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Parole dal mondo di dentro

a cura di Mario Giuffrida
15 Novembre 2022

Il testo qui proposto è una storia straordinaria scritta a più mani. La prefazione è dello scrittore Antonio Ferrara ed è dedicata ai chi sa utilizzare libri e autori per ricomporre relazioni sociali nei territori, a chi sa creare inedite alleanze educative, a chi sa “boicottare la disperazione”. I diversi paragrafi raccolgono pensieri e brevi testi di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14-25 anni in carico ai servizi della giustizia minorile di Catania. Gli appunti di Mario Giuffrida, responsabile di un laboratorio di scrittura (per un progetto del Rotary Club Catania)*, legano tra loro quei testi e raccontano di un viaggio dentro la misteriosa seduzione delle parole: parole per raccontare e raccontarsi, parole da ascoltare e per confrontarsi, parole per imparare a comunicare le proprie emozioni, parole per inventare storie (“cosa ci racconterebbe uno spazzolino, un palloncino o una moca di caffè?…”), parole con cui condividere sogni o cercare risposte a domande importanti (“cosa significa vivere insieme?”). Parole con cui ribellarsi a chi crede nel valore educativo dell’umiliazione. Scrive Mario Giuffrida: “Il laboratorio di scrittura ha restituito voce a chi credeva di non averne, ha mostrato i limiti nell’incontro con l’altro, ha dato la possibilità di vedersi unici e non soli, ha riconosciuto la fragilità come valore e ha dato dignità a tutti…”

Tratta da unsplash.com

Prefazione

La lettura, in certe circostanze – ma forse sempre – è una questione di solidarietà. Il bello della letteratura, diceva Francis Scott Fitzgerald, è che quando leggi scopri che non sei solo, scopri che appartieni. Lavorare con i libri insieme ai ragazzi detenuti o sotto misure alternative alla detenzione è stata risorsa preziosa attivata da operatori che ci hanno creduto e l’hanno praticata tenacemente, con grande generosità.

E poi c’è la scrittura. Lo so bene.

Per me il laboratorio di scrittura è un percorso nato anni fa nel carcere di massima sicurezza di Novara per dare tragitti visibili alle tante storie chiuse nei cuori e nei cassetti, per fornire consapevolezza tecnica e canalizzazione a tante emozioni nascoste. È stato perfezionato insieme ai detenuti delle case circondariali di Secondigliano, di Pesaro, di Fossano, di Pescara. Insieme ai pazienti e ai medici del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. Si è smussato in diverse sedi universitarie e in decine e decine di biblioteche, scuole e librerie italiane e della Svizzera italiana.

L’idea è sempre stata quella di proporre la scrittura come pratica privilegiata per nominare e condividere le proprie emozioni, per fare educazione sentimentale. Scrittura come prolungamento del sentimento. L’idea è ora quella di unire le forze e valorizzare queste competenze che anche in altri luoghi fioriscono. Occorre, crediamo, allearci tra noi operatori, sommare competenze eterogenee e affini, schivare le svalutazioni, prendersi cura in presenza, costruire fiducia e rispetto con parole come carezze. Mettere insieme gente preziosa come Mario Giuffrida e le libraie della libreria Cavallotto, che hanno negli anni coltivato tenaci e produttivi legami col territorio e con gli istituti scolastici, che hanno adoperato i libri e invitato gli scrittori come leve di mediazione culturale, di inclusione e di promozione sociale. Occorre, ora più che mai, progettare una inedita alleanza educativa. Per boicottare la disperazione, per riorganizzare la speranza.

[Antonio Ferrara]


“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma
contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.
… Bisognerebbe educare la gente alla bellezza:
perché in uomini e donne non si insinui più
l’abitudine e la rassegnazione
ma rimangano sempre vivi
la curiosità e lo stupore
“
(Peppino Impastato)

Appartenenza e condivisione, giustizia e legalità, uguaglianza e diversità. Ma anche tenerezza e rabbia, delusioni e attimi di gioia, nostalgie e avventure, pensieri sul mondo, perché i ragazzi hanno bisogno di adulti che riconoscano e diano attenzione e tempo all’educazione dei sentimenti. È a partire da queste premesse che è stato avviato il progetto “La lettura rende liberi”, che ha previsto la formazione di tre gruppi composti, ciascuno da circa sette-otto partecipanti di età compresa tra i quattordici e i venticinque anni in carico ai servizi della giustizia minorile, che si sono incontrati in cicli periodici con cadenza settimanale per tre ore circa. Il luogo dove si sono svolti due degli incontri è stato individuato in una sala del Palazzo della Cultura messo a disposizione dall’assessorato alla Cultura del Comune di Catania, mentre il terzo si è svolto all’interno dell’I.P.M. di Acireale.

