Le amministrazioni comunali sono sempre chiamate a favorire processi partecipati. Il convegno promosso dai comuni di Roma, Bergamo, Milano e Bologna sulle scuole aperte può rappresentare davvero l’inizio un’inversione di tendenza forte perché mette finalmente al centro l’infanzia e l’adolescenza e perché di fatto riconsegna le amministrazioni di prossimità in mano ai terrori. Un’inversione trasversale da nutrire con creatività e voglia di sperimentare, ad esempio con il servizio civile e con i servizi degli asili nido
Al centro del convegno del 29 febbraio, secondo quanto emerge dall’intervista di Territori Educativi all’assessora alla scuola del Comune di Roma, Claudia Pratelli (Un vademecum sulle scuole aperte?) – ci sono proposte senz’altro positive e necessarie. Le amministrazioni comunali sono infatti chiamate sempre a favorire processi sociali partecipati e inclusivi e a erogare servizi pubblici che riconoscano e mettano al centro “il diritto” di ogni persona, bambin*, adult* o anzian*.
La carenza progressiva negli anni di politiche pubbliche di welfare, di erogazione di servizi concepiti dentro un quadro integrato e sistemico, l’assenza di “attenzione pubblica” sempre più radicalizzata nel tempo, avrebbero necessità di un’inversione di tendenza forte e trasversale, riconsegnando alle pubbliche istituzioni il loro ruolo e le loro funzioni verso la società.
Purtroppo l’infanzia e l’adolescenza non sono ancora considerate come un “valore sociale”, ma come un termine di costo o di interesse di mercato. Proporre nuovi servizi e strumenti in loro favore e verso i nuclei familiari, a sostegno delle scelte genitoriali, significherebbe prendere atto del rapporto sbilanciato, in continuo cambiamento tra le generazioni: la decrescita della natalità insieme al disagio e al malessere delle giovani generazioni mostrano alcuni di questi cambiamenti in corso, insieme alla precarietà economica e ad un welfare scaricato sempre più sulle donne. Avviare azioni di convergenza con e tra le politiche pubbliche integrate, dunque, in grado di rafforzare il ruolo e l’identità delle istituzioni pubbliche non assimilabile al ruolo degli organismi associativi, vorrebbe dire esercitare le funzioni proprie spettanti a tutte le pubbliche amministrazioni, dentro e fuori le scuole.
Promuovere ad esempio progetti di servizio civile in ogni comune e in ogni municipio con la possibilità di creare poi, di conseguenza, servizi educativi più aderenti alle istanze contemporanee e gestiti dagli stessi giovani partecipanti – sia in corso di realizzazione sia al termine dei progetti stessi – garantirebbe il raggiungimento e la convergenza di più obiettivi (menziono come esempio il Cea, Centro educazione ambientale del Municipio V di Roma che opera ininterrottamente da vent’anni con le scuole, i servizi educativi, il territorio tutto, grazie anche al contributo continuativo dei volontari e delle volontarie dei progetti di servizio civile).
Concepire ” le scuole aperte e partecipate” iniziando già dai servizi educativi degli asili nido, così come avvenne nel 1975 attraverso la gestione sociale, anche se in via sperimentale e occasionale, potrebbe rappresentare oggi un’eredità di passaggio tra vecchie e nuove opportunità.
Ambra Pastore, educatrice e pedagogista, ha lavorato come istruttrice amministrativa nell’ambito dell’Area Tecnico Educativa del Comune di Roma
Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Scuole aperte. Mettiamo in comune