Per quei quattro quindicenni indisponenti e difficili da contenere, un gruppo di insegnanti e di operatori, esperti di educazione all’aperto, della periferia romana ha scelto una strada meno facile della sospensione e della probabile conseguente bocciatura. È cominciato così un percorso breve ma appassionato e delicato: i ragazzi sono stati accompagnati dagli educatori nello studio e sono stati inseriti come tutor in una scuola di atletica per bambini. Il cambiamento è stato evidente. Un inedito percorso di educazione diffusa e di comunità – quella che con ostinazione Associazione daSud costruisce da tempo con Via Libera, Cooperativa Diversamente e molti altri – in grado di arrivare dove la scuola non riesce. «L’ultimo giorno gli abbiamo chiesto simbolicamente un ultimo sforzo – scrive Loris Antonelli – una corsa, il giro di campo, circa 400 metri, quello che in atletica si chiama “il giro della morte”, perché se lo corri con pienezza arrivi senza più fiato, con il cuore in gola e le gambe molli. Ci piace pensare che da qui potremo ripartire con loro, dall’idea che per ottenere i risultati dovranno provare a fare di più, ad arrivare fino in fondo senza fiato e con il cuore in gola…»
Nel mese di maggio era il momento di tirare le somme di un anno intenso di lavoro a scuola, eppure avevamo ancora un ultimo round di uscite con diverse prime superiori. Siamo a Cinecittà, nella periferia sud-est di Roma, in un parco, con una prima dell’istituto superiore Enzo Ferrari per le attività di educazione all’aperto: mentre siamo già proiettati a ragionare su cosa ha funzionato quest’anno e cosa possiamo migliorare per il prossimo, scopriamo, che nel pomeriggio ci sarà il consiglio disciplinare per quattro alunni fra quelli che sono con noi, che avendo accumulato note e richiami vanno dritti verso una sospensione, e quindi una quasi certa bocciatura.
I quattro quindicenni in questione sono indisponenti e difficili da contenere, soprattutto due di loro, ma il professore presente non si arrende a questa idea, e ci chiede se possiamo aiutarli, sapendo che ne stiamo già seguendo altri quattro-cinque… “Con voi hanno una relazione”, dice, ed effettivamente nonostante sia solo la terza volta che li vediamo la relazione c’è. Con le classi delle superiori in molti casi il progetto #primaleprime ci ha permesso di impegnarli solo per tre mattinate, sono stati sempre in Dad, ma sono stati incontri intensi, nei quali siamo riusciti a costruire almeno le basi della relazione con loro.
E così succede che alcuni professori accettano di giocarsi una ultima carta per dare ai ragazzi una possibilità alternativa, e ci invitano a partecipare al Consiglio disciplinare.
Ci sono gli insegnanti, gli alunni, i genitori. Ognuno con una sua storia e una sua presunta ragione. Ogni alunno è un singolo Consiglio disciplinare, in cui si discutono le ragioni dell’intervento e si ascoltano le ragioni di alunni e insegnanti, e così, in maniera quasi inaspettata, il Consiglio delibera, invece della sospensione, di strutturare le settimane rimaste fra studio assistito e attività “socialmente utili”, accogliendo con fiducia la nostra proposta e la dichiarazione di impegno dei ragazzi e dei loro genitori. Alcuni hanno molte materie da recuperare, altri meno, ma la decisione è che tutti e quattro debbano restituire con il loro impegno verso la comunità la fiducia che gli insegnanti gli stanno accordando, e il tutto senza garanzie di promozione, solo per tenere aperta una partita che sembrava chiusa.
È cominciato così un percorso appassionato, delicato e complesso. Li abbiamo accompagnato nello studio, facendo un programma specifico per ognuno di loro, raccordando continuamente il nostro lavoro con quello degli insegnanti e con le loro indicazioni, e li abbiamo soprattutto inseriti come tutor nella Scuola di atletica per bambini gestita da Runner trainer, che ormai collabora stabilmente nelle attività educative che proponiamo come ÀP, Accademia Popolare dell’Antimafia e dei Diritti (AP). Per cinque-sei incontri hanno dovuto aiutare gli istruttori nelle lezioni con i bambini, ognuno affidato a un gruppo differente, e poi proporre loro stessi un’attività finale nell’ultimo incontro.
Abbiamo fatto un miracolo? No. Alcune cose sono andate molto bene, altre così così, il cambiamento è stato evidente, su diverse materie hanno recuperato, il comportamento è migliorato. Naturalmente affinché ci sia una trasformazione profonda servono tempo e molte energie. Intanto il miracolo vero lo hanno fatto gli insegnanti, che hanno messo da parte le fatiche accumulate nel tentativo di gestire una classe molto tosta, e le loro giustificate frustrazioni di adulti di fronte a continue provocazioni, per seguire una strada nuova e offrire ai ragazzi un’altra chance.
Ragazzi e genitori hanno prodotto insieme uno sforzo per partecipare a questo programma, che se pur costretto in tre sole settimane è stato molto intenso. Son venuti a studiare di domenica e durante il Ponte, a volte la mattina dalle 8 alle 10, prima di entrare a scuola. Lo hanno fatto con piacere? Non sempre, al netto delle gratificazioni di prendere finalmente buoni voti ed essere seguiti da adulti accoglienti e disponibili.
Di certo è stata una risposta diversa di educazione diffusa e di comunità, quella che con ostinazione cerchiamo di costruire ogni giorni in molti modi, nella quale Associazione daSud ha sempre creduto mettendo radici a Don Bosco, e con Via Libera, Cooperativa Diversamente e tanti altri stiamo coltivando perché dia i suoi frutti. Una comunità che ha messo insieme insegnanti disposti a sperimentare e operatori che hanno aggiunto questi impegni alle agende già piene.
Comunque si chiuda questo anno scolastico, per i ragazzi che abbiamo cercato di tenere a bordo, sappiamo che il prossimo anno proveremo a fare di più e meglio. Non siamo certi che nessuno di loro e degli altri che abbiamo seguito siano riusciti a scongiurare la bocciatura, ma ci hanno provato, e noi con loro.
Sabato, nell’ultimo incontro alla scuola di atletica, dopo le attività con i bambini e le bambine dopo un feed back per ognuno di loro, prima di salutarli, gli abbiamo chiesto simbolicamente un ultimo sforzo, una corsa, il giro di campo, circa 400 metri, quello che in atletica si chiama “il giro della morte”, perché se lo corri con pienezza arrivi senza più fiato, con il cuore in gola e le gambe molli. Ci piace pensare che da qui potremo ripartire con loro, dall’idea che per ottenere i risultati dovranno provare a fare di più, ad arrivare fino in fondo senza fiato e con il cuore in gola.