Se educare è prima di tutto accogliere a livello territoriale l’esistenza, elaborare pensiero critico, mettere in discussione un futuro triste già scritto allora abbiamo bisogno come l’aria di nuove avventure pedagogico-politiche che nascono in basso. Come Crepa, uno spazio di relazioni, pratiche e ricerca che mette insieme esperienze di città diverse (Alba, Torino, Bergamo, Udine, Bologna, Recanati, Roma, Ciampino, Napoli) ma anche educatrici, operatori sociali, insegnanti, artiste, gente di teatro, grafici, progettiste ambientali, filosofi… e bambini e bambine, ragazzi e ragazze, giovani. C’è bisogno di allargare lo sguardo e di farlo insieme. Forse ha ragione Emma di Chi rom e chi no di Napoli, basta un gessetto per cominciare a ridisegnare il mondo

Per un diritto alla città pedagogico:
un metodo e un movimento
Nasce Crepa: perché e insieme a chi
Il 25 e 26 marzo è nato Crepa. No, non si tratta solo di un ossimoro, ma di un collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche. Il senso è quello di “fare pedagogia politica” con un gruppo dalle diverse attitudini e provenienze (educatrici, operatori sociali e insegnanti sicuramente, ma anche artiste, gente di teatro, grafici, progettiste ambientali, filosofi …) per restare alla larga da specialismi e logiche da esperti di ambito.
Crepa vuole unire percorsi di militanza politica, cittadinanze attive, pratiche e ricerche pedagogiche e allo stesso tempo “mettere le mani in pasta” lavorando concretamente a livello educativo nei vari contesti e territori (con bambine e bambini, ragazze, ragazzi e giovani). Una sorta di mutualismo educativo, che mischi e colleghi pratiche reali, incarnate e vissute in risposta a bisogni collettivi ad una propedeutica di cambiamento e emancipazione generale.
Crediamo sia proprio questo collegare e agire un lavoro educativo che si ri-politicizza, e una politica che parte dalle contraddizioni e condizioni reali di vita, il nostro rischio, la nostra voce nel mondo per tentare di resistere nella società attuale e immaginare e dare sostanza a delle possibilità di alternativa al capitalismo mortifero e imperante.
Crepa vuole realizzarsi quindi come un’avventura pedagogico-politica, che a partire dalle relazioni e dalla messa in comune delle nostre esistenze, sviluppi Soggetti (in primis noi stessi!) e contesti (scuole, comunità, città, territori) desiderabili e a misura di tutte e tutti, a partire da bambine, bambini e giovani.
Crepa affonda le sue radici ad Alba e, pur essendo legata per relazioni e operatività alla zona delle Langhe e del Roero, ha l’ambizione e l’aspirazione (già molto concrete) di avere più ampio respiro e creare intrecci e connessioni territoriali nazionali. Non ci interessa uno “sprovincializzarci” snobistico e frutto di logiche espansionistiche di mercato. Il nostro è un onesto allargare lo sguardo per la necessità di dare una risposta al senso di inadeguatezza che ci pervade nell’affrontare e rispondere efficacemente alle oppressioni, ingiustizie e disuguaglianze varie.
Per questo, nella nostra due giorni di inaugurazione operativa abbiamo deciso di far nascere (quasi simbioticamente) un metodo, un percorso e un piccolo movimento nazionale dal nome “Diritto alla città pedagogico”. Di questo percorso fanno parte insieme a noi, Acmos Torino, Canicola edizioni Bologna, Centro Fonti San Lorenzo Recanati, Chi rom e chi no Napoli, Collettivo Franco Bologna, Dopolis Scuola popolare Ciampino, Get Up Udine, Scuola Popolare A testa alta San Basilio Roma, Scuola popolare Carla Verbano Puzzle Lab Roma, Scuola popolare Tor bella Monaca Roma, Scuola popolare Spin Time Roma, Teatro Caverna Bergamo e il Laboratorio Welfare Pubblico.
Che cosa ha spinto tutte queste realtà a partecipare?
