di Maria G. Di Rienzo
2031. Il tentativo di arrestare il surriscaldamento globale ha dato come risultato una nuova, mortale, era glaciale. Ciò che resta dell’umanità si trova su un treno che attraversa il mondo senza mai fermarsi, spinto da una fonte inesauribile di energia. I passeggeri sono divisi fra l’élite che occupa i lussuosi vagoni di prima classe, in testa al convoglio, e la gente comune che vive nel retro, soggetta ogni giorno ad umiliazioni e atrocità. La rivolta di costoro infine esplode e mira a prendere il controllo del motore del treno, che è diventato un’icona del «sacro» e di cui solo il suo creatore, Wilford, conosce il funzionamento.
Questa, in sintesi, è la trama del film Snowpiercer, un adattamento del fumetto francese «Le Transperceneige» del 1983, scoperto dal regista sudcoreano Bong Jun-ho nel 2004. Bong è noto per l’abilità nel tenere insieme, nel suo lavoro, qualità e successo, come testimoniano altri suoi film (Memories of Murder, 2003; The Host, 2006; Mother, 2009) e Snowpiercer – appena uscito in Corea del Sud – ha già battuto tutti i record al botteghino.
Snowpiercer (Perforatore di neve) è stato co-prodotto con Francia, Cecoslovacchia e Stati uniti, e vanta nomi di spicco nel cast quali Song Kang-ho, l’attore favorito del regista e protagonista di due sui tre film summenzionati, Chris Evans e Tilda Swinton. I diritti per la distribuzione internazionale sono stati venduti a 167 paesi, il che è un altro record per la filmografia coreana – costituisce una cifra che già da sola copre metà del budget che è stato necessario per realizzare la pellicola – e lascia a me la speranza di vederlo presto nei nostri cinema.
Girare un ambizioso film di fantascienza nello spazio ristretto di un treno richiede indubitabilmente maestria, e a mio giudizio essa emerge molto chiara persino nei pochi minuti dei trailer. In Snowpiercer la chiave è il movimento: il movimento equivale alla vita ed ogni cosa deve continuare a muoversi incessantemente. Fermare il treno significherebbe la fine, poiché tutti i suoi passeggeri congelerebbero a morte. Bong Jun-ho tratta lo scenario con un realismo e una velocità mozzafiato: la nuda disperazione, la violenza, la follia, l’oppressione non sono in alcun modo edulcorate. Snowpiercer può diventare una delle grandi storie distopiche della fantascienza a livello internazionale e, sebbene resti da vedere quanto sarà appetibile all’audience europea, alcuni critici sudcoreani e non dicono che Bong Jun-ho «ha già battuto Hollywood al suo stesso gioco».
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Maria G. Di Rienzo, femminista, giornalista e formatrice, è autrice del blog http://lunanuvola.wordpress.com/ (altri suoi articoli sono QUI).
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