciproca, facendo, come sempre, due passi avanti e uno indietro, ma offrendo a tutti il sale della possibilità di sentirsi partecipi del proprio futuro, quello che rende piacevole e saldo il pensare e il fare insieme
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Apprendere dall’esperienza. A Livorno

Nel corso del 2013, si è andato formando e attivando a Livorno un gruppo di cittadini del quartiere San Jacopo, che hanno cominciato a proporre attività e ad aggregare altri residenti per organizzare eventi e ricreare un senso di comunità che si stava perdendo; il gruppo si è dato il nome di Vivi San Jacopo. Nel 2015, poi, molti cittadini di quel gruppo hanno preso parte ad un processo partecipativo attivato dal Comune di Livorno, Il futuro è dietro la Porta! (a Mare), sulla riqualificazione di un’area urbana limitrofa al loro quartiere detta Porta a Mare. Si era aperta così un’opportunità di prendere coscienza della quantità di idee e risorse che avevano, malgrado un po’ di delusione per gli scarsi esiti concreti ottenuti e la barriera, quasi insormontabile, che sembrava essersi costituita da parte della burocrazia dell’ente pubblico.
Nel 2016, il gruppo di cittadini già attivo, forte dell’esperienza per certi versi entusiasmante che stava facendo nella rivitalizzazione del quartiere, ha sentito il bisogno di consolidare la propria sperimentazione e di diffonderla verso altri quartieri. Così ha pensato di cercare una via per farlo attraverso una richiesta di finanziamento all’Autorità Regionale per la Promozione della Partecipazione della Regione Toscana. Tra l’altro, erano da poco state abolite le circoscrizioni e l’Amministrazione Comunale si stava interrogando su quale modello alternativo di decentramento fosse opportuno promuovere in città.
Il progetto Condomini di quartieri eco-solidali è stato pensato proprio per rafforzare e diffondere l’impegno del gruppo iniziale, avendo come obiettivi: la promozione della cittadinanza attiva e della solidarietà, il rafforzamento del senso di appartenenza alla comunità e al quartiere, la diffusione di pratiche quotidiane ecosostenibili, la definizione di un modello di quartiere solidale ed ecosostenibile da applicare a San Jacopo, ma anche in altre aree della città, e l’individuazione e la tutela dei beni comuni del quartiere.
Partendo da queste premesse, il progetto ha previsto una fase di costituzione e formazione di un gruppo stabile di facilitatori/animatori tra i residenti, per realizzare: una indagine partecipata sulle pratiche eco-solidali già attive nei condomini del quartiere che fosse funzionale anche alla comunicazione e all’animazione territoriale del progetto; alcuni laboratori partecipativi tesi ad elaborare un modello di quartiere eco-solidale e un piano d’azione relativo a San Jacopo, e il coinvolgimento attivo delle scuole con sede nel quartiere.

Dal condominio ai gruppi di interesse sullo smartphone
Il progetto è partito dall’ipotesi che l’unità minima di intervento fosse quella del “condominio”: il quartiere eco-solidale è stato quindi immaginato poggiandone le basi su una rete di condomini che adottano pratiche di solidarietà e sostenibilità ambientale. La dimensione del condominio, tuttavia, si è presto rivelata poco adatta ad aggregare i residenti del quartiere: l’indagine partecipata iniziale sul quartiere di San Jacopo, che era stata progettata proprio per creare una mappa e valorizzare le buone pratiche condominiali, non ha dato i risultati sperati e non ha aumentato di molto l’aggregazione del progetto. Che fare?
I partecipanti avevano aderito, perfino con entusiasmo, a titolo personale, oppure con la loro rete di contatti informali sul territorio. Raramente, però, lo avevano fatto in funzione del numero civico di residenza. Al contrario, e in modo del tutto inaspettato, c’era stata una vera e propria valanga di adesioni al progetto da parte di residenti di altri quartieri. Erano interessati ad attivare gruppi locali, nelle loro realtà quotidiane, sul modello di Vivi San Jacopo. È così che sono nati Vivi Venezia, Vivi Centro, Vivi Fabbricotti… Oggi a Livorno sono attivi circa 20 gruppi di Vivi-quartiere.
La rete sociale che è nata dal progetto è il risultato più eclatante, un po’ inaspettato e molto solido da osservare. Dopo la nascita dei gruppi di quartiere, ho potuto assistere alla proliferazione di gruppi attivi di cittadini che si sono attivati su interessi specifici, sia all’interno dei quartieri (gruppi contro il degrado, per i giochi di strada, per camminare insieme, per imparare a cucire, per aiutare una persona in difficoltà, per risolvere una certa questione…) che tra diversi quartieri (per condividere l’automobile, per collaborare con il teatro cittadino, per sostenere una causa internazionale, per l’adozione di aree verdi, ecc.).
Lo strumento che si è rivelato più efficace e adatto per costruire, attivare e mantenere le reti sociali che si sono create è stato quello dei gruppi Whatsapp, l’applicazione di messaggistica istantanea gratuita che ognuno ha sul proprio smartphone. Uno strumento dal funzionamento così semplice e immediato da riuscire a unire generazioni molto lontane tra loro, abbattendo anche il digital divide che quasi sempre sfavorisce le persone più anziane. Ogni gruppo di interesse che si è creato corrisponde, dunque, in sostanza, a un gruppo Wathsapp. Se la partecipazione alla costruzione di un modello di quartiere ideale aveva attirato i cittadini più attivi e sensibili sul piano teorico, l’attivazione su interessi specifici è riuscita invece a mobilitare tutte le persone che hanno voglia di darsi da fare in modo concreto. Persone che avevano solo bisogno di trovare dei motivi validi per canalizzare le loro competenze e passioni.
La durata del processo partecipativo era contingentata per legge (6 mesi, nel modello toscano), ma il tempo necessario ad assecondare la valanga di adesioni ricevute e la strutturazione delle reti sociali nate si è rivelato ben più lungo di quello previsto inizialmente. Così, si può tranquillamente affermare che il processo partecipativo, ad oggi, non si è affatto concluso, per fortuna.

