
Il fim Full time – Al cento per cento (À plein temps) documenta, con un flusso narrativo serrato e senza soste, la condizione di molte famiglie di oggi, in relazione alla necessità di conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro, in una società in cui i ritmi sono sempre più incalzanti e i mutamenti repentini, con palesi ricadute sulla qualità della vita delle persone, “assediate” costantemente da tensioni, stress e ansie che ne compromettono lo stato di salute psicofisica e il livello di benessere, sia soggettivo che relazionale.
Nel caso specifico della protagonista della pellicola, la condizione di madre separata con a carico due figli diventa un ulteriore elemento di complicazione nella gestione della routine. Infatti Julie ogni mattina si alza prima dell’alba, sveglia i bambini, prepara loro la colazione, li veste, li affida a una vicina di casa, che si occupa di accompagnarli a scuola e andarli a riprendere, in attesa del ritorno (a tarda ora) della mamma. La corsa è solo all’inizio, perché poi bisogna raggiungere il posto di lavoro con i mezzi pubblici dalla campagna al centro della città, coordinare lo staff in albergo, pulire e predisporre le camere per i nuovi ospiti in arrivo, soddisfare le varie richieste organizzative. Il rientro a casa, a fine giornata, è di nuovo col buio, ci sono i figli da recuperare e la cena da preparare. Le energie a questo punto sono ridotte al lumicino e il crollo a letto, per la stanchezza accumulata, è imminente.
Ogni giornata scorre così, in un loop senza tregua e col fiato sempre corto. Ma i problemi non finiscono qui. Uno stipendio fisso sembra non bastare mai: anche gli acquisti per il materiale didattico e l’organizzazione di una festa di compleanno mettono in seria e imbarazzante difficoltà il genitore, soprattutto quando il conto corrente è azzerato e l’altro genitore non collabora puntualmente con la sua quota, né tantomeno risponde al telefono o si fa vivo per dare una mano. Ci sono poi le responsabilità e le pressioni del lavoro, con la direzione dell’albergo sempre meno disposta a tollerare i ritardi e gli escamotage di Julie per rispondere ai doveri familiari. E se sorgono ulteriori imprevisti, come uno sciopero a oltranza dei mezzi di trasporto, o la decisione dell’anziana vicina di rinunciare per motivi di salute al suo ruolo di baby sitter, la situazione diventa davvero esplosiva e la nostra protagonista rischia di soccombere.
Nonostante tutte queste fatiche e ostacoli, la donna tenta eroicamente di far leva su ogni risorsa ed energia residua per uscire dall’incubo che sta vivendo. Così come risulta prezioso ogni aiuto che riceve nell’infernale lotta quotidiana: i vicini di casa per la cura dei bambini e le manutenzioni domestiche, un’amica di vecchia data col suo conforto morale, altri lavoratori che raggiungono il centro città in automobile e offrono un passaggio a chi è a piedi, a dimostrazione di come i meccanismi di solidarietà e fiducia reciproca siano fondamentali per la tenuta della coesione sociale.
L’unica finestra di speranza per un futuro diverso sembra rappresentata dalla volontà di Julie di cercare a tutti i costi un nuovo lavoro, più remunerativo e soprattutto adeguato alla sua formazione (e passato professionale), nel settore del marketing e delle analisi di mercato: ma anche cambiare occupazione non è un’impresa facile, bisogna sempre insistere e restare appesi al filo delle decisioni altrui, passando per lo smarrimento e la disperazione…
Partendo da questa vicenda esemplare di una condizione di precarietà esistenziale ormai pervasiva e “normalizzata”, raccontata sempre più anche nella cinematografia contemporanea, è evidente come siano necessari interventi strutturali da parte della governance politica per sostenere le famiglie nell’organizzazione quotidiana, nell’integrazione sociale e nei percorsi di crescita, anche attraverso “comunità educanti” funzionali a ridurre il peso di tutte le incombenze sui soli genitori. Urge inoltre frenare o invertire il trend di decremento demografico certificato ogni anno da ineludibili dati statistici (si vedano, a tal proposito, i rapporti Istat e Censis): il tasso di natalità è ormai ai minimi storici, la popolazione italiana sta invecchiando progressivamente e nei prossimi anni il rapporto tra cittadini attivi e inattivi (dal punto di vista occupazionale) sarà sempre meno sostenibile per poter garantire servizi essenziali a tutti (si pensi a previdenza sociale e sanità in primis).
Full time – Al cento per cento
(À plein temps)
Regia: Eric Gravel – Sceneggiatura: Eric Gravel
Interpreti: Laure Calamy, Anne Suarez, Geneviève Mnich, Nolan Arizmendi, Sasha Lemaitre Cremaschi, Cyril Gueï
Origine: Francia, 2021 – Durata: 87 min
Pubblicato sul trimestrale Conflitti del CPP, diretto da Daniele Novara. Dal 2023 la rivista è diventata digitale per gli iscritti alla Newsletter. Tutte le informazioni sulla rivista e su come sostenere il suo prezioso lavoro ventennale sui temi educativi sono leggibili qui.
LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI M. CALABRIA E G. CARMOSINO:
LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI LEA MELANDRI: