Più che reclamare beni comuni hanno cominciato a fare in comune, insomma ad aiutarsi a vicenda e a riscoprire uno spirito di comunità nel restituire a tutti e tutte un parco. Tanto da far nascere una straordinaria cooperativa di comunità, con duecento soci tra persone e realtà sociali, e da avviare un percorso di scuola aperta e partecipata. Siamo andati a trovare la cooperativa Legami di comunità e l’I.C. Sant’Elia/Commenda nella periferia di Brindisi
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Brindisi alla scuola aperta

“Tutti quanti i sogni di miglioramento del mondo cercano l’esteriorità della loro interiorità, sgorgano come estroversi arcobaleni…”
(Il principio speranza, Ernst Bloch)
Piazza Raffaello, uno dei quartieri dormitorio della periferia di Brindisi, fino a qualche tempo fa era nota per il racket, per lo spaccio, per alcune discariche a cielo aperto e per l’”omicidio Tedesco”, avvenuto il 1° novembre del 2014 in una palazzina popolare. Si trattò di una vendetta (Mino Tedesco fu ucciso a bruciapelo) per un litigio scoppiato il giorno prima durante la festa di compleanno di una bambina di tre anni. Secondo i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Lecce fu un omicidio per affermare “l’onore offeso”.
Qualche anno fa su una delle tante serrande chiuse di quella piazza, Cristian ha appeso un cartello con su scritto “La Bottega di Bacco”. La riqualificazione di un quartiere, spiega oggi Cristian, è legata prima di tutto alla possibilità di avere luoghi curati nei quali incontrarsi e mangiare cibo sano e gustoso.
Per la quantità di denunce in proporzione al numero di abitanti, Brindisi è tra le prime quindici città del sud (a livello nazionale il primato spetta a Milano), ma una classifica di quel tipo non dice nulla sulle cause e, soprattutto, non è in grado di intercettare e dare valore alle scelte di tante persone, come Cristian, e realtà sociali che costruiscono ogni giorno relazioni diverse per trasformare non-luoghi in territori. Il coraggio di Cristian è stato comunque ripagato: da giugno a settembre, senza prenotazione, a cena non ci sono tavoli liberi. Del resto, è difficile trovare in città qualcuno che prepari una pizza più buona.
Comincia nella Bottega di Bacco il “tour” organizzato dalla cooperativa “Legami di comunità” per presentare il suo complesso percorso che negli ultimi mesi è diventato anche parte di un’esperienza di scuola aperta e partecipata.
Legami di comunità
A tavola Paola, Daniele e Cristian raccontano con molta passione la storia difficile di questo pezzo di città. Si soffermano su quanto accaduto negli ultimi due anni, e che pochi avrebbero immaginato. Le domande intorno alle quali un gruppo di una decina di persone di Sant’Elia, per lo più giovani, hanno cominciato a ragionare erano due. Cosa possiamo fare per recuperare il Parco Buscicchio e rimetterlo al centro della vita comunitaria del quartiere? Riusciremo a cambiare il territorio? Non lo sappiamo, hanno risposto mentre cominciavano a preparare una festa al parco, mentre immaginavano alcune iniziative di sport popolare, mentre dedicavano attenzioni alla Casa del quartiere interna al Parco. L’apertura all’incertezza e il “fare” collettivo, in fondo sono parte di qualsiasi processo di cambiamento vero. Altre domande e altro “fare” si sono aggiunti nei mesi successivi mentre nasceva il Comitato spontaneo per il recupero del Parco e prendeva forma l’idea di una cooperativa di comunità, un modo con cui mettere al centro il territorio: ad oggi hanno aderito a “Legami di comunità” oltre duecento cittadini ma anche associazioni, una scuola (l’I.C. comprensivo Sant’Elia/Commenda), due parrocchie. Perfino La Bottega di Bacco.
Diverse le attività sportive e i servizi proposti dalla cooperativa all’interno del Parco e del Centro polisportivo Buscicchio. Da zero sono state messe su le scuole popolari di tennis, calcio e rugby, oltre alla scuola di ballo. Presto si affiancheranno quelle di pallavolo e basket. Molto apprezzata è l’attività di rinforzo scolastico pensata in dialogo con la scuola e portata avanti anche durante i mesi più difficili della pandemia, attività accompagnata dal centro estivo per bambini. È forte la consapevolezza che soltanto una comunità educante è in grado di contrastare le differenti forme di povertà educative.