«Abbiamo deciso di partecipare perché a Recanati lavoriamo sulla comunità, quartiere educante, dove ognuno di noi gioca un ruolo anche educativo. Una delle frasi che usiamo spesso e che è diventata definizione di quello che facciamo è “per crescere un bambin* ci vuole un intero villaggio”. Mettersi in rete con altre realtà, che agiscono in contesti diversi, fa sì che tutti ci arricchiamo di modi di fare e strumenti e che le nostre richieste/rivendicazioni possano avere un senso più globale»
– Maria, Centro Fonti San Lorenzo
«Abbiamo deciso di partecipare perché è un movimento per trasmettere la cittadinanza ai cittadini, che ormai viene data per scontata dai medesimi. Per insegnare come riprendersi il potere decisionale da cittadino. Perché siamo educatori e educatrici che si muovono insieme»
– Sara, Scuola pop San Basilio
«Incontrarsi per caso due volte in due contesti che si occupano di cultura, di pedagogia, politica (e molto altro) non può essere certamente un caso. Significa che dentro di noi, a livello nazionale, si agitano diverse inquietudini che riguardano il nostro fare e pensare quotidiano e desideri dirompenti di incidere, davvero, a livello sistemico. Accostare le parole pedagogia/politica/diritti/città e tradurle in visioni pratiche territoriali è un po’ il nostro folle mestiere, ma uscire dalla autoreferenzialità dei contesti locali, confrontarsi e crescere è una doverosa e ulteriore assunzione di responsabilità»
– Emma, Chi rom e chi no
«L’idea di creare delle attività con cui i/le partecipanti del campo costruiscono l’identità del luogo e preparano in modo partecipativo e creativo la restituzione di questa esperienza, è sicuramente un’idea interessante e che riflette il percorso fatto dalle diverse realtà che si sono incontrate»
– Federico, Collettivo Franco
«Abbiamo deciso di partecipare perché abbiamo partecipato negli ultimi due anni al progetto del Diritto alla città pedagogica: per contribuire alla creazione di un luogo e di una rete sociale adatta a tutti e tutte, con l’obiettivo primario di costruire una società sempre più equa e sempre più giusta attraverso l’appropriazione del proprio territorio e delle leggi (normative e di fatto) che lo governano»
– Serena, Scuola pop Tor Bella Monaca
«Perché partecipare? Per porsi in discussione, nella diversità si cresce. Credo sia questo il concetto base che mi ha spinto ad esserci. E la voglia di incontrare altre realtà, anche altre esperienze con cui incrociare educazione e arte»
– Damiano, Teatro Caverna
«A noi Edu Pop di Ciampino ci ha spinto a partecipare l’ispirazione alla base di Crepa, cioè la volontà di legare l’azione educativa con quella politica associandola a un metodo quale è quello dell’inchiesta sociale. Già da qualche anno stiamo lavorando come Scuola Popolare Dopolis a tenere unita la pratica educativa popolare di tutti i giorni con le vertenze e le lotte politiche che conduce l’associazione Officine Civiche APS. La scuola popolare è educazione alla trasformazione sociale tramite gli strumenti della politica locale. Lo strumento dell’inchiesta ci ha appassionato perché unisce la fame di capire e scoprire dei ragazzi e ragazze di Dopolis con l’amore per la nostra città di Ciampino. In questo modo è possibile dare uno slancio a Dopolis come comunità che lotta e cambia il mondo!»
