Dobbiamo smettere di pensare la conoscenza come un insieme di saperi o una riserva di erudizione da esibire. La conoscenza è prima di tutto la capacità di imparare ad apprendere e di utilizzare i saperi per cambiare il mondo. Per crescere, quella capacità ha bisogno di tempo, di esperienze, di tanti spazi differenti, ben oltre le mura scolastiche: per questo occorre percorrere la strada delle città che apprendono, qualcosa che riguarda anche gli adulti, e qualificare tanto l’apprendimento formale quanto gli apprendimenti non formali e informali. Chi insegna ai giovani di oggi come considerare il mondo nuovo che ci travolge?
Una scuola oltre le mura
aa.vv.Cosa succede alla scuola e alla città se l’apprendimento si lega alla vita di ogni giorno ed esce non in modo occasionale dagli edifici scolastici? La straordinaria esperienza di un istituto comprensivo di Cagliari che – attraverso accordi con diverse realtà locali e un Patto educativo con le famiglie – si è aperto davvero al territorio
Noi siamo la città
Giovanni FioravantiLa novità di questo secolo in campo educativo dovrebbe consistere nel comprendere la centralità dell’istruzione come sempre più intrecciata con la vita. Per questo dobbiamo pensare la città come un insieme di potenzialità per un apprendimento diffuso per ogni età. “La città siamo noi”, per dirla con Paulo Freire. Non possiamo più pensare la scuola come spazio-tempo chiuso e unico per l’apprendimento
Praticare l’infraordinario
Letizia MontalbanoNon è facile vivere gli spazi pubblici come luoghi in cui ricomporre le relazioni sociali. Al Giardino del Guasto di Bologna, ciò è avvenuto pensando strade, portici e giardini come fili che legano la vita quotidiana degli abitanti – George Perec lo chiama infraordinario -, con attività per rilassarsi, giocare, discutere
Nessuno si educa da solo
Daniele NovaraSu Territori Educativi, racconti di esperienze e spunti di riflessione, a volte molto differenti tra loro, intorno al concetto di comunità educante si alternano da tempo. La foto a lato, ad esempio, racconta un’iniziativa del Polo Catanese di Educazione interculturale, dove è stato avviato un progetto di scuola aperta e partecipata. Di sicuro l’espressione comunità educante annega spesso in retorica o astrattezza. In questo articolo Daniele Novara prova a concentrarsi su uno degli aspetti di quel concetto, il bisogno di affrontare la crescita della povertà educativa e di trasformare al tempo stesso l’idea di educazione. E individua tre proposte molto concrete per cominciare a farlo
Territori che sussurrano
aa.vv.Due scuole aperte e partecipate, nella Giornata della Memoria, hanno trasformato un quartiere di Roma in un luogo di apprendimento comunitario. Uscire in cerca di documenti e pietre d’inciampo, incontrare preziosi testimoni, immergersi nel teatro – con lo spettacolo “La città che sussurrò” – sono diventate azioni con cui sono state ricostruite storie e relazioni
Territori e scuole di nonviolenza
Redazione di Territori EducativiNegli ultimi mesi è riemerso il bisogno di un’idea ampia di nonviolenza: gestione del conflitto, partecipazione, disarmo, diserzione. Su questi temi, sono numerose le realtà che, lontano dai riflettori dei media, promuovono, in molti modi diversi, percorsi importanti nei territori, soprattutto, in ambito educativo. Si tratta di costruire la pace non in astratto ma a partire dall’attenzione a bambini e bambine, ragazzi e ragazze
Tra la gente di Mykolaïv
AcmosNelle prossime settimane Acmos, intorno alla quale sono maturate a Torino diverse esperienze di scuole superiori aperte e partecipate, incontrerà tanti ragazzi e ragazze per raccontare il viaggio di inizio gennaio a Mykolaïv, in Ucraina, e per immaginare insieme come quello straordinario incontro, fatto di ascolto ma anche di musica, possa crescere in tanti modi. È necessario riscoprire ovunque, non solo in Ucraina, l’umanità sottratta dalla guerra, scrive Acmos, e riempire quel vuoto con la vicinanza. L’opposto della nonviolenza è l’apatia
La sfida di un’educazione nonviolenta
Franco LorenzoniOvunque esistono territori educativi che inventano strategie per affrontare i danni della discriminazione che generano violenza. È questa la sfida della nonviolenza. È questo il tempo in cui insegnanti, educatori, genitori sono chiamati ad assumersi la responsabilità del loro operare, oltre i confini della scuola e delle nazioni nelle quali vivono
Pnrr e povertà educativa
T.E.Sono 19,4 miliardi di euro le risorse complessive del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destinate al potenziamento dei servizi educativi. Tre gli ambiti principali di intervento decisi dall’alto: asili nido, edilizia scolastica e riduzione dei divari educativi per contenere i rischi di dispersione e abbandono scolastico. Il report dell’Osservatorio Con i bambini, con dati e analisi divisi regione per regione, comincia a fare il punto su questi interventi
La cura dei territori e le scuole
Franco LorenzoniQualche giorno fa Guido Viale ha scritto a proposito del bisogno di pensare all’educazione ambientale come didattica esperienziale, educazione diffusa nel territorio, impegno diretto di studenti e insegnanti, scuola come polo civico di comunità autoeducanti in grado di coinvolgere adulti e ragazzi. In questo articolo Franco Lorenzoni, dopo quanto accaduto nella Marche e a Ischia, si chiede come la cura e la manutenzione dei territori possono divenire terreno di ricerca e di sperimentazione nelle scuole