La scintilla decisiva è arrivata con la prima Festa dello sport e delle arti urbane dell’8 giugno 2019. Un successo enorme, raggiunto con un passaparola casa per casa. Spiega Paola: “Il primo obiettivo era ritrovarci in tanti in una bella festa, il secondo era mostrare il potenziale del parco. Nei mesi successivi la chiave della riuscita è stata la relazione di fiducia ricostruita con le persone comuni del quartiere. Speravamo che vedendo alcuni di noi darsi da fare, si avvicinassero in tanti, un po’ per curiosità e un po’ anche per alimentare la speranza che qualcosa possa cambiare. È quello che è accaduto. Ora Parco Buscicchio non è soltanto uno spazio isolato da attraversare per spostarsi nel quartiere”.
Per cominciare queste attività è stato fondamentale il ruolo del Comitato che ha intercettato e bloccato la proposta di una parte dell’amministrazione comunale che puntava ad affidare alcuni impianti del Parco a gestori privati tramite gara. “Nel 2019 abbiamo portato il Comune ad abbandonare una strada legata alle dinamiche competitive tipiche delle gare e dei bandi – spiega con orgoglio Daniele – per abbracciare la prospettiva della progettazione condivisa con il Comitato e con tutti gli enti della rete che si è costituita”. Attraverso una manifestazione di interesse e l’utilizzo del “Regolamento per la cura e gestione dei beni comuni”, ma anche grazie all’ascolto dell’allora assessore alla programmazione Roberto Covolo e alla costituzione della cooperativa di comunità, è stata avviata la gestione partecipata degli spazi del Parco. Del resto Brindisi è stato uno dei primi comuni in Italia ad approvare nel 2014 un regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni (Regolamento di collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani). In città dieci anni fa – era la stagione dello straordinario movimento dell’acqua e delle occupazioni di teatri e cinema abbandonati – è nato il movimento Brindisi Bene Comune (Bbc), di cui l’attuale sindaco Riccardo Rossi è stato tra i promotori. Tuttavia a Sant’Elia sanno bene che avere un’amministrazione (con Bbc, ci sono Pd, Leu e la lista civica Ora tocca a noi) attenta al concetto di bene comune non basta: qualsiasi regolamento per la gestione collettiva dei beni comuni ha sempre bisogno di essere nutrito dal basso in molti modi ogni giorno.
Scuola e territorio
La seconda tappa del tour è nella scuola dove incontriamo alcune insegnanti e Lucia Portolano, da otto anni dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Sant’Elia/Commenda (con i suoi nove plessi, si rivolge in pratica a oltre un terzo della città). Si discute del bisogno di coinvolgere genitori motivati per dare forma all’idea di scuola aperta e di un luogo nel quale incontrarsi e proporre alcune iniziative, consapevoli delle dimensioni della scuola e delle tante ferite del territorio. Alcune lezioni di educazione civica nella Casa di quartiere e nel Parco Buscicchio, la festa annuale in piazza Raffaello, ma anche passaggi importanti come l’adesione della scuola alla cooperativa “Legami di comunità” e l’approvazione del Patto di collaborazione per la gestione condivisa del Parco Buscicchio cominciano a orientare in modo molto interessante la relazione scuola-territorio. “Il fatto che la scuola stia guardando al Parco come la naturale prosecuzione dello spazio fisico e di senso dentro il quale realizzare attività e progetti – commenta Daniele – è il segnale più concreto dei passi che stiamo facendo in questa direzione”.
Del resto la scuola alcuni anni fa ha avvertito l’esigenza forte di aprirsi, di portare la scuola nel territorio. Ha cominciato con un evento dedicato ai diritti dei bambini da realizzare nel quartiere, nei giorni in cui avveniva l’omicidio Tedesco. “Malgrado le paure di alcuni genitori – racconta la dirigente scolastica – decidemmo di fare quell’iniziativa proprio in piazza Raffaello. Ci chiamò anche le Prefettura, non abituata a eventi di questo tipo… La manifestazione andò benissimo, fu colorata e partecipata, da allora è diventato un evento atteso del quartiere”.