A guidarci è stata la lezione di Gianni Rodari che è, infatti, un invito a liberarci dagli schemi, dai pregiudizi, dal conformismo per guardare più lontano, e ci indica la strada della tolleranza, le vie dell’amicizia per scommettere sul futuro nostro e dei ragazzi e delle ragazze.

Se il possesso della lingua italiana è indispensabile per esprimersi, per comprendere e avere relazioni con gli altri, per far crescere la consapevolezza di sé e della realtà, ma anche per interagire adeguatamente in una pluralità di situazioni comunicative e per esercitare pienamente la cittadinanza, altrettanto lo sono le conoscenze delle diverse forme di espressione che sollecitano e promuovono l’attitudine al pensiero riflessivo e creativo. L’integrazione tra i diversi linguaggi è stato uno strumento fondamentale per acquisire nuove conoscenze e per interpretare la realtà in modo autonomo.

”Saper fare” e ”Poter creare”, aiutano i ragazzi e le ragazze a crescere con la capacità di sapersi re-inventare nella vita e trovare nuove soluzioni a problemi o difficoltà quotidiane. La creatività diventa, così, una porta d’uscita per le emozioni, che diventano più accessibili anche all’adulto.

I ragazzi sottoposti a misure dell’area penale esterna (alternative al carcere) hanno seguito il laboratorio con un po’ di discontinuità dovuta più che a fattori personali a motivi esterni quali mancanza di greenpass, contagi, udienze in tribunale. Maggiore “stabilità” ha avuto il gruppo dei ragazzi ospiti dell’IPM. Nonostante ciò il progetto, che ha subito una modificazione e riformulazione degli obiettivi e dei risultati immaginati, si è configurato, più che come un laboratorio inteso nel senso classico, come uno spazio di discussione e confronto. È stato un’occasione di esercizio della parola grazie al clima, che in una sospensione del giudizio, ha reso possibile la libera espressione in un confronto scevro da strumentalizzazioni e atteggiamenti seduttivi. Ci siamo interrogati sulla scuola, sulle regole, sui ricordi belli e brutti, abbiamo parlato del senso, del significato che attribuiamo all’amore. Ci siamo interrogati sul modo in cui la lettura (e la scrittura) può renderci liberi.

È stato il luogo, per molti dei ragazzi, dove è stata offerta occasione di ascolto ma anche di elaborazione che può essere sintetizzata in queste parole di Michael che ha detto: “Nella piazza che frequentiamo si parla solo di spaccio, femmine, motori e rapine da fare. Mai abbiamo avuto la possibilità di confrontarci su cose veramente importanti”.

Abbiamo provato (in questo viaggio ho avuto come compagna di avventura Angela Giarrizzo dell’Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni) ad esercitare lo stupore, praticare la meraviglia, fare un viaggio dentro la misteriosa seduzione delle parole. Già, le parole, con la loro forza di acqua e fuoco. Ma fatte anche dalla concretezza della terra e dalla leggera impetuosità del vento. Parole per raccontare e raccontarsi, parole da ascoltare per confrontarsi, per riposizionarsi con una nuova consapevolezza di sé stessi che restituisca la dignità ad esserci: di essere.

Spazio è stato lasciato anche alla scrittura perché come afferma Antonio Ferrara un laboratorio di scrittura può servire “per dare tragitti visibili alle tante storie chiuse nei cuori e nei cassetti, per fornire consapevolezza tecnica e canalizzazione a tante emozioni nascoste. La scrittura creativa come esercizio, come pratica privilegiata per fare educazione sentimentale, per saper riconoscere e imparare a comunicare le proprie emozioni”.

L’aver voluto dare al percorso un taglio anche ludico ha agevolato la formazione dei gruppi, determinando un clima informale ma rispettoso. L’introduzione del “Fantastico” se da un lato è stato definito “Strano” per dirlo con le parole dei ragazzi, dall’altro ha creato motivazione per gli incontri successivi.

Il mio nome

Siamo partiti dal nome: identità e trasformazione, radici e creatività.

