La morte di Satnam Singh interroga anche studenti, insegnanti e società civile. La scuola è chiamata sempre di più ad aprirsi al racconto di storie che costringono a pensare e a immaginare mondi diversi: le storie delle lotte dei diritti dei lavoratori, le storie degli studenti che vivono in famiglie con difficoltà economiche e sono costretti a lavorare, le storie di schiavitù moderna, le storie dei tanti e tante invisibili che abitano le nostre città e le nostre campagne
Satnam Singh faceva il bracciante. Con lui, nella stessa azienda agricola, lavorava la moglie. Qualche giorno fa il braccio di Satnam è rimasto tranciato dentro un macchinario. Di fronte alle urla e al sangue, il datore di lavoro ha pensato bene di caricare Satnam e la moglie sul pulmino e abbandonarli per strada. La donna ha chiesto aiuto e qualcuno ha chiamato il 118. Satnam è stato portato in condizioni disperate in ospedale, ma i medici non sono riusciti a salvarlo.
Gli incidenti sul lavoro sono purtroppo quotidiani e interrogano tutti, scuola compresa, dove sono successi episodi gravissimi anche durante gli stage. Su questo tema nessuno fa quello che deve. È invece urgente che ognuno svolga la propria parte. A scuola si potrebbero fare moltissime cose.
Innanzitutto, prevedere l’insegnamento delle discipline giuridiche in tutti gli indirizzi di studio. Personalmente trovo scandaloso che non siano presenti in quasi nessun liceo. Dovremmo poi spiegare agli studenti i diritti che hanno sul lavoro e aiutarli a capire come tutelarli. Per questo potremmo avvalerci delle competenze sindacali.
Ma soprattutto dovremmo raccontare storie.
Le storie dei datori di lavoro, per comprendere quali regole e procedure potrebbero consentire di perseguire gli “schiavisti” e garantire ai lavoratori retribuzioni dignitose in condizioni di sicurezza.
Le storie degli studenti che vivono in famiglie con difficoltà economiche e sono costretti a lavorare giovanissimi per dare una mano a casa. Spesso in nero e spessissimo sottopagati.
Le storie positive, che pure ci sono. Di datori di lavoro che accolgono gli studenti in stage, se ne prendono cura, umanamente e professionalmente, e propongono loro contratti regolari una volta usciti da scuola.
E poi le storie di schiavitù. Le storie di quelli come Satnam, che vivono ai margini delle nostre belle città in alloggi indecorosi, pagati pochi euro al giorno per lavori faticosissimi e rischiosissimi. Sono le storie di chi bada ai nostri anziani e ai nostri bambini, di chi ristruttura le nostre case, di chi raccoglie e prepara i prodotti che mettiamo in tavola. I loro figli vengono nelle nostre scuole. Eppure, ai nostri occhi sono invisibili.
Ecco, riportare davanti agli occhi, nostri e dei nostri studenti, le storie di lavoro che quotidianamente facciamo finta di non vedere. Questo l’impegno che tutti noi dovremmo prendere per il prossimo anno scolastico. In memoria dei tanti Satnam caduti sul lavoro.
Ludovico Arte, è preside dell’istituto Marco Polo di Firenze.
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