Un’aula magna per la scuola aperta
Ci spostiamo in un’altra scuola per la terza tappa: con gli insegnanti, i genitori, la preside e i referenti di reti nazionali come Mo.Vi (capofila del progetto “Scuole Aperte Partecipate in Rete”) e Labsus c’è da mettere in comune proposte e punti di vista per modellare in modo significativo la dimensione di scuola aperta. Dopo la proiezione di un video che racconta l’esperienza dell’Associazione Genitori della Scuola Di Donato di Roma si anima una coinvolgente discussione. Costruire una comunità, favorire l’incontro tra generazioni e “culture” diverse, imparare a mettersi in gioco, vivere la scuola come luogo in cui incontrarsi, mettere a disposizione i propri saperi, fare della convivialità delle differenze, per dirla con Tonino Bello, un volano per abitare la scuola e il quartiere Sant’Elia in modo diverso sono alcuni “appositi sostegni” a cui aggrapparsi in questo cammino che, in realtà, a Sant’Elia è già iniziato. Non mancano proposte molte concrete e notizie interessanti: l’aula magna della scuola Leonardo da Vinci, dice Lucia Portolano, sarà data in gestione ai genitori per iniziative da promuovere negli orari extrascolastici. Insomma per far nascere una “piazza” non servono per forza grandi architetti e finanziamenti a pioggia. L’istituto comprensivo Sant’Elia/Commenda, inoltre, firmerà un protocollo con i Servizi sociali del Comune per consentire alla cooperative Legami di comunità di seguire alcuni ragazzi segnalati dal Tribunale dei minori: il futuro di violenza e povertà educativa non è una strada segnata. Nelle prossime settimane, intanto, verrà promosso un ciclo di incontri per genitori per approfondire il tema dell’adolescenza.
Il punto di svolta resta come coinvolgere i genitori. Dice Chiara, una mamma del quartiere: “Non sarà facile… Tra le tante mamme che frequento c’è molta generosità ma ancora poca abitudine a donare un pezzo del proprio tempo. Dobbiamo cominciare dai piccoli gruppi, come quello che promuove momenti di lettura per i bambini ogni settimana”.

Luci sul parco
La tappa successiva è nella Casa del quartiere. Quando arriviamo alcuni ragazzi e ragazze escono piuttosto contenti per le due ore del laboratorio di teatro, altri hanno già terminato le attività di rinforzo scolastico. C’è chi è pronto a scommettere che molto presto a Sant’Elia nascerà una compagnia teatrale: il nome c’è già “Sant’elia malatia”, espressione sempre più utilizzata dai ragazzi.
La Casa è costituita da un paio di stanze e da un accogliente salone in grado di ospitare molte persone. Alle attività con i ragazzi si affianca la portineria di comunità, per l’assistenza fiscale e socio-sanitaria di base ma anche per ritirare i propri pacchi o prenotare la consegna di farmaci e della spesa alimentare. Qui, naturalmente, vengono organizzate anche le attività manutenzione del verde e le attività sportive mettendo intorno a uno stesso tavolo diverse associazioni. “Una delle nostre più grandi vittorie è stata poter introdurre all’interno delle discipline sportive proposte al Parco il tennis, che è uno sport considerato d’élite, ma noi l’abbiamo reso popolare. Chi conosce questo sport si è messo a disposizione per insegnarlo ai nostri ragazzi. Non era scontato” aggiunge Paola.

La Casa è diventato un via vai di persone di età diverse. Le luci accese all’interno del Parco dopo alcuni anni favoriscono la partecipazione alle attività in qualsiasi momento della giornata. Una volta le riunioni si svolgevano sui gradoni del parco, appena colorati attraverso un laboratorio di street art partecipato, a pochi metri dalla Casa.
Durante le chiacchierata in cerchio con la cooperativa Legami di comunità si ragiona di partecipazione, di metodo del consenso per prendere le decisioni nella gestione della Casa e del Parco, delle differenze tra il Comitato di quartiere e la cooperativa di comunità, del bisogno di non separare la capacità di “fare” con quella di “gridare”, anche utilizzando il web, per ricordare le molte responsabilità delle istituzioni. Ovviamente si parla soprattutto dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze di Sant’Elia. Daniele sintetizza così la consapevolezza che anima la cooperativa: “Non si tratta di togliere i ragazzi dalla strada ma di viverla in modo diverso”.
