Alcuni studenti e studentesse della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Valencia, dopo approfondimenti sul dialogo interculturale e incontri con diversi difensori dei diritti umani e della terra, attraverso un laboratorio creativo hanno realizzato un album illustrato: Las semillas del mundo. L’obiettivo, racconta Donatella Donato, ricercatrice che ha accompagnato il gruppo di studio, era offrire uno strumento per gli insegnanti e le insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, frutto di saperi popolari e lotte dei movimenti in cui i temi della giustizia sociale e della conversione ecologica restano intrecciati. L’album racconta di cinque animali di continenti diversi, di semi che garantiscono sovranità alimentare e biodiversità, di scienziati amanti di semi superpotenti e di una nonna contadina ribelle
L’album illustrato Las semillas del mundo è stato realizzato dagli studenti del secondo anno della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Valencia (Spagna), con l’obiettivo di promuovere nuove modalità di lavoro basate sul dialogo dei saperi, la flessibilità metodologica e la co-generazione della conoscenza. Pubblicato in formato online, è stato realizzato in collaborazione con la ong Alianza por la Solidaridad-ActionAid e ha visto la partecipazione dell’artista e disegnatore grafico Sergio Montal.
Creato con l’obiettivo di promuovere nuovi strumenti di lavoro per gli insegnanti e le insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, l’album si basa sull’idea di un’educazione trasformativa a partire dalle epistemologie e dai saperi popolari, affiancando le lotte dei movimenti sociali per i diritti umani e la natura, la giustizia sociale, cognitiva e curriculare e la conversione ecologica.
Nell’aula universitaria la proposta educativa è stata progettata seguendo queste fasi: il dialogo interculturale e tra i saperi e l’approccio alle Epistemologie del Sud; gli incontri con i difensori dei diritti umani e della terra (Feliciana Herrera, autorità indigena del popolo Maya Ixil di Nebaj, Bernardo Caal Xol, insegnante e leader della comunità Maya Q’eqchi, Karla Vanesa Ordóñez Sánchez, giornalista del collettivo popolare Festivales Solidarios); la strutturazione di un laboratorio creativo e la pubblicazione dell’album illustrato.
Feliciana Herrera, autorità indigena del popolo Maya Ixil di Nebaj, è difenditrice della cura della terra e della vita, ha raccontato le violazioni dei diritti umani che subiscono le persone delle zone rurali, contadine e contadini, indigeni e indigene, e ha denunciato le vessazioni da parte delle imprese che violano il diritto dei popoli a vivere nei loro territori. Nella sua regione, ci sono due mega-dighe già costruite, altre tre licenze per iniziare le nuove edificazioni e altre otto compagnie con licenze di esplorazione. Tutti questi progetti sono stati firmati senza alcuna consultazione comunitaria, contrariamente a quanto stabilito dalla legge nazionale e internazionale. Attualmente, l’energia generata nel territorio Ixil è completamente esportata, mentre il 75 per cento delle comunità locali non ha accesso all’elettricità. Le comunità indigene, dice Feliciana, sono dinamiche, resistono e sostengono la resistenza, chiedono sistemi di salute e istruzione, denunciano le violazioni dei territori, la miseria e l’isolamento in termini di diritti, sono cinquecento anni che i popoli chiedono migliori condizioni di vita e le donne sono parte attiva di questa lotta, non solo nella partecipazione ma anche nel prendere decisioni.
Bernardo Caal Xol insegnante e leader della comunità Maya Q’eqchi è stato imprigionato per quattro anni e due mesi a Cobán (Guatemala) in condizioni subumane, poiché il centro di detenzione in cui è stato rinchiuso è considerato uno dei più pericolosi del paese. È stato condannato per aver difeso l’ambiente, per aver denunciato le illegalità nella concessione di licenze di costruzione di mega progetti idroelettrici che monopolizzano l’uso dei fiumi sacri dell’Alta Verapaz, negando i diritti del popolo Q’eqchi. Il popolo Q’eqchi’ è uno dei più antichi del Guatemala, insieme alle comunità Kaqchikel e K’iche’, e uno dei principi della sua cosmovisione è l’integrazione e l’armonia con gli elementi. Le esplorazioni hanno di fatto collassato il corso del fiume Cahabón per quasi trenta chilometri, colpendo 29.000 persone delle comunità indigene locali, per le quali i fiumi sono sacri e la cui vita collettiva ruota attorno ad essi. Criminalizzare è il modo in cui si perseguitano i popoli indigeni, dice Bernardo, consapevole che l’unico obiettivo è stato di metterlo a tacere per denunciare il saccheggio dell’acqua del suo villaggio maya.