Andrea Io mi chiamo Andrea perché lo ha scelto mio fratello per il motivo che un suo amico aveva il fratello che si chiamava Andrea. È un nome che mi piace, anche se avrei voluto chiamarmi come mio nonno Giovanni. Purtroppo ci è arrivato prima mio fratello! Oggi faccio due scoperte: il mio nome significa Forza e se gioco con il nome e cognome scopro che è possibile, anagrammandoli (i cognomi dei ragazzi sono stati omessi per tutelarne la privacy N.D.R.), “cambiare identità”. Potrei essere Sandra Incher oppure Siria Caren Dah o forse Sara Denari Chi! Ho deciso di dare voce a Adriana Sicher. Ecco la sua storia! Adriana Sicher è una ragazza russa che un giorno decise di scappare dalla povertà ma soprattutto dalla guerra. Quindi si trova un lavoro, in Italia, come badante e nel tempo libero studia per il diploma. Essendo una ragazza di 19 anni con un fisico indescrivibile aveva tantissimi corteggiatori, ma lei dentro di sé cercava l’uomo della sua vita anche se spesso si tuffava in avventure di una notte. Un giorno incontrò un ragazzo di 20 anni di cui si innamorò per il semplice motivo che lui si comportava da galantuomo, che non aveva solo l’obiettivo di andare a letto con lei. Poco tempo dopo decisero di andare a convivere e lei mollò il lavoro come badante ma non la voglia di studiare: lei aveva già realizzato tutto, infatti, aveva la sua casa, il suo uomo, e adesso cercava di realizzare altri due sogni: il primo di diventare avvocato e il secondo, quello più importante era diventare mamma.

Amin Il mio nome lo ha scelto mia madre perché è bello e ha un buon significato. Giocando con le lettere che lo compongono ho trovato tanti personaggi con nomi particolari: c’è Martin Mihei, Martie Mhini, Neima Rina, Mhirti Tina, Remhini Mirena, e Miami Treni ed è di lui che vi racconterò la storia! C’è un signore, grosso e vestito elegante, che si chiama Miami che ha una compagnia di treni dove lavorano i suoi dipendenti. Gli affari con la cocaina vanno bene. È stato molto fortunato perché non hanno mai scoperto che la trasportava dentro i vagoni, e così si è fatto i soldi.

Peppe Oggi ho scoperto che il mio nome deriva dall’ebraico Yoseph, e significa “Dio aggiunga, accresca la famiglia mediante i figli”. Nel mio nome si nascondono in tanti: c’è Vespa Puagefi, Pepe Visa Fuga, EfaPeu vip Gas, Vi fa Sega Pupe e Spiega Favepu! Adesso non mi va di raccontare le loro storie perché la mia mente è occupata da pensieri familiari. Scusatemi!

Roberto La sua vera identità è Berto Zutropu, muratore rumeno che costruisce case con le bottiglie di birra, che beveva ogni giorno. La sua opera fu notata da un impresario che lo assunse come capo cantiere. Quando brevettarono l’opera si fecero un sacco di soldi.

Ismail Nel nome si nasconde Lia Smaila, Lima Saila, Alasa Limi, Saila Mali… ma vi parlerò di Lia. Era la sorella di Umberto Smaila e faceva la segretaria di produzione per il programma televisivo del fratello.

Qualcuno potrebbe minimizzare l’importanza o l’efficacia, di questo approccio, ma sento di dover difendere questa scelta di lavoro perché la creatività è la base per risolvere problemi e, in alcuni casi, può essere l’approccio risolutivo. Molti problemi non sono risolvibili mediante l’applicazione di strutture e di regole preesistenti, o con l’utilizzo di formule che offrano soluzioni meccaniche. In alcuni casi, per risolvere problemi e sfruttare le opportunità, bisogna pensare in modo creativo e trovare in questo modo idee utili e originali. In particolare, dal punto di vista dello sviluppo personale, essere creativi vuol dire pensare in modo indipendente, essere capaci di creare, invece di produrre o riprodurre. Significa essere persone che sfruttano le proprie doti speciali, che sanno trarre il meglio dalle proprie esperienze, dai propri valori e dalle proprie idee. Certo non è un processo automatico e l’astrazione non è facile, soprattutto se ci si trova di fronte ragazzi molto strutturati ma è possibile fare breccia, tracciare un solco, piantare un seme.