A casa di Virgilio
In cima a una scalinata all’imboccatura del porto interno di Brindisi, accanto alla colonna che segna la fine della via Appia, c’è quella che probabilmente è stata la casa nella quale Virgilio si rifugiava di ritorno dai viaggi in Oriente e dove il poeta mantovano ha trascorso gli ultimi giorni di vita dopo un viaggio in Grecia. L’ultima tappa del tour, al porto, è l’occasione per osservare una città in lenta trasformazione.

L’impianto petrolchimico di Brindisi, complesso calato dall’alto in una zona nella quale erano tanti i senza reddito, costituito alla fine degli anni Cinquanta dalla Montecatini (poi fusa con la Edison) insieme alla centrale Enel a carbone (tra le più grandi d’Europa) hanno segnato la storia della città. Gli stabilimenti del petrolchimico occupavano un’area, tra spiagge e campagne, che era tre volte più estesa del centro abitato. Dopo il tempo delle lotte operaie, negli anni Settanta cominciò la crisi dell’impianto fino alla definitiva chiusura nel 2000: la Montecatini si è lasciata dietro è un’estesa area da bonificare.
Negli anni Novanta a fornire reddito è stato per molti il contrabbando delle sigarette: migliaia di persone campavano vendendo le “bionde” agli angoli delle strade, tanto che la città era nota con il soprannome di Marlboro City. Alcuni contrabbandieri si erano anche alleati con la Sacra Corona Unita per il trasporto di armi e droga dalle coste albanesi. Nel 2000, considerando che lo Stato sui tabacchi incassava quantità enormi (oggi 14 miliardi di euro l’anno, malgrado al fumo siano attribuibili oltre 90 mila morti, più o meno quelli della pandemia), con un’operazione che portò in città per diverse settimane quasi duemila uomini delle forze dell’ordine furono arrestate oltre cinquecento persone e centinaia denunciate, mettendo fine al contrabbando.
La faticosa ricerca di nuove vocazioni per la città di Brindisi, dopo il tempo dell’industria del fossile, passa certamente per la capacità dei cittadini di autorganizzarsi per sperimentare nuove forme di welfare, come quello su cui scommette Legami di comunità, e anche per un turismo leggero, come quello che potrebbe nascere intorno al porto (leggi anche l’intervista a Roberto Covolo La città del non ancora).

Quattro buone ragioni
Cosa è emerso in questo tour? Sono tante e assai robuste le ragioni per guardare con interesse a quanto si muove ai piani bassi di Sant’Elia. La prima ragione è la presenza di un gruppo di persone che conoscono bene il territorio e che hanno scelto di cambiare il mondo a partire dal proprio quartiere e dal suo parco: non si incontrano per rivendicare qualcosa o delegare e non sembrano propensi neanche ad attendere tempi migliori, il volto nuovo del quartiere, dicono, si fa ogni giorno, qui e ora, mettendo in comune saperi enormi (leggi anche L’arcipelago dei commons di Massimo De Angelis).
La seconda ragione è la capacità di questo territorio di ribaltare un terreno minato, quello dello sport: si possono fare attività sportive, dimostra il Centro polisportivo Buscicchio, in cui il profitto non è la stella polare da seguire, in cui numerose associazioni, solitamente in competizione per ritagliarsi qualche pezzetto di mercato, cooperano, ma soprattutto in cui lo sport diventa per tanti bambini e ragazzi un modo per contrastare solitudini e apatie, sempre più spesso trasformate in angosce e depressioni durante la pandemia.
La terza ragione ha a che fare con un’idea diversa di lavoro e con la determinazione tramite la quale tanti e tante cominciano a controllare i loro tempi di vita e i loro modi di fare, grazie anche all’aiuto reciproco e allo spirito di comunità. Il lavoro scelto, per quanto fragile dal punto di vista economico, motiva non poche persone, in grado di trovare senso in occupazioni basate sulla relazione con l’altro, e si intreccia in modo proficuo con tanto impegno volontario di altri.
La quarta ragione, infine, è l’avvio del percorso di scuola aperta e partecipata che coinvolge un istituto comprensivo grande come il Sant’Elia/Commenda e attori sociali come Legami di comunità. Intorno a quel percorso che lega scuola e territorio può rafforzarsi una comunità in grado di affrontare la vita di ogni giorno elaborando visioni e soluzioni che partono dall’esperienza delle persone e che si pensano come comunità educante. Pochi avrebbero immaginato tutto questo soltanto un paio di anni fa.