– Andrea, Dopolis
«La scelta di iniziare a far parte di questo percorso è stata dettata dalla presenza di istanze e interrogativi comuni. All’interno della nostra Associazione il tema del riconoscimento del nostro lavoro e del nostro ruolo è punto centrale, e vede * ragazz* attori/attrici protagonist* delle pratiche educative. L’occupazione degli spazi del nostro quartiere, e quindi la loro riqualifica, si posiziona in molti nostri progetti a seguito anche dell’esigenza sempre più forte di chi li abita. Più corpi vicini possono tendere al cambiamento che desideriamo»
– Lucia, GetUp
«La curiosità e la voglia di condividere, insieme a diverse realtà, le pratiche e gli obiettivi che perseguiamo. Sebbene viviamo e operiamo in contesti differenti, abbiamo lo stesso filone di pensiero, ovvero la cura di persone attive e pensanti»
– Rosa, Spin Time
«Viviamo in un contesto in cui i ragazzi e le ragazze hanno un’idea di città limitata al loro quartiere e alla loro famiglia. Non hanno aspettative di crescita personale legata alla città in cui vivono quindi non sanno di aver diritto ad essa. Per noi incontrare altre realtà è un modo per costruire al meglio un percorso che li renda sempre più protagonisti di loro stessi e in conseguenza del loro ambiente»
– Chiara, Acmos
«Mi ha spinto soprattutto l’energia che sentivo nelle parole di chi mi ha invitato. Cosa ci sentivo risuonare? Il desiderio di tenere assieme e annodare percorsi diversi. Una combinazione particolare tra il sentimento di una meta in comune e lo spazio per strade diverse per arrivarci. La voglia di ricevere ispirazione su come si può animare un percorso collettivo. Il desiderio di stringere legami, intrecciarli e sentirmi dentro una storia e un percorso non solo miei»
– Davide, Laboratorio Welfare Pubblico
Una “due giorni” assembleare con l’intervento di ragazze e ragazzi: lo snodo fondativo del percorso
Quello che vi state apprestando a leggere quindi è il Report di questo rito collettivo che ha sancito un costituirsi assembleare frutto di un anno di riflessioni e riunioni dal vivo e online in cui ci siamo incontrati, annusati, letti e vissuti.
Un’assemblea (e non una Rete) perché ci piace sottolineare che il Diritto alla città pedagogico vuole giocarsi in un generoso e difficilissimo andare oltre noi stessi. Un aprirsi agli Altri che vorrebbe rifuggire da logiche di conferma, conformazione, identificazione e (pseudo) distinzione su noiose, inutili e perniciose questioni puramente teoriche (come spesso capita nei parolai reticolari).
Un piccolo movimento che vorrebbe “praticare l’obiettivo” come diceva il grande sindacalista piemontese Pino Ferraris, intendendo con ciò la voglia di sperimentare una pedagogia e una politica che siano propedeutiche a un cambiamento radicale della società, non in modo dogmatico, didattico e contenutistico, ma provando a far nascere il sentimento di una critica e di una ricerca pratica alternativa all’esistente per le nostre vite alienate e sfruttate.
I gruppi e le persone che si sono ritrovate condividono quindi questo slancio, questa ricerca e “con-fusione” tra lavoro e militanza e/o viceversa, questa postura che si vuole incarnata nelle contraddizioni esistenti e reali.
Nessuna purezza ideologica, nessuna affinità elettiva almeno inizialmente, ma un dimenarsi comune per tentare di resistere ad un’inquietudine sempre più assillante tra le dinamiche sociali e politiche tra chi continua a non accettare lo stato di cose presenti.
E allora proviamo a raccontare, almeno per sommi capi, questa festa di due giorni, dove anche l’elemento conviviale ha avuto la sua centralità…
Il primo nodo che abbiamo cercato di sviluppare tra dinamica locale (Crepa) e quella nazionale (Diritto alla città pedagogico) è quello relativo al welfare.
Ci siamo ritrovati quindi nella piazza centrale di Alba, sotto il Comune per richiedere l’istituzione di un Tavolo delle politiche educative. Ciò che abbiamo sottolineato nel nostro intervento con volantini, megafono e un “tavolo” di legno simbolico è l’assenza di una visione dell’intervento pubblico sul tema, vizio di origine di una estemporaneità e debolezza progettuale pedagogica, la scarsa dotazione di fondi e la precarietà contrattuale dei lavoratori del settore.
Abbiamo chiesto un percorso di attivazione delle politiche giovanili che miri a valorizzarle e a renderle più adeguate. Ecco alcuni punti e proposte che ci paiono determinanti come innesco per una discussione operativa: elaborazione di una progettualità complessiva del servizio sul territorio (la pedagogia sociale e l’educazione extrascolastica come bene comune al pari della scuola e della sanità), dotazione di maggiori risorse economiche, coinvolgimento nell’elaborazione del progetto di tutti i soggetti coinvolti, bambini/e e giovani in primis (l’inchiesta socioanalitica potrebbe essere un ausilio importante), miglioramento della condizione economica e contrattuale dei lavoratori del settore (la soluzione potrebbe essere una loro internalizzazione pubblica…).
