L’abbandono scolastico, che ogni tanto fa capolino sui grandi media, resta una priorità per tanti educatori ed educatrici, insegnanti, associazioni, genitori. Tra i Maestri di strada di Napoli, ad esempio è chiaro ciò che Mena Carillo spiega così: “Nessuno può fare niente per nessuno che non voglia fare qualcosa per se stesso…”
Costruire il futuro
Tavolo interassociativo SaltaMuriIn ogni territorio, in questo tempo assai difficile, il mondo dell’educazione e della scuola, quello dei genitori ma anche l’universo della cultura sono chiamati a uno sforzo comune senza precedenti per illuminare in modo diverso il cammino dei più piccoli, per ribellarsi contro lo stato presente delle cose, per costruire il futuro qui e ora. È questo il tempo di gridare che ogni bambino e bambina ha il diritto ad essere protetto dalla guerra. È il tempo di lottare contro l’inasprirsi delle diseguaglianze e della povertà. È il tempo di mettere fine alla negazione del diritto alla cittadinanza al 10 per cento della popolazione studentesca. È anche il tempo, scrive il Tavolo SaltaMuri, di mettere in comune esperienze e saperi
Un territorio che si fa educante
Nicola CotugnoIn un mondo frenetico, a più giovani viene imposto di adeguarsi di continuo, con tempi sempre più ridotti da dedicare alla riflessione, alla costruzione del sé, alle relazioni con gli altri. Per contrastare le nuove forme di povertà educativa la strada aperta dai patti educativi territoriali si dimostra incisiva se chi aderisce è disposto a mettersi in discussione: si tratta di permettere a ragazzi e ragazze di non essere più passivi ma protagonisti dei propri percorsi di crescita
Il solstizio, il presepe e la scuola che desideriamo
Franco LorenzoniIl solstizio di inverno scandisce il ciclo della vita. Le religioni hanno dato forma a molteplici simboli per evocare quella rinascita. Francesco di Assisi, ad esempio, dopo essere tornato in Palestina guidato dal rifiuto della guerra, inventò il presepe in un povero territorio dell’Appennino perché i frutti della fraternità si diffondessero. Ora il presepe è un triste pretesto per battaglie identitarie. Scuole e territori devono sempre nutrirsi di processi culturali aperti e plurali
Facciamo un patto: giochiamo ovunque
Gruppo CRCEsiste un vuoto enorme, che rimbalza nei territori e nelle scuole, quello di una reale cultura del gioco, troppo spesso finalizzato a scopi educativo didattici o riabilitativo terapeutici. Quel vuoto è legato alle trasformazioni del tempo libero, sempre più un tempo residuale, difficile da gestire in autonomia. Uno degli strumenti per cambiare lo stato delle cose è la sfida dell’amministrazione condivisa, cioè una gestione partecipata dei beni comuni che supera la logica dell’intervento dall’alto
Stanno male
Gruppo CRCI dati sull’abbandono scolastico e sulla crescita della povertà, sui comportamenti alimentari e sul bullismo raccontano di bambini e bambine, ragazzi e ragazze che stanno male. Nel 13° Rapporto del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, una rete a cui aderiscono cento realtà, si ragiona su come la scuola sia percepita per lo più lontana e su come in molte città manchino riferimenti territoriali
Il testo collettivo come pratica
Franco LorenzoniSe esiste un allenamento alla partecipazione e ai processi democratici, cioè all’ascolto reciproco e all’approfondimento delle domande, alla mediazione e al tempo lento dell’argomentare, è la pratica della scrittura collettiva. La potenza di un testo comune che mette insieme persone diverse – lo dimostrano “Lettera a una professoressa” e la Costituzione – è un’occasione per creare cultura, a scuola e nella società, come ribellione alla dittatura del presente
La dimensione irrazionale del problema educativo
Andrea SolaDi educazione si discute tanto. Ma a scuola, in famiglia e nei territori ci sono relazioni impostate su modelli tradizionali. Per questo sono necessari un ripensamento dell’idea di educazione e uno sguardo critico della propria storia individuale: si tratta di riconoscere e smantellare i presupposti, spesso protetti in modo inconscio, dell’universo adultocentrico con cui consideriamo bambini e bambine, ragazzi e ragazze categorie inferiori
Il tempo dell’educazione alla nonviolenza
Pasquale PuglieseLa guerra, cioè la violenza agita nei conflitti internazionali, è prima di tutto il vertice di un sistema che include sia la violenza strutturale, ossia i mezzi che la rendono possibile, che la violenza culturale, cioè i dispositivi mediatici e culturali che la legittimano. Per questo un possibile decalogo di educazione alla nonviolenza per scuole e territori oggi comprende, tra l’altro, l’educare alla complessità, l’educare al pensiero critico, l’educare al disarmo, l’educare all’umanizzazione dell’avversario. Si tratta di passare in tanti modi diversi dall’antico adagio “Si vis pacem para bellum” a “Se vuoi la pace prepara la pace”
La scuola e l’isteria di guerra
JLCCosa possono fare scuole e centri educativi, nell’immediato e nel lungo periodo, per ripensare nelle scuole e nei territori l’educazione alla pace? Quale credibilità hanno dopo Gaza gli adulti ad occuparsi di educazione alla pace? Quali possono essere gli elementi essenziali di un’educazione alla nonviolenza? Intorno a queste domande, su proposta del MCE, ha cominciato a muoversi un motivato gruppo di insegnanti, pedagogisti e persone impegnate in diverse realtà sociali di tante città. Le lacrime per Gaza hanno bisogno di trasformarsi in lotta