Il disagio di tanti ragazzi e ragazze non può essere considerato un problema di ordine pubblico. Dobbiamo volgere lo sguardo sulla vera emergenza in corso ossia la questione educativa, in modo da sostenere nei territori i genitori e la scuola a vivere il loro compito all’interno di una comunità più ampia. Siamo tutti immersi in una profonda fragilità educativa, con il bisogno di ricomporre le relazioni sociali
Non si nasce violenti
Emilia De RienzoNessuno nasce bullo, delinquente, violento. Lo si diventa quando nessuno si prende cura di te. Siamo tutti responsabili della crescita della povertà educativa, non solo chi governa e chi ha governato. Di certo, in questi giorni nei quali si sono prese decisioni gravissime contro bambini e bambine, contro ragazzi e ragazze, dovremmo ricordarci che reprimere senza un progetto sociale più ampio, senza investire nei territori, senza farle vivere con attività solidali, civiche e culturali che danno senso alla vita in comune nei quartieri, non serve a nulla. Dobbiamo avere il coraggio di chiederci cosa significa vivere ogni giorno in situazioni di degrado, convivere con la delinquenza organizzata e con la povertà
Periferie, pensare e agire diversamente
Carlo CellamareNon servono eserciti nelle periferie. Per Carlo Cellamare, docente di urbanistica e direttore del Laboratorio di Studi Urbani “Territori dell’abitare” presso La Sapienza, a Tor Bella Monaca come a Scampia non bastano interventi di riqualificazione edilizia e urbanistica. Serve riconoscere la presenza di esperienze attive sui territori: associazioni, gruppi informali, reti di mutualismo, cooperative, singoli abitanti, insegnanti. Serve sostenere le scuole che si aprono alla città. Servono iniziative culturali e sociali. Ma serve anche un racconto differente per contrastare la stigmatizzazione di certi quartieri
Le tre solitudini di ragazze e ragazzi, insegnanti e famiglie
Franco LorenzoniChi cerca di migliorare la qualità culturale del territorio e di ricomporre le relazioni sociali è un alleato per coloro che nella scuola si battono contro ogni forma di discriminazione, consapevoli che la scuola deve sforzarsi di essere un luogo di costruzione culturale lenta. Di certo occorre proteggere i tentativi di costruzione di comunità educanti locali che stanno dando risultati interessanti contro l’abbandono scolastico
La scuola deve fare tutto?
Loris AntonelliSiamo sicuri che quella che viviamo è un'”emergenza educativa”? Siamo certi che Parco verde di Caivano è un caso unico? Siamo convinti che la scuola, così come è pensata e organizzata, deve o può fare tutto per rispondere ai problemi che precipitano ogni giorno su bambini/e e adolescenti? Come possiamo costruire ovunque comunità educanti per sottrarci alla trappola dell’emergenza?
L’educazione diffusa può salvare la città
Giuseppe CampagnoliIn ogni città esiste un patrimonio non utilizzato di saperi da mettere in comune con bambini e bambine, ragazzi e ragazze. È quello di tante botteghe e laboratori, musei e gallerie, teatri, luoghi di musica e arte, biblioteche e librerie… L’educazione diffusa può aiutare a ripensare l’apprendimento, favorire la partecipazione al bene comune, fermare l’espulsione dei cittadini dai centri storici
La soluzione è seminare
Maria González ReyesNon piove mai. Così le famiglie e la scuola avevano stabilito turni per irrigare le fragili piantine che avevano seminato, senza chiedere permesso, su un pendio senza vita nella piazza accanto alla scuola dove ogni giorno tante bambine e bambini si fermano a giocare. Solo che ogni volta che andavano lì con l’acqua, trovavano la terra già bagnata. Piccola storia su quel che può insegnare il lavoro con la terra e una sorprendente relazione tra una scuola di Madrid e il suo territorio
La bellezza e l’arte rompono gli schemi precostituiti
Cesare MorenoL’incendio della Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto a Napoli, ha riaperto – probabilmente soltanto per l’eco delle rivolte nelle banlieue – una discussione sulla vita di ogni giorno di tanti ragazzi e ragazze. Si tratta di una discussione spesso molto povera, dal momento che viviamo un tempo nel quale i giovani non sono considerati. Per spezzare questo orizzonte, la ricerca del bello vissuta con loro resta una priorità, ma il bello va portato prima di tutto dove le persone vivono
Scuole di prossimità
aa.vv.Le piccole scuole di prossimità nelle aree interne e montane sono trattate come costi da tagliare. E se diventassero agenti di rivitalizzazione dei territori, a cominciare dal bisogno di affrontare qui e ora il cambiamento climatico, in una concezione di scuola aperta? Un gruppo di insegnanti, dirigenti scolastici, architetti, genitori, ricercatori ha cominciato a camminare insieme intorno a questi temi con alcune proposte
Città e biblioteche
Antonella AgnoliUna città educante ha bisogno di biblioteche che sanno rivolgersi anche ai non lettori, che si aprono alla partecipazione dei cittadini, che si propongono come luoghi dove si trova sempre qualcosa da fare o qualcuno con cui parlare. Biblioteche come beni comuni, luoghi di relazione capaci di suscitare meraviglia
Ragazzi e spazio pubblico
Paolo MoscogiuriUn muretto, una scalinata, un albero oppure una panchina. Perché quei luoghi di incontro sono stati importanti e in qualche caso lo sono ancora? Come possiamo trasformare gli spazi pubblici, nel tempo dell’ossessione del controllo, quella che fa vietare il gioco e gli schiamazzi dei cortili e nei giardini o stendere un asciugamano in tante spiagge, in luoghi delle relazioni, del piacere, dell’ovvio e dell’inatteso?
