Loro dimostrano che in questo momento non servono finanziamenti e neanche megaconvegni con tanto di tv e diretta sui social, che non occorre coinvolgere per forza grandi imprese e sponsor di ogni tipo, che non basta la protesta. Si tratta, prima di tutto, di camminare tra sentieri meravigliosi e vicoli ed essere disposti alla scoperta, si tratta di imparare ad ascoltare le storie, le difficoltà e i punti di vista di chi resta, si tratta anche di mettere in comune qualche frutto buono dell’orto. Se qualcuno sa suonare la fisarmonica meglio. Il piccolo Festival culturale dei borghi e dei sentieri della Laga è un modo per pensare e sperimentare il concetto di territorio come insieme di relazioni: un’occasione messa su da una rete di attori locali interessati a proteggere e ripensare i tanti paesi dell’Appennino abbandonati, ma soprattutto aggrediti da una desertificazione antropologica e sociale che dura da molti anni. Luoghi nei quali, con il tempo lungo di chi cammina in montagna, cercare pensieri nuovi e modi di vivere non dominati dal modello urbano. Per dirla con Vito Teti, “bisognerebbe davvero cambiare sguardo e prepararsi a una fatica di lunga lena…”

Lungo i crinali, le valli e le montagne di pietra arenaria che abbracciano i paesi terremotati della Laga Teramana, nella zona più impervia e ferita dell’Appennino centrale, le strade sono fatte di curve una dietro l’altra. Tra una curva e l’altra si presentano dissestate e franate. Per questo attraversarle è un atto d’amore solidale e di alleanza verso le comunità che abitano i paesi sparsi, spopolati e racchiusi, come piccole fortezze (borghi), tra quei monti boscosi che si stendono tra l’imponente Gran Sasso e il Parco dei Sibillini.
Le percorriamo a sancire ancora una volta una sfida collettiva, comunitaria. Pecchiamo ancora oggi di ottimismo sociale, da quasi mezzo secolo. Tre anni fa, aprile 2020, scrivemmo un articolo su Comune (dal titolo Costruire comunità) convinti che “il periodo duro pandemico” ci lasciava un messaggio forte e chiaro, almeno per noi e per tutto l’associazionismo storico. Ne riportiamo un pezzo qui di seguito perché inerente a ciò che abbiamo tentato di rappresentare con il Festival Culturale dei Borghi rurali della Laga 2023: “Questo patrimonio di storicità, di saperi e pratiche di qualità, importanti per una società tutta orientata invece a politiche di disintegrazione sociale e a un produttivismo economico predatorio, non può e non deve essere perduto soprattutto in periodi storici come questo, dove alle conseguenze economiche si sommeranno le conseguenze sociali, psicologiche, di disagio esistenziale, tenute sempre in poco conto”.
Pensieri reali che hanno trovato, purtroppo, conferma in questi tre anni che sembrano trenta, per una velocità e intensità che ci sconquassa e ci dà capogiro. Noi procediamo al contrario, come se le curve e le strade dissestate lungo le montagne fossero un invito a rallentare e volgere lo sguardo intorno, percependo in modo diretto ciò che ogni persona è con la sua storia e con il suo diritto a esistere, in ogni luogo che abita.
Il festival Culturale dei borghi della Laga, così abbiamo voluto chiamarlo tutti insieme, disorienta perché in realtà è altro e di più di un festival estivo: da maggio fino a novembre ha toccato e toccherà ancora più di 35 paesi e frazioni. È la necessità per ogni abitante di non perdersi e non dissolversi nell’incerto e nell’abbandono, nelle dimenticanze di chi decide “cosa non fare” di questo nostro paese. È quell’insegna invisibile che ognuno racchiude dentro e che dice “resto qui“, come Domenico Cornacchia a soli 33 anni ha voluto raccontare nel suo libro, a testimoniare la voce corale silente di chi c’è e anche di chi non c’è più. È ancora oggi quel lavoro antico delle terre di montagna, anche se trasformato, dove ognuno mette qualcosa di sé, il proprio contributo e il suo modo di vivere e di credere ancora in quelle terre dimenticate. È il racconto personale e corale che ha trovato un sano palcoscenico pronto ad ascoltare, a sentire non solo con le orecchie per ricevere ciò che ognuno, di ogni età ha voluto e saputo donare. È la fisarmonica che un bambino suona con l’animo negli occhi per donare una musica antica a chi è pronto a riconoscerla come un suo segno di appartenenza a quei luoghi. È il canto corale, accompagnato dai saltelli e dai balli nei vicoli dei paesi, per festeggiare con il cuore aperto, dispensando allegria, doni dell’orto e storie di migrazione. È lo stare insieme con la solitaria Anna, che incontriamo a Serra, paese completamente disabitato. È la possibilità di rigenerare culture, storie, costumi, tradizioni, usanze, mestieri di chi vive ancora quei luoghi nel rispetto di quella libertà che nella sua antica radice significa “colui che ha il diritto di appartenere a un popolo”, in quanto non più uno, ma uno di coloro che cambiano la storia (“Alla fonte delle parole” di Andrea Marcolongo).


