Roma Capitale, almeno secondo quanto deliberato dalla giunta capitolina a metà settembre, sta per avere il Regolamento del verde urbano, definito da chi ci ha lavorato un vero «piano regolatore del patrimonio naturale cittadino che tutela le aree verdi pubbliche e private, fissandone i criteri di gestione». L’assessore alle politiche ambientali e del verde di Roma, Marco Visconti, prima di essere travolto dallo scandalo per il quale viene indagato per abuso d’ufficio (con tanto di presentazione di dimissioni respinte dal sindaco Gianni Alemanno), ha portato all’approvazione della giunta un manuale relativo alla gestione del verde pubblico che a breve dovrebbe vedere il passaggio nell’aula Giulia Cesare per essere esaminato, discusso e votato dall’Assemblea.
Il nuovo regolamento, che rigurda le nuove progettazioni di aree verdi, il mantenimento di quelle esistenti e la gestione delle alberature e del verde urbano, anche privato, si snoda in cinque punti principali. Primo punto: la progettazione e la realizzazione di tutte le aree verdi e delle alberate stradali, anche nei comprensori privati, devono essere di qualità e tenere necessariamente conto dei fattori agronomici, ecologici, botanici, di biodiversità animale e vegetale, paesaggistici, urbanistici e le vocazioni d’uso che caratterizzano ciascun sito.
Second punto: la scelta delle specie vegetali (alberi, arbusti, siepi, tappeti erbosi…) deve essere motivata e corretta. Occorre in particolar modo favorire i successivi interventi di gestione e manutenzione, prevedendo eventuali future interferenze con opere e strutture attigue.
Terzo punto. Tutte le opere a verde devono essere sostenibili e limitare al massimo l’uso di energia e acqua provenienti da reti o da fonti esterne.
Quarto punto. Ogni intervento urbanistico, edilizio, viario che incida su preesistenti aree verdi, o alberature, deve indicare opportune «opere di mitigazione che assicurino un positivo bilancio ambientale».
Quinto punto. Nelle aree di cantiere viene prescritta la salvaguardia delle alberature, con il divieto di scavare in prossimità delle piante e di danneggiarne la chioma o l’apparato radicale. Per questo è vietato l’uso di mezzi pesanti sui terreni dove sono presenti radici e sono rese obbligatorie apposite strutture di protezione attorno alle piante.
Secondo l’assessore Visconti le nuove regole «derivano dal patrimonio di esperienza del Servizio Giardini di Roma Capitale e da un importante quanto elaborato processo di partecipazione, che ha impegnato tecnici capitolini, Municipi, associazioni ambientaliste, cittadini e ordine degli agronomi». Inoltre «le norme sono accompagnate da sanzioni che, per esempio, contemplano fino a 500 euro di multa per chi danneggia o abbatte alberi con una circonferenza maggiore a 50 centimetri, anche nel proprio giardino».
Esaminando il testo approvato dalla giunta abbiamo potuto verificare, tra le altre cose, che l’oggetto è la disciplina del verde urbano su tutte le aree verdi e alberate pubbliche e private nell’ambito del Sistema ambientale e paesaggistico della città (fatta eccezione per le aree boscate già regolate dalle legge regionale 39/2002 e per le aree oggetto di attività agricole). Sono inoltre descritte nel regolamento le tutele per le alberature e le procedure da esperire per richidere gli abbattimenti, che comporteranno comunque una compensazione ambientale con la sostituzione dell’albero seguendo i criteri di scelta indicati tra le specie arboree appartenenti alla fascia fitoclimatica del Lauretum (la zona più calda nello schema di classificazione di Mayr-Pavari, che occupa circa il 50 per cento del territorio italiano). Le potature sono regolamentate invece in cinque punti, così come sono descritti i divieti di danneggiamenti e deturpamenti delle piante. Ci sono poi nel regolamento norme riguardanti la progettazione e la gestione delle aree a verde, la difesa delle piante in aree di cantiere, le alberature stradali, oltre alle indicazioni relative ad aree di parcheggio e impianti carburanti, scavi stradali.
Praticamente poco o nulla invece sul verde scolastico, sulla erosione dei suoli e sulla prevenzione di incendi. Molti, inoltre, si aspettevano un chiaro cambio di politica rispetto ad eventi e manifestazioni all’interno di aree pubbliche destinate al verde, di parchi urbani e di ville storiche. Era senz’altro questa l’occasione per poter fissare in un regolamento tutto ciò che non si deve mai fare a Roma nei diversi luoghi verdi della Capitale, ad esempio, fissare i paletti su raduni, concerti, spettacoli, gare sportive ecc. e far assumere a tutti gli organizzatori di manifestazioni varie già in partenza alcune accortezze e oneri a vantaggio e tutela di luoghi che appartengono a tutta la collettività. Invece, ancora una volta, si è preferita la formula di far presentare a chi organizza una «dettagliata relazione sull’evento e sulle installazioni previste, dimostrandone la compatibilità con l’area richiesta e impegnandosi formalmente a non danneggiare superfici, impianti, arredi e alberature, a ripulire il luogo e a recuperare con immediatezza gli eventuali effetti pregiudizievoli…». Insomma la logica fissata in un regolamento resta questa: vediamo se e quali danni produci e poi forse li ripaghi.
Per questa amministrazione, dunque, non c’è spazio per un chiaro principio di buon senso, secondo il quale per consegnare un bene pubblico a un imprenditore oppure a forze sociali che vogliano svolgere un’iniziativa, occorre compilare un progetto seguendo le regole a forte caratterizzazione di compatibilità ambientale che andrebbero scritte con precisione nel Regolamento. Ma sarà capace un’aula come l’attuale assemblea capitolina a compiere un gesto culturale e politico di questo tipo?
(Nella foto in alto, di Alessandro Di Ciommo, una pericolosa cittadina di Giardinieri sovversivi in azione in un’area di verde pubblico, a Corviale. Loro, come il movimento degli orti urbani, non attendono le scelte dell’amministrazione. Hanno già cominciato a cambiare la città come racconta questo articolo: Il suono dei tulipani)
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