Riempire lo spazio pubblico con le foto dei volti delle persone che quello spazio lo vivono ogni giorno, facendo sì che le comunità si coinvolgano direttamente nella creazione di un’opera collettiva. Inside Out ha una storia di ormai più di dieci anni e ha già girato il mondo, dall’Ecuador alla Palestina, dal Nepal al Messico. Nelle settimane scorse è arrivata a Roma. Si tratta della più grande esposizione fotografica internazionale mai realizzata: negli ultimi anni un terzo di queste azioni di gruppo ha preso vita in ambiti scolastici: un percorso artistico con cui dare corpo a una didattica attiva e consolidare la relazione con il territorio
Nella calda mattina di un lunedì di inizio giugno i bambini e le bambine delle scuole Principe di Piemonte e Leonardo da Vinci, dell’Istituto comprensivo Padre Semeria di Roma (Ostiense, Municipio VIII), entrano nel cancello della loro scuola e la trovano trasformata in un’opera d’arte. Ad accoglierli ci sono centinaia di volti, stampati su grandi manifesti, che occupano e popolano gli spazi esterni della scuola. Primi piani di bambini e bambine, docenti, personale Ata e amministrativo, addetti alla mensa e giardiniere: insomma, un’intera comunità scolastica. Per chi arriva a scuola quella mattina l’installazione risulta sorprendente ma famigliare nello stesso tempo, perché tutti hanno contribuito a realizzarla, frutto di un lavoro lungo e partecipato, nato da uno stimolo della comunità educante allargata.
All’inizio dell’anno scolastico 2021-2022, infatti, un gruppo di genitori della scuola Principe Di Piemonte di Roma ha un’idea ambiziosa: portare nella propria comunità Inside Out, il progetto artistico internazionale creato dallo street artist francese JR.
Inside Out ha una storia di ormai più di dieci anni e ha già girato il mondo, dall’Ecuador alla Palestina, dal Nepal al Messico. Viene presentato da JR nel 2011 alla TED Conference di Long Beach, in California, vincendo il Ted Prize. L’idea è semplice quanto potente, perché unisce l’immediatezza della fotografia con le strategie della street art e dell’arte partecipativa: si tratta di riempire lo spazio pubblico con le foto dei volti delle persone che quello spazio lo vivono, facendo sì che le comunità si coinvolgano direttamente nella creazione di un’opera collettiva.
Chiunque può prendere parte all’iniziativa, per mezzo del sito insideoutproject.com: è necessario costruire un gruppo di azione, definire un tema su cui si vuole richiamare l’attenzione, coinvolgere le persone del territorio disponibili a “metterci la faccia”, stampare in bianco e nero le fotografie attraverso la piattaforma e poi esporre i manifesti, di grande formato, in enormi collage negli spazi pubblici. Dal 2011 ad oggi Inside Out Project conta più di 446.000 foto stampate ed esposte in più di 138 paesi, attraverso l’attivazione di 2.329 gruppi di azione.
Insomma, si tratta della più grande esposizione fotografica internazionale mai realizzata. Uno degli aspetti interessanti è che negli ultimi anni il 30 per cento delle azioni di gruppo prende vita in ambiti scolastici, mettendo la scuola al centro della comunità e cogliendo l’opportunità di attivazione e partecipazione delle ragazze e dei ragazzi, per approfondire temi che stanno loro a cuore.
Nel caso di Roma il tema che è emerso con forza, dopo riunioni e scambi di idee con i docenti, è stato quello della tutela dell’ambiente e del territorio. Così è nata l’azione di gruppo “Inside out – Our environment and territory” che è stata poi presentata alle scuole Principe di Piemonte e Leonardo da Vinci e in breve tempo approvata dal Consiglio di Istituto.
L’obiettivo era imponente, a tratti folle: 29 le classi coinvolte, dalla primaria alle medie; circa 620 i ritratti realizzati, tutti i volti di una grande comunità, sostenuta da un gruppo nutrito di genitori che ha preso a cuore l’iniziativa e ha lavorato instancabilmente perché si potesse realizzare. Il progetto artistico è diventato, così, un veicolo e uno strumento per attivare relazioni e per dare corpo a una didattica attiva. Il percorso condiviso e partecipato è, infatti, durato diversi mesi. È iniziato con una presentazione da parte dei genitori in ogni classe, e poi ogni docente ha lavorato a suo modo sul tema della cura dell’ambiente, incrociando anche, nel momento in cui la guerra è diventata uno scenario vicino e reale, le relazioni tra sfruttamento del territorio e conflitti.
A inizio aprile sono iniziate le sessioni di foto, in una settimana di grande festa in cui a rotazione i bambini e le bambine sono state fotografate da alcuni genitori volontari. Divertiti, emozionati, a volte timidi, curiosi, si sono messi in posa portando con sé i lavori realizzati in classe e mostrando il loro volto, libero dalla mascherina che li ha accompagnati in questi due anni. E lo stesso hanno fatto tutte le altre figure che popolano e danno forma a una comunità scolastica.
A metà maggio sono poi arrivati i 620 grandi manifesti stampati e di nuovo le classi sono state coinvolte nella fase di pre-installazione. Con colla, pennellesse e rotoli di cartone i bambini e le bambine hanno incollato i loro volti e quelli dei loro compagni, se ne sono presi cura, li hanno difesi dalle folate di vento che rischiavano di farli volare via e hanno dato vita, forma ed entusiasmo all’azione di gruppo.
A questo punto mancava solo l’ultimo atto, l’installazione non semplice di più di settecento metri quadrati di manifesti. Una volta posizionati nei grandi spazi aperti delle due scuole, l’opera collettiva era pronta ad accogliere gli sguardi stupiti e curiosi di tutta la comunità.
Ma al di là dell’esito finale, bello e sorprendente, è chiaramente l’intero processo che lascerà dei segni sotterranei e importanti. Un progetto di questo tipo ha la capacità di irrompere all’interno del classico percorso scolastico spargendo semi di grande forza vitale, perché mette al centro i bambini e le bambine come soggetti attivi, come cittadini che prendono parola, ci mettono la faccia, e occupano lo spazio pubblico. Aiuta a creare un forte senso di appartenenza e a rendere la scuola, nonostante tutte le difficoltà, un territorio aperto e condiviso.
Per riprendere le parole di JR: “All’interno del progetto Inside Out non è importante quanto bella sia una foto o quanto grande sia l’installazione. L’aspetto importante di azioni di questo tipo è che stimoleranno discussioni e porteranno le persone a stare insieme”. E, aggiungiamo, a sentirsi parte di un cambiamento.