Per fare questo, o almeno provarci, il gruppo è il luogo elettivo di cambiamento, e chi ci lavora è chiamato a riconoscere e gestire le dinamiche relazionali che emergono, in funzione del raggiungimento dell’obiettivo esplicito del gruppo. Tale competenza si esprime in un atteggiamento che tende a costruire e restituire significato all’esperienza che entrambi i livelli cognitivi ed emotivi del gruppo esprimono. Il gruppo, infatti, costituisce uno spazio relazionale fondamentale per la crescita personale degli individui, perché consente la strutturazione in termini di personalità, e garantisce loro un ambito di relazioni significative.


Parole sentimentali

Non è facile parlare di sé, parlare per sé. Bisogna conoscersi e riconoscere cosa ci fa stare bene e cosa no. Mettersi di fronte ai propri limiti è difficile, molto più facile navigare in superficie evitando di mettere la testa sott’acqua, per timore di non poter respirare. Per paura del buio. Con le teste piene di pensieri confusi, con idee a volta fragili e volubili ci sono tutti. Ci sono e cercano di raccontarsi. Le riflessioni sull’importanza della scrittura come specchio sono state stimolanti, faticose, liberatorie, e adesso sono soli con un foglio bianco sul quale guardare con occhi nuovi. È normale che si distraggano, non è facile stare con se stessi. Gli do tempo, tempo per concentrarsi, per cercare, per trovarsi, per sentire le carezze della scrittura.

I pensieri che seguono sono frammenti delle loro anime, da trattare con cura, tutti.

Io sono Sebastian e mi sento morbido, coraggioso, estroverso! Mi adeguo a tutto, in qualsiasi circostanza. Vado avanti, nonostante tutto e tutti, e affronto qualunque ostacolo della mia vita. Mi piace il divertimento in compagnia.

Il mio nome è Amine e sono rabbioso, simpatico ma anche coraggioso. La rabbia mi è cresciuta dentro girando i tanti carceri dove sono stato, fortunatamente adesso è diminuita perché da quando sono ad Acireale mi sono tranquillizzato. A me piace scherzare per passare il tempo e non mi fermo davanti a niente perché la vita è una sola!

Ciao sono Daniel e penso di essere superficiale, frettoloso ma tanto simpatico! Mi presento, sono Andrea e mi definisco introspettivo, curioso e tranquillo. Introspettivo lo sono quando la notte prima di andare a dormire penso a ciò che ho fatto durante la giornata, magari per capire se ho sbagliato in qualcosa. Sono anche curioso, infatti, mi piace fare esperienze nuove e mi piace essere aggiornato su tutto quello che succede nel mondo: in sintesi, mi piace scoprire cose nuove! In tutto ciò mi muovo con tranquillità perché sono un ragazzo che non crea problemi con gli altri e di conseguenza non voglio che qualcuno li crei a me. Insomma, sono un tipo a cui piace farsi la sua strada senza ostacolare quella degli altri. Con me si può parlare e risolvere senza alcun bisogno di aggredire l’altro.

Queste riflessioni, queste parole, sono state condivise, prima di tutto tra i componenti del gruppo, in un clima di fiducia. Tutti sanno che questi “ritratti” vanno vissuti con la massima delicatezza, perché hanno in dono i cuori dei compagni. Si è sospeso il giudizio e ci si è messi in ascolto dell’altro.


Libere scritture

“Abbiamo solo ventuno lettere… con quelle dovremo fare tutto: ridere, piangere, consolare, amare, ferire…”. In un incontro ci siamo lasciati guidare dalle parole di Andrea Bajani alle quali abbiamo aggiunnto un’azione: inventare. Siamo immersi in un universo di parole magiche, apparentemente affascinanti e persuasive, parole grimaldello, dispositivi semantici che aprono qualsiasi serratura e ci mostrano un mondo pieno di bellezza e di speranza. Parole contenitore che ciascuno può riempire a suo piacimento, ed è questo che faremo in questo laboratorio di libere scritture. Traspare in molti scritti il vissuto di ciascuno dei ragazzi, che nonostante la casualità nelle scelta delle parole chiave attraverso le storie che hanno prodotto, fanno emergere, con forza, il bisogno di raccontarsi. Andrea, ad esempio, a conclusione del laboratorio dice di essersi “alleggerito”.

Rudy Kiliam è stato ignorante e lo hanno portato lontano dalla famiglia ma era molto onesto e si è riscattato.

Amine Ho la passione di fare musica e per pagarmi le ore di lezione ho fatto il capriccioso prendendo una denuncia che mi ha portato in carcere, da dove spero, un giorno, di uscire. Questo fatto mi aiuterà a non fare più il mio errore.

