La scuola è, o dovrebbe essere, un punto di riferimento culturale, sociale e relazionale del territorio. Dobbiamo imparare a prenderci cura e a vivere le strutture architettoniche scolastiche come luoghi polifunzionali, perché possono operare ogni giorno non solo come biblioteche pubbliche ma, a cominciare dalle palestre e dai cortili, come spazi per attività curricolari ed extra curricolari al servizio di tutti i cittadini. La contaminazione scuola e territorio è già presente in molte aree del paese. “La scuola si apre al territorio e il territorio si apre alla scuola – scrive Giovanni Del Bene in La Scuola al Centro, edito da Fabbrica dei Segni* – E diventa luogo di scoperta, di indagine, di incontro, perché il territorio è il laboratorio concreto e pratico che serve a ogni alunno per sviluppare la competenza del buon cittadino…”
Utilizziamo per questo paragrafo il motto per antonomasia dei Gestaltisti: “Il tutto è più della somma delle singole parti” e significa che la totalità del percepito è caratterizzato non solo dalla somma delle singole attivazioni sensoriali, ma da qualcosa di più. Se si vuole trarre il massimo risultato da una relazione sociale è necessario impegnarci veramente ad essere di beneficio all’altro. Perché insieme si forma qualcosa di più di due individualità. Oltre che una teoria alla base della psicologia gestaltica, è anche una legge di natura: si pensi alle situazioni di simbiosi di molti esseri viventi.
Quando due esseri scambiano le loro interazioni incontrandosi, si influenzano l’un l’altro dando vita a qualcosa di più di quello che sarebbero separatamente. Questo “qualcosa” avvolge entrambi e non è più separabile da nessuno dei due, in modo tale che essere di beneficio per l’altro è come essere di beneficio per sé stessi. E se gli individui che interagiscono sono più di due, cioè un gruppo, si deve anche considerare la teoria di Kurt Lewin:
“Il gruppo sociale è una totalità dinamica basata sull’interdipendenza dei suoi membri, piuttosto che sulla loro individualità. L’interazione tiene insieme i partecipanti, che diventano una distinta unità con una propria identità sociale” (Lewin Kurt, scritti di, a cura di P. Colucci, La teoria, la ricerca, l’intervento, Il Mulino).
Ci si può rifare anche al concetto di comunità sociale: in un senso più propriamente sociologico, il termine “comunità” indica un insieme di individui legati da caratteristiche comuni, riconosciute dagli individui stessi. Tradizionalmente queste caratteristiche sono: la condivisione di un ambiente fisico e la presenza di determinate dinamiche relazionali.
Comunità è una parola di origine latina: viene da comunitas, derivato da communis “munus (che compie il suo incarico) e cum (insieme ad altri)”. La parola è presente nella lingua italiana sin dal 13° secolo. Analizziamo ora la differenza tra una comunità e una “società”: nella comunità i rapporti sono, o dovrebbero essere, caldi, affettivi, empatici, amicali, poiché trattasi di un gruppo di persone abbastanza ristretto, che perseguono lo stesso obiettivo. Nella società i rapporti sono burocratici, organizzativi, istituzionali, impersonali. Il sistema basato sulla comunità ha una natura olistica, dove il tutto è visto come un organismo vivente e non un insieme di individui. La società invece è meccanica, individualista e si riconosce in un sentimento di appartenenza geografica e/o culturale ed economica.
Se passiamo alla definizione di Comunità Educativa, ci si può riferire ad una struttura di accoglienza, pubblica o privata, con finalità educative assicurate in forma continuativa, attraverso le azioni di personale qualificato.
Quindi, dopo queste brevi considerazioni sul significato dei termini Comunità e Società, la scuola che noi conosciamo nel nostro Paese, è una comunità o una società? O tutte e due?
L’analisi è molto interessante e complessa: infatti la scuola in realtà è un sistema comunitario, con regole, obiettivi, strategie e relazioni affettive, inserito e circondato da un più ampio contesto che è il contesto sociale, da cui dipende e a cui si riferisce. I fruitori della scuola, gli alunni, arrivano dal sistema sociale esterno, entrano nel sistema/scuola e, dopo un certo periodo, ritornano, con altre caratteristiche e competenze, nel sistema sociale “esterno”.
