Le organizzazioni che difendono le donne dalla violenza sono sempre più indignate: il governo progressista messicano di Andrés Manuel López Obrador non solo non ha fatto nulla per ridurre il numero dei femminicidi e dei casi di violenza sulle donne, ma si ostina a negare l’evidenza. Come quando afferma, smentendo i dati forniti dai suoi stessi uffici, che con la pandemia e il confinamento in casa la situazione non si sia fatta più grave, oppure che il 90 per cento delle chiamate che denunciano la violenza di genere siano generalmente false. A suo avviso, nelle case delle famiglie messicane, a differenza che nel resto del mondo, non dilaga la violenza domestica ma regna una meravigliosa armonia. Peccato che lo scorso anno in Messico siano state uccise quasi 4 mila donne, ma solo una su cinque di loro viene considerata vittima di femminicidio, categoria ammessa – dopo anni di coraggiose e durissime lotte – nel codice penale nazionale, e che oggi si vocifera possa perfino essere rimessa in discussione. Ancora nello scorso marzo, poco prima della chiusura causata dal virus, raccolte intorno allo slogan Ni Una Mas, decine di migliaia di donne avevano manifestato nella capitale la propria rabbia contro la nuova crescita di assassinii quotidiani (10 al giorno, più 10% sull’anno precedente) e la mancanza o la manipolazione dei dati e delle notizie sulla violenza di genere da parte dei grandi media e delle istituzioni politiche

Il presidente del governo messicano, Andrés Manuel López Obrador, continua a negare la realtà e mente sapendo di mentire. Durante una sua conferenza stampa della settimana passata ha affermato che il 90 % delle chiamate ricevute dal 911, in cui le donne denunciano violenza di genere sono false. Con questa dichiarazione Amlo ha negato che il confinamento in casa dovuto alla pandemia abbia qualcosa a che fare con l’aumento dei maltrattamenti perché dice che il Messico “è un paese speciale: le famiglie messicane sono diverse da quelle europee o degli Stati Uniti. Siamo abituati a vivere insieme, a stare insieme. Nelle case messicane ci sono bambini, nipoti, nuore in una convivenza armoniosa”.
Queste affermazioni hanno scatenato lo sdegno del movimento femminista e la presa di posizione di varie organizzazioni che si occupano della tutela delle donne e dei minori. Intanto la Rete Nazionale dei Rifugi per le donne in pericolo registra un fenomeno nuovo in questi giorni di chiusura a causa del coronavirus. Il 19% delle richieste di protezione a questi centri stanno arrivando da familiari, amici e talvolta dagli stessi figli delle donne maltrattate a fronte della loro impossibilità ad uscire per denunciare o per paura di farlo al telefono in presenza del proprio aggressore.“Ci contattano per portarle via dalle loro case e noi gli diamo la sicurezza in quello spostamento. Il Presidente non capisce niente. Non mi importa se siano 10 o 20 in pericolo, dobbiamo agire, cosa si sta aspettando?”. Queste le dure parole di Wendy Figueroa direttrice responsabile di questa rete di case rifugio che è profondamente indignata e non nasconde il proprio rammarico rispetto a quanto detto da AMLO.

A queste dichiarazioni il capo della Quarta Trasformazione risponde: “Se avessi informazioni sull’aumento delle violenze ci occuperemmo di loro”, purtroppo per lui, ma soprattutto per le donne, i dati pubblicati il 25 aprile dalla Secretaría de Seguridad y Protección Ciudadana (Ministero della Sicurezza e Protezione dei Cittadini) riportano a pagina 76 del loro rapporto statistico che le chiamate delle donne che chiedono aiuto sono aumentate, in questi mesi di pandemia e confinamento nelle case, passando da poco più di 19.000 a Gennaio alle 26.000 di Marzo. Anche i dati sulla violenza nelle coppie e la violenza familiare sono aumentati in questi mesi di emergenza rispetto ai periodi precedenti e la stessa Commissione Nazionale per i Diritti Umani (CNDH) ha recentemente lanciato l’ennesimo allarme sull’aumento dei delitti, che in Messico, secondo le Nazioni Unite per il 2019 registrava nove donne morte al giorno in media.

La violenza di genere ha registrato un aumento in molti paesi del mondo a causa della convivenza forzata che la crisi pandemica ha imposto.
Ma il presidente messicano lo nega. “Ritengo che non è il restare in casa la causa per cui c’è più violenza. Forse in altri paesi, a causa della loro tradizione e cultura, l’isolamento provoca lamentele, scontri o violenze “. Anche se poi non può negare che queste cose possano succedere visto che in tutte le famiglie ci sono “differenze”. Ma nonostante i dati ufficiali del suo governo López Obrador ostinatamente ribatte che bisogna evitare gli stereotipi, l’applicazione di teorie generali e l’estrapolazione di quanto realmente accade.
D’altronde considerando che solo l’11% delle donne che chiede aiuto a Città del Messico viene indirizzata nei centri di protezione (ci sono solo quattro case-rifugio in tutto il distretto federale di Città del Messico!!) dalle strutture pubbliche, mentre il resto viene indirizzata dalle associazioni o tramite il passa parola resta difficile pensare ad una ammissione delle proprie negligenze nel sistema di protezione contro la violenza sulle donne. A Città del Messico esiste un’unica struttura predisposta dal Governo locale per accogliere le donne maltrattate.
“Il presidente sta contraddicendo i dati del suo stesso governo, chiediamo che questo venga chiarito, che il Ministero dell’Interno e l’Istituto delle Donne si pronuncino”, ha chiesto Figueroa. Ma da quel versante non si è avuto nessun segnale, solo un silenzio assordante che contrasta con la potente e indignata risposta sui social network di fronte alle ultime affermazioni del presidente.“Fare le denunce in questi giorni è più difficile che mai. Già il sistema giuridico e di polizia è complicato in Messico per le donne maltrattate, la difficoltà aumenta se vengono chiuse in casa. Hanno sicuramente paura del CoVid-19, ma ciò che il Presidente non capisce è che ora, con la chiusura in casa, non si tratta di denunciare, ma di salvare la vita ed il 19% di coloro che chiedono aiuto alla Rete dei Rifugi lo fanno attraverso amici e parenti che li aiutano a uscire dall’inferno che sono diventate le loro case. Il ricorso all’aiuto di terzi è un fenomeno nuovo che indica che la quarantena le mette in ancor maggiore difficoltà” continua Wendy Figueroa.

In questa situazione la Rete provvede alla sicurezza per far allontanare le donne come se si trattasse di una delicata operazione militare. I dati in possesso della rete di accoglienza riportano un aumento dell’80% delle chiamate di emergenza e dei messaggi ricevuti. Ma il dato ancor più sconcertante è che il 19% delle donne che hanno contattato la Rete dichiarano di aver già chiamato altri numeri e di non aver ricevuto nessuna risposta. Le richieste di alloggi per difendersi hanno registrato un aumento del 12,7% in media. In alcuni centri sono cresciuti fino al 50%. Nelle ultime settimane, la rete ha chiesto al governo misure specifiche per combattere questa violenza nei giorni di pandemia. Le organizzazioni che si dedicano a combattere la violenza contro le donne continuano a chiedere informazioni e dati. “Perché non forniscono i dati? Che servizi stanno fornendo alle donne che vengono credute? Perché non dichiarano gli ordini di protezione che vengono emessi? Questo è ciò che vogliamo sapere e non ascoltare le terribili dichiarazioni del Presidente, che rendono invisibili i maltrattamenti e sostengono gli aggressori”, critica Ana Yeli Pérez, consulente dell’Osservatorio Nazionale dei femminicidi (OCNF).
Il fatto che le chiamate e le denunce delle donne che subiscono violenza siano false e “interessate” è un’idea che vari gruppi dell’estrema destra fanno circolare frequentemente. Sostengono che le donne denunciano i loro partner per trarne vantaggio in fase di divorzio, per mantenere la custodia dei figli o distruggere la figura del padre ed allontanarlo dai figli. In questa opera di diffamazione i cosiddetti esperti dei pubblici ministeri specializzati in questo tipo di reati hanno riportato i dati delle false denunce, numeri che però sono trascurabili e mai superiori a quelli di altri tipi di reati. “La parola della donna non ha valore, non l’hanno mai considerata e questo ha costantemente permeato la sfera pubblica. Solo la parola degli uomini vale e nei crimini sessuali, in cui le donne sono principalmente le vittime e gli uomini, principalmente sono gli aggressori, chi viene denunciato ha sempre più credibilità. Quanto più intrinseca è la motivazione della violenza di genere nel crimine, tanto maggiore è il ricorso alla falsificazione di ciò che è viene denunciato”, afferma Pérez.

I dati del servizio 911, attivo con 192 call center in tutto il paese, forniti dal governo, dichiarano che il 77% delle chiamate ricevute era inappropriato, cioè non sono state prese in considerazione, perché è stato considerato che chi si trovava dall’altra parte del telefono era un burlone (bambino o adulto), un facinoroso o qualcuno che poi non rispondeva alle domande. Tuttavia, dal 2016 in poi il numero delle chiamate in arrivo è aumentato del 23%. Nella conferenza stampa in cui Amlo ha fatto queste affermazioni, ha sottolineato che il 90% delle chiamate era falso perché questo gli era stato riferito dalle donne che si dedicano a quest’area di lavoro nel suo governo, “al Ministero degli Interni” e nell’Istituto Nazionale delle Donne, dove però si sono rifiutati di commentare le parole del presidente.
La proposta delle Associazioni in difesa delle donne si articola in un piano di realizzazione di quattro tipologie di accoglienza. Case di emergenza dove ospitare le donne dopo che hanno sporto denuncia e dove la permanenza deve essere al massimo di tre giorni. Centri di Assistenza che forniscano alle donne le indicazioni su come procedere e permettere a loro di decidere cosa fare. Rifugi di massimo rischio, luoghi dove le donne possono restare per circa tre mesi in modo da ricostruire i loro diritti violati. Case di transizione dove viene fornita l’assistenza e gli strumenti necessari per sviluppare una propria autonomia e integrarsi nella vita normale.
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