Scuola, territorio ed educazione ambientale
Guido VialeLe devastazioni ambientali che stanno soffocando il pianeta trovano nelle comunità locali la strada principale per imparare a custodire il mondo. Partendo da questo presupposto Guido Viale in questo articolo ragiona su come parlare oggi di educazione ambientale significa ripensare l’apprendimento attraverso quattro passi: didattica esperienziale e cooperativa, educazione diffusa nel territorio, impegno diretto di studenti e insegnanti sui temi ambientali, scuola come polo civico di una comunità autoeducante
Il tempo della condivisione
Pasquale BonasoraLe comunità locali sono chiamate a rafforzare in modi diversi la capacità di superare individualismo e cultura della delega. Ma occorre imparare a riconoscere le dimensioni culturali, sociali e politiche delle loro azioni. Si tratta di recuperare la lezione di don Milani: avere un problema in comune e cercare di uscirne da soli si chiama egoismo, cercare di uscirne tutti insieme si chiama politica. Un punto di vista sull’amministrazione condivisa come processo politico
Amplificare l’esperienza umana
Franco LorenzoniSarebbe un errore cercare di arginare la nuova stagione di razzismo istituzionale soltanto sul piano politico. È prima di tutto nella relazione tra scuola e territorio che occorre percorrere strade inedite. Si tratta di creare contesti in cui non solo bambine e bambini, ma anche i genitori, trovino occasioni attraverso le quali, per dirla con le parole dello scrittore Fernando Aramburu, “contemplare la sensibilità altrui”: abbiamo bisogno di trovare spazi, tempi e modalità per imparare a relazionarci reciprocamente
Cinque minuti
Ludovico ArteUn orario scolastico diverso può favorire sperimentazioni didattiche – con le quali ad esempio individuare alcuni pomeriggi per uscite didattiche, visioni di film, laboratori di arte, discussioni su temi di attualità – consolidare le relazioni tra gli studenti, ripensare il rapporto con il territorio. Per farlo occorre rendere ragazzi e ragazze protagonisti insieme agli insegnanti di quei percorsi. A Firenze hanno cominciato con le ore di 55 minuti invece di 60
Il cerchio delle scuole aperte
Redazione di Territori Educativi“Scuole Aperte Partecipate in Rete” ha messo insieme per tre giorni esperienze e reti di quattordici città per raccontare quello che le scuole aperte fanno in territori molto differenti tra loro, per individuare fragilità e passi avanti, per riconsegnare all’aggettivo “partecipate” contenuti e dignità. Impressioni di alcuni degli oltre sessanta partecipanti
Scuole superiori e territorio
Giuseppe CampagnoliCome possiamo rimettere al centro l’interesse e le motivazioni dei ragazzi e delle ragazze e proporre percorsi educativi e di studio che partono dalle esperienze e dai territori? Come possiamo renderli attori e non spettatori del fare scuola? Perché, salvo eccezioni, resta uno scollamento enorme tra la quotidianità in classe e la vita fuori dal cancello? Abbiamo bisogno di ripensare radicalmente la scuola dei più grandi
La lezione del Mandrione
Linda ZammataroSul bisogno di ripensare la relazione tra territorio e scuola non mancano punti di vista ed esperienze, come quelle delle scuole aperte. Ma c’è anche un patrimonio del passato a cui attingere. Nella periferia romana, ad esempio, prima la Scuola 725 di don Sardelli poi le sperimentazioni di Linda Zammataro, maestra, hanno mostrato come scuole, famiglie e territorio possono essere un impulso potente per la riqualificazione delle periferie e per una didattica diversa
L’assemblea di classe
Franco LorenzoniLa democrazia si impara con la democrazia, come l’andare in bicicletta. Nessuna educazione civica, nessun incontro con la Costituzione è credibile se non si offrono occasioni per sperimentare momenti reali di democrazia, con le fatiche che comporta. Ma non c’è allenamento alla democrazia senza corpo: del resto quel rito è nato all’aperto, nell’agorà al centro della città. E non c’è democrazia neanche se bambini e bambine, ragazzi e ragazze non hanno la possibilità di esprimersi nel corso di tutti i processi di apprendimento
Tempo sottratto
T. E.L’Italia si conferma il paese europeo con il più alto numero di ragazzi e ragazze che non studiano, né vivono esperienze di formazione o di inserimento lavorativo. L’abbandono scolastico riguarda un adolescente su cinque in Sicilia e poco meno in diverse regioni del Sud. Molto preoccupanti restano i dati sul tempo pieno e sulla presenza di mense scolastiche. Sono alcuni dei dati raccolti da Save the Children nel rapporto “Alla ricerca del tempo perduto”
Scuole aperte. Un po’ meno
Franco LorenzoniLa crisi energetica non giustifica alcuna riduzione del tempo scuola e del tempo di apertura delle scuole oltre l’orario scolastico per ospitare altre attività. Più avanzano gli squilibri del pianeta, le crisi e le guerre più abbiamo bisogno di cultura e di legami sociali. Tre proposte su quanto possono fare subito le scuole per cominciare ad affrontare la crisi energetica e per trasformarle in un momento di ricerca collettiva
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