Beppe L’Italia è bella, solo che la Sicilia non offre tante opportunità. Io, però, mi sforzerò di trovarle perché circa quattro anni fa ho trovato il vero amore che con il tempo mi ha fatto capire che quello che facevo prima non è vita. Adesso mi trovo qui da quasi tre anni e in questo periodo, grazie alle persone che hanno lavorato su di me ma soprattutto grazie a lei, ho capito cosa voglio per il mio futuro: lavorare e avere una famiglia con lei, e dei bambini da crescere nel modo migliore possibile per non fargli vivere tutto ciò che ho vissuto io. Questo è il mio grande sogno, una famiglia tutta mia, una vita dignitosa: sono certo di riuscirci perché ci metterò tutto me stesso.

Andrea Sono nato in una famiglia che crede tantissimo in Dio e quindi sono cresciuto con questa cultura solo che, con il passare del tempo, vedendo la condizione economica familiare ho iniziato a sbagliare: ho smesso di cercare soldi dai miei genitori non riuscendo a capire che i soldi che guadagnavo non erano puliti, fin quando mi sono ritrovato chiuso e ho capito che quella vita non mi appartiene. Da quel giorno ho iniziato a sognare di avere un lavoro dignitoso in modo da essere libero come una farfalla, guadagnando senza dover avere paura di ritrovarmi dove sono ora. Anche se il sogno nel cassetto era di arrivare in alto, di diventare una persona importante come un grande cuoco, o un grande imprenditore, so di avere anche oggi un sogno da realizzare. Oggi so di saper fare di più. Posso fare di più perché ho scoperto, attraverso i miei errori, di avere delle capacità che spero mi aiuteranno a realizzarmi.

Alexander Diversità per qualcuno vuol dire stranezza… C’è chi definisce strano chi ha desideri, desidera avere un presente oppure crede nella speranza per un futuro migliore. Ecco, allora io sono strano.

Samuel Un giorno c’era a Milano un ragazzo disoccupato, che si era trasferito lì per fare fortuna. Dopo molti tentativi, finalmente, trovò lavoro come pasticciere, cosa che gli piaceva fare molto. Un giorno, però, mentre si trovava nel laboratorio della pasticceria vide arrivare una pattuglia che lo accusò di un crimine che non aveva commesso. Lui provò a difendersi ma non lo credettero, così finì in carcere e si accorse che anche se aveva perso la libertà non aveva perso la dignità, e la voglia di vivere. Così scontò la sua pena ingiusta e uscì deciso a realizzare il suo sogno: si mise a fare il muratore e iniziò a mettere da parte i soldi. Un giorno, dopo anni di peripezie, riuscì ad aprire una pasticceria, tutta sua, al centro di Milano realizzando il suo sogno.

Ariano C’era una volta un giovane ragazzo che abitava in una casa che si affacciava sul mare, e di mestiere faceva il falegname, anche se non era riuscito, mai, a dimostrare la sua bravura. Tutti i compaesani lo sottovalutavano ma, un giorno, la regina Elisabetta trovandosi in vacanza nella spiaggia proprio di fronte a casa sua, vide i suoi lavori e ne rimase colpita al punto tale da chiedergli di costruirle un tavolo in legno di cipresso e foglie d’oro. Fu la sua fortuna, perché la sua foto finì su tutti i giornali, e così quel ragazzo sottovalutato da tutti conquistò il rispetto, non solo del suo paese ma, del mondo intero.

Abdelaziz Ho avuto l’opportunità di fare una pizza e ho acquistato la fiducia del titolare della pizzeria, il quale mi ha assunto a tempo indeterminato, dandomi un’opportunità per la mia vita.

Sebastian Gianfranco era la persona più buona del mondo, e nonostante tutto era felice della sua vita anche se qualcosa andava storto. Un giorno decise di partire ma sbagliò volo, fu preso dalla rabbia e ritornò brontolando nella sua città dove riprese a vivere la sua vita di sempre… O forse no? … sbagliò volo ma si accorse di non aver motivo di arrabbiarsi. Scese dall’aereo e il posto dove arrivò non gli sembrò per nulla male! Fece nuove amicizie e incontrò una donna… che non riusciva a guardare negli occhi. Li capì che la sua vita sarebbe cambiata!

Tanvir Dormire. È il momento in cui sono senza dolore, senza alcun disturbo di questo mondo. È quando non ricordo nessun tipo di brutto momento o di perdita: ogni giorno quelle, sei o otto ore, sono il momento migliore della mia giornata.

