a cura di Rosaria Gasparro*
Siamo partiti da noi stessi, da ciò che sappiamo, da ciò che pensiamo. La maestra faceva da spola per portarci avanti e indietro nel tempo della storia e nello spazio delle carte geografiche. Per portare i nostri “saperi” in un sapere più grande. Troppo lungo il tempo e troppo grande il mondo per poterlo capire in un solo pomeriggio. Noi, perciò, lo smontiamo e lo costruiamo a piccoli pezzi, per come siamo capaci. Noi perciò continuiamo anche domani e l’altro ancora. Ci prendiamo il tempo che serve per farci le nostre idee. Siamo tutti interessati e molti di noi sanno dell’Isis, dei terroristi, della Mesopotamia di oggi – Iraq e Siria -, dello stato islamico. Molti sanno dei bombardamenti, dei droni e dei kamikaze.
Joseph ci parla di un collega del suo papà che è palestinese e che ha perso tutta la sua famiglia, che è solo al mondo.
Sono tanti fili ingarbugliati, che per noi è difficile districare. Abbiamo capito, però, che sono collegati l’uno con l’altro e che insieme vanno a finire nel petrolio di cui è ricco il Medio Oriente e a cui tutte le potenze del mondo sono interessate.
E questa è la politica.
E questo è un motivo di guerra.
E di guerre ce ne sono tante.
E non ci piace se il mondo è così. È un mondo ingiusto, disumano, pieno di errori. Un mondo in cui alla violenza si risponde con la violenza. Ci fa paura così pieno di armi, senza regole e accordi per eliminarle, come si farebbe a fare le guerre e gli attentati senza armi? Basta non fabbricarle più.
La sera alcuni di noi non riescono a dormire
Abbiamo paura che possa accadere anche da noi, che qualcuno si faccia esplodere. La sera alcuni di noi non riescono a dormire pensando a quello che è successo, a quello che può ancora succedere. Pensiamo alla cattiveria. Ci portiamo appresso l’ansia.
Noi vogliamo un mondo pacifico, che sia un buon esempio per tutti. Un mondo a male zero. Un mondo dove ci sentiamo al sicuro, come nel nostro piccolo paese, dove ci conosciamo tutti e ci sentiamo tranquilli.
Vogliamo un sentimento nuovo per questo vecchio mondo che sciolga le paure e le tensioni. «L’intenzione del bene», lo chiamiamo così.
La lezione dei nostri amici
Noi siamo fortunati e orgogliosi di avere in classe due amici musulmani: Malak e Sami. Non ci sono differenze tra di noi, solo nel modo di chiamare il nostro Dio, che è unico per tutti. Loro si sentono male per quello che è accaduto, sono dispiaciuti per tutte le vittime, ci dicono che la loro religione è contro la violenza. Sami ci fa una piccola lezione sul Corano e la maestra legge dei versetti:
«Chiunque uccide un uomo, è come se avesse ucciso l’umanità intera…».
I nostri amici hanno paura che le persone se la prendano con loro, che gli diano la colpa di quello che è accaduto. Com’è successo a un’amica di Malak, in un’altra scuola in un paese vicino. La maestra ci dice che l’Isis combatte innanzitutto proprio contro i musulmani, che i musulmani si dividono in sunniti (la maggioranza di cui l’Isis fa parte) e in sciiti (la minoranza).
«Voi cosa siete?» qualcuno dice. Non lo sanno. «E noi cosa siamo?» chiede Salvatore. «Siamo bambini» rispondono ridendo. E questa è la nostra religione.
Non solo un minuto (di silenzio)
Pensiamo alle vittime di Parigi, ma anche alle vittime di ogni attentato, ovunque avvenga. In Siria, in Libano, in Iraq, in Turchia… Alle vittime dei bombardamenti. Nicolò dice che se alla violenza si risponde con la violenza, finiremo per annientarci tutti. Bisogna spegnere l’odio che c’è nel mondo. L’odio – dice ancora – è come le scatole cinesi: ne apri una e ne trovi un’altra, ce n’è sempre una. Basta non aprirle. Per questo noi a scuola impariamo la pace.
* I bambini e le bambine della 4a C dell’Istituto Comprensivo “Giovanni XXIII” di San Michele Salentino (Brindisi). Rosaria Gasparro, maestra
DA LEGGERE
Fili di pace a cura di Carlo Ridolfi
Una scrittura collettiva di maestre, educatori, scrittrici tra guerra e terrorismo. Un tentativo di ridare dignità alla parola pace. Un modo per cercare nella tormenta in corso la speranza dove si pensa che non esista più
Il terrorismo spiegato ai bambini
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