Sappiamo, pur con le dovute differenze, che la dinamica è sostanzialmente molto simile (soprattutto per quanto riguarda la carenza di fondi, la precarietà dei lavoratori e dell’impostazione pedagogica debole) in tutta Italia e quindi abbiamo rilanciato l’idea di condividere una piattaforma nazionale che nascerà da un collage scomposto di richieste locali: una sommatoria potenzialmente innervata dai conflitti territoriali nel tentativo di realizzarla. Il Diritto alla città pedagogico come metodo e come movimento che vuole unire in maniera partecipata le varie realtà chiedendoci di intervenire attivamente con spunti, riflessioni, osservazioni e stimoli su ogni dinamica locale. Pur sapendo che il mancato radicamento e conoscenza potrebbe portare a proposte sghembe e naif, allo stesso tempo crediamo che lo sguardo “da fuori” potrebbe offrire suggestioni e prospettive altrimenti impossibili e potenzialmente feconde. È in questo quadro che si inserisce la preziosa e amplificante presenza nel percorso del Laboratorio welfare pubblico, il quale è un ulteriore tentativo assembleare che unisce ricercatori universitari, attiviste e lavoratrici del settore sociale per una mappatura, un ripensamento, una riflessione e un’azione di contrasto alle logiche privatistiche sempre più innervanti nel settore.
“è stato un momento in cui abbiamo cercato di parlare a tanti” Davide – Laboratorio Welfare Pubblico
Nel pomeriggio del sabato poi ci siamo immersi nella dimensione più pedagogico politica del nostro percorso.
Insieme ai ragazzi e alle ragazze coinvolte nei progetti già attivi di Crepa abbiamo voluto agire il diritto alla città in maniera concreta sviluppando tre azioni pedagogiche, culturali, artistiche e politiche in tre zone della città di Alba in cui per modalità diverse questo diritto è negato. Il nodo per noi (un aspetto che abbiamo sviluppato nei mesi di lavoro insieme) è che i ragazzi e le ragazze si sentano già sulla strada del divenire Soggetti comunitari (e quindi in parte conoscitori del loro ambiente di vita su cui poter agire creativamente). L’idea è quella di stabilire una relazione calda, schierarci e rendere chiara la nostra implicazione e la nostra posizione sui temi cari sia a loro che a noi. Il nostro metodo prevede di sviluppare attraverso un’inchiesta ludica e socioanalitica, l’emersione e la condivisione comunitaria delle tematiche rilevanti attraverso strumenti artistici e culturali: una prassi di trasformazione di polis effettiva e tangibile per rendere concreta quella avventura pedagogica delineata precedentemente.
– “Qui dove c’era l’erba ora c’è l’ennesimo supermercato!” I nostri sogni volano altrove!
È la prima pratica che abbiamo vissuto nel pomeriggio. In aeroplanini di “carta germogliante” abbiamo inserito i nostri desideri di “ambiente naturale” alternativo alla cementificazione di un’area che presto diventerà un centro commerciale (in un quartiere dove sono già presenti 8 supermercati). Desideri di campi incolti e liberi, di giardini per stare insieme fuori da logiche di consumo, di comunità in cui anche il “vuoto” ha senso e diritto di esistere sono stati lanciati all’interno del cantiere… chissà che non possano fiorire pratiche di piano regolatore futuribile radicalmente diverse da quelle attuali!

- “Per una rinominazione antimilitarista del parco del mio quartiere”
In una seconda area della città di Alba abbiamo disegnato un albero gigante con gessetti colorati sulla pavimentazione attigua ad un parco comunale ahinoi intestato ad un generale di guerra locale. Questo albero aveva nelle sue ramificazioni una serie di vocaboli, di sentimenti, di spunti per la rinominazione in senso antimilitarista che si inserisce in una richiesta ufficiale fatta al comune di Alba che va avanti da due anni coinvolgendo anche i bambini e le bambine del quartiere in questione. Per noi il parco dovrebbe essere intitolato a Bouffier (L’uomo che piantava gli alberi).

- “Volete solo città con piazze e strade in cui comprare? Per una città del gioco e dell’immaginazione”.
