Da diversi mesi le strade di Porta Venezia a Milano, un territorio noto per l’alta presenza di persone di origine migrante, è pieno di quella vitalità che soltanto bambini e bambine, ragazzi e ragazze sanno regalare: diciotto classi dell’IC Cappelli, che qui tanti chiamano “scuola aperta all’aperto”, hanno cominciato a conoscere meglio i locali che propongono la cucina eritrea, i negozi di alimentari che appartengono a geografie diverse, i bar di quartiere e di mondo con i Migrantour
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Tutti a tavola
L’Istituto comprensivo “Francesco Cappelli” di Milano comprende le storiche scuole del Parco Trotter, la “Casa del Sole”, progetto innovativo (del 1922!) nato da una felice scelta dell’allora sindaco socialista di Milano Emilio Caldara e dell’assessore Luigi Veratti. L’intenzione era di edificare un complesso scolastico all’aperto – oggi diremmo outdoor – che favorisse la crescita in salute e con una buona istruzione dei bambini e delle bambine “gracili”, messi a rischio dalle precarie condizioni di vita del dopo guerra nelle periferie urbane, praticando una didattica attiva in spazi aperti, secondo le migliori indicazioni del pensiero pedagogico di inizio Novecento.
Oggi, diventati Istituto comprensivo, accorpate le scuole di via Russo collocate appena fuori dal parco, questa impronta inclusiva e di cura rimane un punto di riferimento, vista anche la notevole complessità della nostra utenza scolastica che ha ormai raggiunto circa il 70 per cento di alunni/e che non hanno cittadinanza italiana, provenienti da più di trentacinque diverse nazionalità e la presenza, di fatto, di circa il 40 per cento di alunni che presentano a diverso titolo bisogni educativi speciali.
La collocazione in un parco scolastico che, a differenza di quanto previsto in origine, al termine delle attività didattiche diventa un parco aperto al pubblico, ci porta naturalmente a definirci scuola aperta all’aperto.
Si è sviluppata così, altrettanto naturalmente, una attitudine al dialogo con il territorio, con l’associazionismo, il volontariato, il terzo settore, per arricchire la nostra offerta formativa o, per dirla meno scolasticamente, per affrontare con nuove ulteriori risorse umane e culturali motivate e di qualità le complessità di un quartiere (zona Padova/Monza/Loreto) geograficamente semicentrale ma “periferia di fatto”, contraddistinta da un forte flusso migratorio con tutte le criticità che in una metropoli si generano di conseguenza.
ll progetto Migrantour è uno dei progetti più significativi che abbiamo attivato seguendo questa prospettiva.
Migrantour
Portare la scuola sul territorio e il territorio nella scuola: in alcune fortunate circostanze si attivano le giuste risorse e le energie convergono producendo sinergia. Nel panorama ormai ampio di offerta formativa complementare a quella curricolare e didattica che arriva alla scuola da soggetti che alla scuola sono, fisicamente, esterni, capita che succeda. Il guadagno è doppio, come in ogni libro contabile che si rispetti: il personale educativo si trova ad attingere strumenti da una cassetta degli attrezzi più fornita, che porta possibilità ulteriori alle competenze dei docenti, e, al contempo, i ragazzi escono dalle mura dell’aula – sconfinano -, facendo esperienza, e allo stesso tempo costruendola, della città educante.
La collaborazione con la Fondazione ACRA, inaugurata dall’IC Cappelli grazie ai fondi del Progetto EduCare e rinnovata autonomamente per il secondo anno scolastico, si inscrive in questa cornice a molti titoli. Innanzitutto perché costituisce un’esperienza educativa di rete, che è riuscita a toccare tutte le classi della scuola secondaria e tutti i docenti delle classi stesse; ma anche perché agli studenti ha portato l’assunto teorico e la pratica disseminata del progetto Migrantour, che vive in una tensione imprescindibile con il territorio e con chi lo abita e che lo fa valorizzando i processi di ibridazione, integrazione e scambio che connotano il tessuto urbano qualora questo sia profondamente interessato da fenomeni migratori.
Cucina eritrea e bar di quartiere
Diciotto classi hanno lavorato sul dialogo tra identità personale, ideale ed esperienziale, e quartiere, raccontando la propria percezione dei luoghi in cui la vita accade e riflettendo su cosa manca, in un rimando umanistico al tema della città ideale. Ne sono usciti video e podcast densi, profondi, commoventi. Le stesse classi sono state accompagnate in uno dei percorsi Migrantour che Acra ha saputo far raccontare alla città di Milano attraverso le voci dei migranti che l’hanno scelta come meta, portandole in dono culture altre che fanno ormai parte del patrimonio culturale di tutti. Porta Venezia è diventata così, negli occhi di chi legge il territorio e di chi ne ascolta le storie, non più solo il lazzaretto eternato da Manzoni ma anche la cucina eritrea, i negozi di alimenti che appartengono a geografie lontane ma non poi tanto, i bar di quartiere e di mondo al tempo stesso, dei suoi abitanti. I racconti sono arrivati ai ragazzi e i ragazzi, che spessissimo in questa scuola hanno un’esperienza di migrazione alle spalle, sono stati incoraggiati a raccontare a loro volta. Risolvendo un’afasia che è al contempo quella dell’adolescenza ma anche, ancora troppo, quella di chi fatica a riconoscersi una titolarità di parola e narrazione.
[Francesco Muraro, dirigente scolastico, e Giulia Del Vecchio, insegnante dell’IC Francesco Cappelli]