Io amo definire la scuola come una specie di Stazione ferroviaria speciale e particolare, nella quale arrivano i treni generazionali, carichi di passeggeri sempre nuovi ma con esigenze sempre diverse che, passato un certo periodo nella Stazione, riprenderanno treni in partenza, che li trasporteranno negli Altri Paesi sociali della loro esistenza. E la Stazione però deve sempre essere all’altezza delle necessità e della tipologia dei viaggiatori, facendo in modo che la loro permanenza nella grande struttura di accoglienza, sia gradevole e interessante e costruttiva.
Riprendendo i due termini precedentemente analizzati, sicuramente la scuola è una comunità, ma essendo una struttura diffusa in tutto il Paese ha caratteristiche anche di struttura sociale con funzionamento organizzativo, economico, burocratico ed istituzionale. E ciò è corretto e necessario per permettere il funzionamento di una struttura tanto vasta e complessa. Per avere un contesto di regole e di riferimenti legali e normativi comuni. Tuttavia, ogni singola autonomia scolastica, nella sua specificità, è una comunità a tutti gli effetti e spesso, l’applicazione incondizionata solo di norme e strutture burocratiche penalizza l’attività elettiva della scuola che è l’azione educativa: squisitamente olistica e relazionale.
Inoltre la definizione di comunità, che si può riferire ad ogni autonomia scolastica, comprende, oltre agli utenti/alunni, anche le figure inserite nel funzionamento della struttura scolastica (dirigente scolastico, organi collegiali, personale docente, personale ATA) cioè le figure di sistema che provvedono al funzionamento del sistema stesso. Queste sono le uniche figure della comunità/scuola o esistono anche figure intermedie che agiscono, consciamente o inconsciamente, sulla comunità scolastica? Sicuramente sì. Anche se tali figure intermedie non hanno l’imprinting istituzionale formale ma influenzano ciò nonostante gli aspetti della Comunità Educativa. E tali figure sono: i genitori, parte fondamentale del rapporto educativo, gli educatori, le associazioni del terzo settore che intervengono in momenti particolari, le istituzioni locali (comune e municipi), i servizi esterni, le organizzazioni e le strutture culturali. In termini generali il territorio che circonda la scuola.
Per cui un’ autonomia scolastica, in una cittadina, in un quartiere di una grande città, in un paese rurale interagisce, consapevolmente o inconsapevolmente con il territorio che la circonda e forma con lo stesso una comunità molto importante. Poiché la scuola è, o dovrebbe essere, un punto di riferimento culturale, sociale e relazionale. Il centro di riferimento del territorio stesso.
Abbiamo già accennato che le strutture architettoniche scolastiche sono il patrimonio più ricco del nostro Paese. Ed inoltre possono essere anche polifunzionali: possono operare come biblioteche pubbliche, possono usare le palestre per attività curricolare ed extra curricolari ma anche al servizio dei cittadini, per esempio anziani che possono fare una attività motoria mirata possono usare aule non utilizzate durante la scuola curricolare, per svolgere attività di insegnamento della lingua italiana ad adulti stranieri (tale attività è presente in alcune scuole milanesi come progetto “Mamme a scuola”, svolto appunto da una associazione del terzo settore).
La contaminazione scuola e territorio è presente in molte aree del nostro paese e in alcune realtà sta assumendo una caratteristica sistemica e organizzata: nascono patti educativi territoriali, associazioni di genitori legalmente costituite che operano in convenzione con l’istituzione scolastica per attività di ampliamento dell’offerta formativa, strutture culturali esterne, musicali e/o sportive che sviluppano progetti extracurricolari per aumentare le competenze degli alunni e le loro life skills.
Di fatto tale contaminazione dà origine a una vera e propria Comunità Educante, con tutte le caratteristiche sopra descritte di Comunità, cioè: aumento della possibilità di relazionarsi dentro /fuori dalla scuola, aumento delle possibilità di relazione degli alunni, in contesti diversi dal contesto-classe, aumento delle abilità e aumento delle competenze, diverse dalle conoscenze teoriche, aumento dell’offerta formativa e lotta alla fragilità ed alla povertà educativa.
La scuola si apre al territorio e il territorio si apre alla scuola. E diventa luogo di scoperta, di indagine, di incontro, perché il territorio è il laboratorio concreto e pratico che serve ad ogni alunno per sviluppare la competenza del buon cittadino.
*Questo paragrafo (titolo originale completo “L’insieme è maggiore della somma delle parti: Scuola e Territorio”) fa parte di La scuola al centro (ed. Fabbrica dei Segni), un libro di Giovanni Del Bene, Angelo Lucio Rossi e Rossella Viaconzi