Karla Vanesa Karla Vanesa Ordóñez Sánchez comunicatrice popolare è membro dei Festivales Solidarios dal 2020, un collettivo autogestito che lavora sull’arte e la comunicazione per visualizzare la difesa del territorio portata avanti dalle comunità indigene locali, l’ingiustizia della prigionia per motivi politici e la memoria storica. Si considerano un media anticoloniale composto da artisti e giornalisti che fungono da altoparlante per il popolo e che per il loro impegno sociale sono aggrediti, picchiati, ostacolati. Karla ci racconta che il suo interesse per la comunicazione dal basso, è nato quando, analizzando la retorica dai media nazionali, non riusciva a trovare in quei racconti, in quelle immagini, nei reportage e negli articoli pubblicati, le voci e le ingiustizie a cui sono sottoposte le persone che come lei vivono nei quartieri più poveri della periferia di Città del Guatemala. È così che attraverso la comunicazione collettiva e autogestita, ha potuto incanalare la necessità di raccontare la storia di privazioni, bisogni, ingiustizie, ma anche di resistenza solidale, sistematicamente emarginata e condannata al silenzio.
Le testimonianze ascoltate hanno mobilitato pensieri, sensazioni, idee, parole, immagini, che dovevano, secondo il nostro senti-pensare, essere trasformate in azioni educative concrete, configurando una possibilità di comunicare e costruire uno sguardo critico e una pratica di cambiamento. Questi incontri sono stati valutati dagli studenti e dalle studentesse presenti, come un momento particolarmente rilevante di formazione umana e sociale, grazie alla convergenza dei saperi generati da diverse prospettive, che hanno dato vita a uno spazio di dialogo sulle tematiche della interculturalità, dei diritti della madre terra, della resilienza dei gruppi emarginati, dei diritti sociali.
Questi colloqui hanno fomentato domande e dubbi, ci siamo interrogati sui diversi modi di intendere la realtà e il proprio agire in essa. Abbiamo cercato di analizzare il nostro ruolo come docenti e futuri insegnanti nell’accompagnare il cambio sociale, considerando l’educazione come una opportunità per comprendere e contrastare le ingiustizie sociali, economiche, politiche e culturali. Si è definito quindi un certo impegno alla problematizzazione contestualizzata e storicamente determinata, convogliando la prassi per rivedere agende, metodi, temi e priorità e per essere proattivi da nuovi punti di vista.
Il laboratorio creativo: inventare mondi
Se gli incontri con i testimoni invitati in classe avevano lo scopo di promuovere l’ascolto attivo, il dialogo, la comprensione e la riflessione, il passo successivo è stato quello di offrire l’opportunità di lavorare in modo creativo, ispirandosi alle conoscenze che avevamo condiviso. Abbiamo quindi voluto relazionare la dimensione dell’ecologia dei saperi con i bisogni e le preoccupazioni degli studenti e delle studentesse come futuri insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria, disegnando un materiale educativo attraverso cui esprimere in modo trasversale la creatività e l’immaginazione, l’impegno e la coscientizzazione politica.
Uno degli aspetti su cui abbiamo riflettuto approfonditamente è stato l’uso del linguaggio e della simbologia utilizzata, cercando di conciliare contenuto artistico e proposta pedagogica.
La sinossi dell’opera Las semillas del mundo
L’album illustrato Las semillas del mundo racconta la storia di cinque animali, ognuno proveniente da un continente diverso. Da migliaia di anni, nelle loro rispettive comunità si coltivavano sementi pazientemente conservati, semi ancestrali di un patrimonio bioculturale liberamente condiviso tra gli agricoltori e che avevano permesso di garantire la sovranità e l’autonomia alimentare. Finché un giorno arrivarono nei loro villaggi degli scienziati che proposero di scambiare i loro semi con alcuni “superpotenti” con proprietà uniche e speciali e che avrebbero dato loro raccolti migliori. La nonna di uno dei protagonisti si rifiutò di comprarli e continuò a piantare i semi che aveva sempre coltivato, consapevole di aver ereditato una ricchezza che aveva richiesto migliaia di anni di lavoro e tanta sapienza.
Fu così che, il primo anno, i raccolti dei semi potenziati furono impressionanti, le comunità erano entusiaste, ma si accorsero ben presto che i frutti non producevano semi e furono così obbligati a comprare nuovamente quelle sementi prodigiose e artificiali, prodotte con la sola intenzione di fare soldi. Per fortuna la nonnina, prudente e previdente, custode dei semi ancestrali li donò alle comunità in modo che la terra potesse tornare a essere fertile, generosa, rispettata, come era sempre stata…
A mó di conclusione
Il progetto implementato aveva come obiettivo quello di integrare nella formazione iniziale dei docenti e delle docenti, le tematiche legate alla diversità epistemica, l’ecologia dei saperi, le pratiche comunitarie. Finalmente, creare e promuovere nuove strategie e strumenti per un processo di insegnamento-apprendimento basato su alternative pedagogiche provenienti dalle diverse aree di conoscenza.
La versione online dell’opera è resa disponibile sul sito web: “Las semillas del mundo” – Alianza por la Solidaridad: Un mundo más justo y sostenible. Buona lettura.
Donatella Donato, UV – Università di València
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