Ci sono voluti due anni per mettere in piedi, tutti insieme, il Festival Culturale dei Borghi e dei sentieri della Laga, tra Rete territoriale delle Comunità della Laga, le associazioni di promozione sociale Sentiero Verde e Gep, entrambe affiliate a Federtrek, come a voler seguire e rispettare un loro detto “U scurteca’ è u cap e a coda“ (lo scorticare è il capo e la coda). Una frase popolare che si usa per ogni attività che comporta le fasi più difficili all’inizio e alla fine (dal libro Resto qui di Domenico Cornacchia).
Ma la raccolta dei frutti è stata ricca perché ognuno ha sparso, con tenacia, come fossero semi, le proprie risorse, competenze e la propria determinazione, dentro movimenti di “strette di mano” simboliche e reali, di corrispondenza reciproca.


Serve ricordare in questo senso ciò che avvenne tra quelle montagne nel lontano 1943: la prima ed eccezionale impresa della lotta partigiana in campo aperto, a Bosco Martese, al Ceppo. Impresa che ancora oggi vive non solo nel ricordo, ma nei sentimenti delle popolazioni come motivo di orgoglio e di volontà. È quella bellezza che Elena Pongiglione al festival di Bioetica (agosto 2023) definisce così: “La bellezza è l’anima che si riesce a vedere nelle persone andando oltre i volti”. O ciò che Tim Ingold afferma in Siamo linee come forma delle nostre relazioni, mettendo in discussione il paradigma dominante del network quale simbolo unico della vita di oggi:
“La vita per le persone di luoghi ed epoche particolari non è questione etnografica ma significa congiungersi con altri nella ricerca continua di possibilità e potenzialità della vita. La storia è corrispondenza”.
Quella che in tant* abbiamo trovato e condiviso attraverso le parole e i gesti di Anna, di Barbara, di Annarita, delle due Francesca, di Paris tra gli ultimi scalpellini della Laga, di Domenico, di Paola, di Roberto, di Mara, di Simona, di Nadia, di Paolo, di Adriano, di Enzo, di Vera, di Giovanna, di Riccardo e di tutt* coloro che hanno dato qualcosa di sé. E il salutarsi è il tempo del ritrovarsi ancora, presto, a novembre. Il prossimo anno è vicino.
Sito: www.borghiesentieridellalaga.org
Gruppi fb: Borghi e sentieri della laga e Spazi ritrovati dell’alto tordino
Mi sembra sia stato colto il nocciolo della attivita’ che si e’ svolta sui Monti della Laga, la nostra volonta’ di farla rivivere richiamando tanta gente a percorrere i suoi vecchi sentieri e a sentire il borbottio dei suoi torrenti e il fragore delle sue belle cascate.