La terza e ultima prassi di diritto alla città si è realizzata nella piazza centrale per eccellenza di Alba, piazza Ferrero (ex piazza Savona), una sorta di “salotto buono”, piena di dehors di bar e ristoranti. Una piazza (che storicamente ha rappresentato il centro della vita effettivamente sociale) che ora è l’emblema della turistificazione e della commercializzazione degli spazi pubblici. Come in molte altre città anche ad Alba con il Regolamento di Polizia Urbana vieta il gioco nelle piazze e negli spazi pubblici.a tutto questo abbiamo voluto rispondere con un pallone immaginario e giocando una vera partita di calcio, divertendoci, unendo fantasia, gioco e politica e inondando di gioia, musica, urla di festa e sudore la piazza in questione…

Dopo aver fatto un po’ di merenda insieme, accompagnati e guidati da Wu ming 2 abbiamo iniziato un laboratorio di scrittura collettiva per la stesura di un Manifesto per il Diritto alla città pedagogico. L’aspetto più interessante è stato lavorare insieme in forma collegiale e partecipata da giovani e adulti, mettendo insieme parole, temi, riflessioni, dialoghi, cancellature e riscritture.
Come hanno vissuto questi momenti i ragazzi coinvolti?
«Per me la giornata di sabato è stata stimolante, mi è piaciuta l’idea della passeggiata in cui ho potuto parlare con persone nuove. Un’occasione di confronto anche con persone più grandi»
– Marta, San Damiano d’Asti
«La giornata è stata molto divertente e ho potuto conoscere nuove persone, allo stesso tempo mi è piaciuto molto stare in compagnia e ho imparato molto… Grazie della bellissima giornata»
– Nicolò, San Damiano d’Asti
«Voglio dire che sono stato veramente bene tra gli altri ragazzi e che le attività sono state molto belle e importanti»
– Matteo, San Damiano d’Asti
«Devo dire che è stata una bellissima giornata perché siamo stati tutti insieme e abbiamo fatto molte azioni che a qualcuno possono essere sembrate stupide, ma per noi fondamentali e rivoluzionarie per cercare, unendo le forze, di farci sentire e cambiare migliorando il nostro paese ma non solo»
– Alessia, Corneliano
«Per me la giornata del 25 marzo è stata bellissima. Mi è piaciuta la parte dell’albero (non solo perché è stata la nostra) e che ho incontrato tante persone che non vedevo da tanto tempo»
– Vlad, Corneliano
«La giornata del 25 marzo mi è piaciuta moltissimo. Molto divertente perché ho conosciuto e collaborato con bravissime persone. Una delle tante cose che mi è piaciuta, è che nei laboratori potevo esprimermi liberamente e senza giudizi»
– Arianna, Corneliano
«Un piccolo gesto, come una partita senza pallone, può significare qualcosa di importante»
«Giornata stupenda e divertente con una partita di calcio immaginaria, per poi finire con una merenda e le partite a calcetto e un po’ di riflessioni»
«Una partita a calcio immaginazione a mille»
«Una giornata fantastica in cui abbiamo fatto molte cose divertenti e rivisto amici che avevamo conosciuto tempo fa. Abbiamo fatto molte piccole attività che più avanti possono dare inizio a qualcosa di importante»
– Le ragazze e i ragazzi di Lequio
Che cosa succederà? Come pensiamo il futuro prossimo e come abbiamo già iniziato a immaginarlo
«La domanda è: dove ci condurrà tutto questo? Per il momento ci porterà al campus di luglio, che è la prossima tappa dal vivo. Nel frattempo, inquadreremo meglio la domanda di ricerca, le istanze e gli interlocutori; capiremo come essere incisivi a livello nazionale e come costruire il racconto di questo agire. Ci chiederemo come coinvolgere ragazze e ragazzi nella piena e consapevole espressione di corpi e potenzialità, come allargare il cerchio di persone, essere minoranza etica è un privilegio che può essere però condiviso».
– Emma, Chi rom e chi no
Il Diritto alla città pedagogico come metodo e movimento si svilupperà ulteriormente in un Campo che si terrà tra giugno e luglio sempre nel nostro territorio ma dove il salto di qualità sarà quello di far incontrare i ragazzi e le ragazze di tutti i territori e i progetti che hanno pensato, creato e realizzato il percorso (una cinquantina da tutta Italia). Ciò che andremo a realizzare è in fase di elaborazione e di sperimentazione, ma il nostro orizzonte pedagogico è quello di lavorare sulla domanda: quali persone e comunità vogliamo diventare, sapendo che questa società del capitale umano e del territorio come merce non ci piacciono.
