di Alberto Zoratti
C’è bisogno di un colpo d’ali. Perché ormai da troppi anni la bonaccia del movimento dell’economia solidale non ha spinto per una vera e concreta transizione ecologica e sociale. Esperienze, singole e collettive, hanno animato i nostri territori cercando di ritrovare un senso alla politica concreta e dal basso: filiere, distretti di economia solidale, proposte di finanza etica in un lavorìo continuo e incessante che, però, rischia di perdere di vista l’insieme.
A Collecchio (Parma), dal 20 al 22 giugno 2014, a vent’anni dalla nascita dei Gruppi di Acquisto Solidale, si parlerà di questo all’incontro annuale dell’economia solidale, promosso e supportato dalla Rete Economia Solidale (RES) e dal Coordinamento Regionale dell’Economia Solidale Emilia Romagna dove il tentativo sarà quello di ricostruire un percorso comune dove riconoscere e rilanciare gli elementi fondativi dell’economia solidale, oggi, in Italia. Per cercare un nuovo modello economico e risposte virtuose alle contraddizioni dell’economia tradizionale e alle fragilità della crisi.
Un incontro che arriva a Collecchio, ma che nasce dai territori. Sono decine le schede che sono state compilate e che riguardano i diversi aspetti dell’economia solidale. Sono idee, progetti, laboratori sociali che dal 20 al 22 di giugno dovranno e potranno vedere la luce, capendo come ricostruire una rete di relazioni capaci di trasformazione e di cambiamento: dalla democrazia economica al rapporto tra economia sociale e convenzionale, dalle reti con i movimenti sociali ai temi della macroeconomia, della finanza e del debito pubblico.
Il programma dell’incontro inizia venerdì 20 giugno, con due tavole rotonde: “Quali possibili rapporti tra l’economia solidale e le istituzioni pubbliche: confronto con rappresentanti di Comuni, Regioni e Stato” a cura del Gruppo Legge Nazionale della Rete Res e alle 18 “L’economia solidale e l’economia dei soldi: problemi, possibilità e prospettive“, con interventi di e Francuccio Gesualdi (Cnms) e Andrea Baranes (Banca Etica).
Il sabato, tutto dedicato ai gruppi di lavoro, sfocerà nella domenica mattina con Antonietta Potente nel “Paradigmi del Vivir Bien. All’origine della trasformazione del bene in beni”, un momento collettivo che ha lo scopo di mettere in discussione schemi fissi e non ancora problematizzati dell’economia solidale: Vivir bien, ricostruzione delle relazioni tra le persone e con i beni, la riscoperta di una visione e di una lettura olistica nel tentativo di ritrovare un equilibrio nuovamente ecologico.
L’economia solidale ha parlato molto di filiere, di economia di scambio, di equità dei prezzi, ma ha rischiato di non vedere la cornice all’interno della quale tutto questo riprende senso. In un modello di sviluppo insostenibile garantire uno spazio di economia solidale vuol dire aprire spazi di alternativa e, a volte, di vera e propria resistenza costruttiva. Da Collecchio la rete dell’economia solidale e i distretti territoriali proveranno a ricostruire questo senso.
Per saperne di più vedi il programma qui.
DA LEGGERE
Paolo Cacciari | 30 maggio 2014 | 1 Commento
Per loro natura i movimenti per i beni comuni sono fortemente territorializzati, nemici di qualsiasi forma di gestione centralizzata, gerarchica e patriarcale del potere. Sono loro che hanno posto di nuovo al centro il tema dell’autorganizzazione
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Serge Latouche | 6 settembre 2012 | 8 Commenti
Se è escluso che non si possa rovesciare frontalmente il capitale resta la dissidenza, come quella degli zapatisti. Ovunque fioriscono gruppi e si sperimentano azioni di dissidenza. La decrescita è parte di tutto questo: è «slogan», sfida globale, utopia concreta
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Serge Latouche | 12 novembre 2013 | 5 Commenti
La trasformazione profonda della società non si nutre di qualche verniciatura di verde, di sociale o di equo all’economia. Si tratta invece, né più e né meno, di uscire dall’economia, cioè dal capitalismo. Slogan come decrescita e concetti come bio-economia possono aiutarci
Gustavo Esteva | 14 aprile 2013 |
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intervista a Serge Latouche La decrescita non è un progetto-politico ma un contropotere sociale, spiega Serge Latouche in questa intervista a Comune. È un grido contro l’economia, che è solo un’invenzione del capitalismo. Per questo il potere dice: «Siate seri, non è il momento di parlare di queste cose»
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