Le scuole
Una delle fasi più interessanti del processo partecipativo è stata quella svolta nelle scuole del quartiere; l’obiettivo era farle diventare non solo esse stesse eco-solidali ma anche centro civico aperto alla comunità, un motore propulsivo di educazione democratica, cultura civica, sensibilità ambientale e, naturalmente, partecipazione. Le scuole primarie e secondarie di primo grado sono infatti un elemento fondamentale del quartiere. Com’è noto, i bambini, cioè i cittadini del futuro, da grandi risiederanno in “un quartiere” (non necessariamente quello attuale), di tempo a scuola ne trascorrono parecchio. Va da sé che l’educazione alla sostenibilità, alla solidarietà e alla partecipazione deve cominciare proprio lì, perciò alcune delle attività del progetto non potevano non esser dedicate al coinvolgimento delle scuole dell’area di interesse.
Gli obiettivi delle attività realizzate con 8 classi del quartiere erano piuttosto chiari: far individuare agli studenti stessi alcune azioni concrete da mettere in atto per rendere la propria scuola più ecologica e solidale e contribuire alla scrittura collettiva di un Manifesto delle scuole eco-solidali, in analogia e in modo complementare a quello dei condomini eco‐solidali.
Le proposte emerse dai ragazzi non sono mancate, si possono suddividere in due grandi gruppi:
- Comportamenti: da attuare in prima persona, magari con l’aiuto di docenti e personale non docente.
- Interventi su edifici e impianti: da attuare in collaborazione con le istituzioni (dirigente scolastico, Comune, AAMPS…)

Dal quartiere alla scuola, dalla scuola al quartiere
Il Manifesto dei condomini e quello delle scuole sono confrontabili e complementari e non è certo un dato trascurabile che ci sia una convergenza tra i due documenti per quanto riguarda l’opportunità di aprire le biblioteche, le palestre e gli spazi scolastici al di fuori degli orari della didattica. Si tratta di far vivere luoghi di animazione e aggregazione sociale a disposizione di tutto il quartiere. Le idee contenute nel Manifesto, a uno sguardo superficiale, potrebbero sembrare, in alcuni caso, perfino troppo semplici, quasi banali. Quel che conta è che emergono da una riflessione collettiva vera delle classi sulla non applicazione quotidiana proprio di regole di buon senso che tutti conoscono; le proposte, inoltre, hanno un grande valore intrinseco proprio perché non sono imposte da alcuna autorità scolastica, familiare, giuridica o di altra natura. Sono proposte forti anche perché vengono da chi le deve far camminare.
Malgrado la collaborazione reale con le scuole, negli anni, non si sia concretizzata in ogni area in modo omogeneo, a noi pare significativo il fatto che uno dei gruppi Whatsapp creato si chiami proprio “Scuole Aperte”. Serve a far condividere le iniziative che riguardano il contatto tra la scuola e la città. Aiuta a valicare muri e a costruire ponti, a fare e vivere insieme.