«Pensiamo che sia fondamentale costruire un posizionamento comune che porti con sè valori e idee comuni. Ci preme comprendere e ideare una cornice entro cui muoversi durante il campo di Luglio che possa anche essere dettata da una condivisione di pratiche educative dei diversi territori d’Italia»
– Lucia, GetUp
Di certo il crearci e definirci concretamente come Soggetti comunitari e quindi capaci di lettura delle dinamiche del presente delle nostre esistenze e degli ambienti in cui viviamo e soprattutto capaci di agire attivamente e consapevolmente su, con e per esse è una chiave che potrebbe legare il nostro operare tra pedagogia e (è) politica. Un’opzione di democrazia radicale, dal basso, critica ed eventualmente conflittuale, assembleare e soprattutto vissuta perché agita e non solo vista come possibilità di scelta. Insomma, quella possibile propedeutica pratica al costruire il sentimento e il senso di una società diversa da quella che ci tocca vivere potrebbe essere il grande rilancio da qui al prossimo futuro di questo piccolo movimento. Il metodo pedagogico di Crepa (vissuto nei tre luoghi di Alba) e la prima stesura del Manifesto sono stati soltanto i primi spunti che verranno reinventati, implementati, accomunati agli altri metodi, alle capacità, alle inventive, agli strumenti e alle arti di tutte le altre persone e collettivi del gruppo nazionale.
«Come l’impianto pedagogico e contenutistico si è progettato collettivamente, anche le attività con i/le ragazz* diventano esercizi di gruppo, di condivisione degli obiettivi, dei desideri, riportando a terra in modo manuale e artistico quello che uscirà da questa esperienza. E che sia una festa!»
– Federico, Collettivo Franco
«Emergerà la forza del coro. Come necessità di ascolto. Porsi in ascolto di un suono altro perché tutto ciò che mette a disagio è forte ed è rumore, mentre in ascolto possiamo cogliere l’armonia dei suoni e la polifonia di ciò che è musica»
– Damiano, Teatro Caverna
Di tutto questo e di come concretamente darci strumenti e pratiche per l’avvio del campo di luglio abbiamo discusso nella seconda giornata di incontro. In particolare, abbiamo voluto approfondire con Giuliano Battiston e Sarah Gainsforth come le pratiche dell’inchiesta sociale possano essere e siano state storicamente determinanti per realizzare percorsi emancipativi e potenzialmente liberanti.
In questo modo il gruppo non solo ha discusso, ma si è già confrontato su cosa voglia dire “diritto alla Città” a Roma o in un territorio di provincia, di quali differenze e/o punti in comune possono essere di stimolo per “immischiarci” in questa avventura comune.
E qui arriviamo all’ultimo punto che si è sviluppato il 25 e 26 marzo, ossia il nodo politico comunitario. Abbiamo organizzato, allargando l’invito a tutte le persone del nostro territorio, due presentazioni di libri, Ufo 78 di Wu Ming e Abitare stanca di Sarah Gainsforth. Questi due momenti sono stati un grande piacere aggiuntivo alla nascita di Crepa e del Diritto alla città pedagogico, pur con il rischio di inserirsi nel concetto di offerta e industria culturale già in esubero nel ricco panorama di eventi del nostro territorio. Tuttavia abbiamo ritenuto che fossero momenti comunitari fondanti. Ufo 78 e gli altri romanzi dei Wu Ming sono riferimenti non solo per le storie che vengono raccontate, ma soprattutto per come e per il perché vengono raccontate. Storie costruite come una ricerca collettiva, storie di parte per una narrazione alternativa a quelle tossiche esistenti, storie per immaginare e creare mondi possibili e che mischiano forme, modalità e stili. La presentazione di Ufo 78 quindi come un momento per ritrovare legami da collegare a pratiche di lotta come quelle che il libro Abitare stanca di Sarah ci permette di sviluppare ulteriormente, sul diritto all’abitare Su questo tema la formazione è fondamentale: una risorsa imprescindibile per colmare il divario tra la necessità dell’efficacia e la realtà dell’impotenza. Sarah Gainsforth ha scritto un libro in cui intreccia le vicende della sua famiglia con le vicende dalle alterne fortune delle politiche abitative: dai piani pubblici d’intervento del secondo dopoguerra all’attuale disimpegno statale, con la rendita e il profitto a farla da padrone. La condivisione dei due momenti culturali ci ha permesso di legare il Diritto alla città pedagogico (a livello teorico, di metodo e di movimento) con il diritto all’Abitare, convinti che questo termine e questa pratica includa e tenga insieme il bisogno di una residenzialità dignitosa e garantita per tutti ad una vita sociale partecipativa e attiva nello spazio pubblico.