Vivere nell’attenzione
Franco LorenzoniUno dei segreti di Barbiana è stato vivere nell’attenzione con un lungo tempo dedicato all’apprendimento. Oggi ci sono territori in cui l’85% dei bambini non ha il tempo pieno. Per questo in molte città si sperimentano alleanze tra volontariato educativo, enti locali, associazioni in grado di sostenere la scuola prolungando e ampliando l’offerta formativa oltre l’orario e oltre i muri della scuola
La società come luogo di conoscenza
Giovanni FioravantiL’apprendimento è un processo continuo che non tollera d’essere relegato alle sole aule scolastiche e alle loro forme rituali di istruzione. La società come luogo pedagogico, di cui scriveva John Dewey agli albori del secolo scorso, è ora la Terra intera con la potenza del pluralismo delle sue comunità e delle sue culture. Per questo oggi bambini e bambine, ragazzi e ragazze hanno bisogno prima di tutto di contesti di apprendimento che supportino processi esplorativi nei quali apprendere insieme in modo attivo. È tempo di considerare l’intera società, come luogo di conoscenza, come un luogo di apprendimento diffuso
Il verbo condividere si studia a scuola e nel territorio
Gianluca Cantisani“Scuole Aperte Partecipate In Rete” è un progetto nazionale, nato per valorizzare l’amministrazione condivisa nelle scuole, che lega quattordici città e oltre trenta tra scuole e realtà sociali, inclusa l’Associazione genitori Di Donato. Del resto, i vent’anni di esperienza di amministrazione condivisa nella scuola Di Donato-Manin (a cominciare dal suo cortile) di Roma, all’Esquilino, restano un patrimonio prodigioso dal quale prendere spunto
Cosa abbiamo paura di perdere?
Andrea SolaQuando si ragiona sul bisogno di ripensare in profondità la relazione tra bambini e città o la scuola prevale l’idea di infanzia come condizione di minorità, inferiorità costitutiva: insomma bambine e bambini sono incapaci di comprendere davvero ma soltanto di assimilare passivamente. È questa immagine dell’infanzia, in una società adultocentrica che non favorisce la partecipazione, che abbiamo paura di mettere in discussione
Abbiamo bisogno di parole
Andrea GuerrizioQuando i temi del servizio civile e della difesa nonviolenta trovano spazio nelle scuole superiori, tra i ragazzi e le ragazze prevale per lo più un senso di disorientamento. Tuttavia, quando si discute delle contraddizioni di una società imbevuta di violenza quei concetti favoriscono punti di vista ricchi di senso. Scuole e territori sono chiamati prima di tutto a un paziente sforzo per riscoprire con studenti e studentesse parole e significati di mondi nuovi
Percorsi spezzati
Maestri di stradaIl lavoro degli educatori alle periferie del sapere e delle città è fatto di percorsi spezzati: percorsi cominciati e interrotti dalla violenza, dal degrado, dall’insipienza del potere. Piuttosto che una linea di pensiero ci restano tra le mani frammenti di fibra… Il sogno è per noi la macchina per intrecciare il canapo, produrre senso nel deserto dei significati, trasformare la fatica in una impresa meravigliosa
Il mondo a venire con l’educazione diffusa
Paolo MottanaIntrodurre l’educazione diffusa nella società non significa solo portare bambini e ragazzi fuori dalla scuola per apprendere. Significa afferrare il mondo come oggi si presenta in tutte le società occidentali e rovesciarlo da capo a fondo. Il loro sguardo, ancora non intaccato dal ricatto del denaro, non può non influire sull’andamento della vita di ogni giorno. Le loro domande possono essere un incentivo ad accorgersi della nostra fretta, della nostra stupidità, della nostra violenza
La conoscenza e la strada delle città
Giovanni FioravantiDobbiamo smettere di pensare la conoscenza come un insieme di saperi o una riserva di erudizione da esibire. La conoscenza è prima di tutto la capacità di imparare ad apprendere e di utilizzare i saperi per cambiare il mondo. Per crescere, quella capacità ha bisogno di tempo, di esperienze, di tanti spazi differenti, ben oltre le mura scolastiche: per questo occorre percorrere la strada delle città che apprendono, qualcosa che riguarda anche gli adulti, e qualificare tanto l’apprendimento formale quanto gli apprendimenti non formali e informali. Chi insegna ai giovani di oggi come considerare il mondo nuovo che ci travolge?
Una scuola oltre le mura
aa.vv.Cosa succede alla scuola e alla città se l’apprendimento si lega alla vita di ogni giorno ed esce non in modo occasionale dagli edifici scolastici? La straordinaria esperienza di un istituto comprensivo di Cagliari che – attraverso accordi con diverse realtà locali e un Patto educativo con le famiglie – si è aperto davvero al territorio
Noi siamo la città
Giovanni FioravantiLa novità di questo secolo in campo educativo dovrebbe consistere nel comprendere la centralità dell’istruzione come sempre più intrecciata con la vita. Per questo dobbiamo pensare la città come un insieme di potenzialità per un apprendimento diffuso per ogni età. “La città siamo noi”, per dirla con Paulo Freire. Non possiamo più pensare la scuola come spazio-tempo chiuso e unico per l’apprendimento
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