Il Camp di luglio sarà totalmente autofinanziato (in modi differenti dalle varie realtà del percorso) e vedrà partecipare ragazzi e ragazze delle scuole medie provenienti dai collettivi che hanno sin qui preso parte alla costituzione del progetto.
Il Diritto alla città pedagogico è un movimento che vorrebbe aprirsi e incrociare altri e altre, persone e gruppi, che ne possano condividere le premesse pedagogico politiche, alimentare le pratiche, anche quelle più conflittuali e soprattutto dare ulteriore impulso al suo senso e sviluppo.
«La convivenza attiva è uno strumento molto potente. Una convivenza piena di senso che permette e dà spazio a momenti di condivisione, confronto, assemblee, diventa un allenamento che promuove la presa di decisione collettiva, il pensare collettivo. Questo è uno spazio del quale normalmente i ragazz* sono privi nella loro quotidianità»
– Maria, Centro Fonti San Lorenzo
Riflessioni, commenti, considerazioni da parte di tutte e tutti
Se quello che avete letto fin qui è stato il Report di questa due giorni come rito collettivo che ha sancito un costituirsi assembleare, lasciateci concludere con le impressioni a caldo, materia viva e pulsante.
Che cosa abbiamo vissuto? Che cosa è successo?
«L’aspetto più importante è stato la sperimentazione dell’agire: tutte e tre le rivendicazioni fatte con i ragazz* del sabato sono create in un percorso di consapevolezza che poi ha avuto una fine chiara: l’”agire” in maniera collettiva. Si tratta di un aspetto che è importantissimo allenare»
– Maria, Centro Fonti San Lorenzo
«è stato molto importante creare due giornate di scambio tra attivisti militanti, attuando una militanza che usa lo strumento della pedagogia, del confronto, del dialogo, della narrazione per capovolgere il sistema dove siamo stati inseriti»
– Sara, Scuola pop San Basilio
«C’è stata l’idea concreta di un piccolo atto fondativo: alla base di un complesso residenziale, molto cemento, alberi un po’ ingabbiati, ma anche radici che cominciano ad affiorare, persone giovanissime e meno giovani insieme, chi è impegnato a fare, chi osserva e riflette, chi prepara il terreno con la creatività. Basta un gessetto per ridisegnare il mondo»
– Emma, Chi rom e chi no
«Ciò che rappresenta maggiormente la due giorni di Alba è la voce, anzi le voci. Il loro rumore e la loro potenza ogni volta ci stupisce. Scegliamo quindi il megafono che non solo alza ancora di più il volume della nostra voce, ma anche le nostre istanze, idee, desideri per farli arrivare più lontano possibile. Voci lontane che si ascoltano e decidono di riunirsi»
– Lucia, GetUp
«La cosa più importante per me è stata la presenza e il ruolo dei ragazzi e delle ragazze. Grazie davvero: è la lezione, di metodo incarnato, più preziosa. La cosa più importante da sviluppare, da imparare a fare nostra è non occupare troppo spazio, non colonizzarlo di cose e parole già note. Abbiamo sempre da imparare: accademici, educatori, a non diventare troppo predicatori, a saper ascoltare e restare nell’ambivalenza, nel passaggio»
– Davide, Laboratorio welfare pubblico
«Secondo me, sebbene sia difficile scegliere, questa foto è rappresentativa dei due giorni trascorsi ad Alba perché esprime la collegialità, la cooperazione e la creatività, tre ingredienti fondamentali della pedagogia critica, insieme alla sete di giustizia sociale, la lotta e… l’immaginazione»
– Fiorenzo, Scuola pop Carla Verbano