Andrea Un giorno Francesco uscendo dal lavoro incontrò un suo vecchio amico, e parlando del più e del meno quest’ultimo gli disse che stava cercando un posto dove cenare. “Vieni con me, ti porto a casa mia! Ti preparerò qualcosa” rispose Francesco, e l’amico accettò. Arrivati che furono, Francesco urlò: Amore calaci la pasta!

Michele Era la sera di San Valentino quando tornai a casa e dissi a mia moglie di prepararsi: Amore stasera usciamo perché ho prenotato un tavolo per due al ristorante. Quando finimmo di cenare, tra regali e baci, tornammo a casa e passammo una serata meravigliosa. Dimenticavo di dire che il ristorante era di gran lusso, cenammo a lume di candela e al tavolo c’era un fiore per lei. Era stupita e non seppe mai che tutto fu organizzato all’ultimo momento!

Giuseppe Un giorno un giovane contadino, tornato da poco nella sua vecchia fattoria, decise di prendere la macchina per fare una bella gita in città. Arrivato in centro non fu facile trovare posto, ma proprio quando stava iniziando ad arrabbiarsi ne vide uno e potè farsi un giro a piedi deciso ad andare a prendersi un gelato. Fu proprio in gelateria che incontrò una bellissima ragazza: fu amore a prima vista! Le offrì un gelato e uscirono abbracciati. Stavano camminando quando sentirono un tizio urlare “O Pigghiulu!”

Ghan Un bambino chiese a una bambina: “Come stai?” “Bene, anche se arriverà la pioggia!” rispose e la pioggia arrivò. Il bambino, incuriosito, chiese alla pioggia: Come stai?” “Bagnata! Come può stare la pioggia. Sono stanca e sempre triste. Tu lo sai che quando piove è perché in cielo si dimenticano i rubinetti aperti?”

Sharon Ciao, io sono Sharon. Ho un fratello a cui sono molto legata, lo guardo giocare a pallone fin da quando era piccolo e non mi sono mai persa una sola partita. Guardarlo mi riempie il cuore di felicità, con lui mi sento sempre libera di essere me stessa, di parlare di tutto senza sentirmi giudicata: qualsiasi errore io possa fare lui è sempre lì, pronto a tenermi la mano. Lui è capace di farmi capire l’errore e mi da la forza per superare qualunque ostacolo. Tra fratelli, è difficile avere un rapporto come questo e io mi sento molto fortunata.

Mario Ieri mi sono fatto una passeggiata e mi sono reso conto che c’è chi è felice e chi è bambino.

Marco Un giorno, al risveglio, ho pensato di andare a correre. Mentre lo facevo ho visto un negozio che vendeva mobili. Ero stanco e decisi di entrare e quando uscì avevo comprato un tavolo per giocare a carte con gli amici.

Maria Sole C’erano, una volta, un ragazzo e una ragazza che abitavano in una macchina. Venne il momento in cui, in un giorno come un altro, la ragazza decise di andarsene perché non voleva più quella vita. Si dissero: “Ciao!” e mentre lui continuò a vivere nella sua auto, lei tornò felice e contenta a casa dei suoi genitori. E la macchina? Fu contenta di essere rimasta da sola con il ragazzo!

Carmelo Giovanni, dentro un locale, ha conosciuto una ragazza di nome Bernadett. Erano seduti in tavoli diversi, e alzando i loro occhi si sono incrociati i loro sguardi! Fu amore a prima vista e sorridevano guardandosi. Quando gli sguardi non bastavano più decisero che era giunto il momento di conoscersi meglio. “Chissà se la storia va” pensò Giovanni che aveva deciso di sedurla con una sua specialità: avrebbe cucinato per lei preparando un ottimo cibo.


Anche le cose hanno storie da raccontare

L’esperienza dello stupore si rinnova ogni volta che ci facciamo osservatori disponibili a cogliere l’inesauribile varietà di ciò che ci circonda, ed è grazie allo stupore che le parole prendono coraggio, hanno voglia di raccontarsi. Nasce la necessità di scrivere.

Dianella Bardell dice che “scrivere non è denominare le cose… Scrivere è prendere coscienza delle cose: cose percepite con i sensi, emozioni, ricordi, idee, ispirazioni. Come dire che avere esperienze significa, tramite la scrittura, averne coscienza, averne consapevolezza. Per prendere consapevolezza di ciò che accade bisogna vederle, riconoscerle, e questo lo può fare anche la scrittura, quella spontanea, che vede quel che accade e lo scrive senza prima porlo al vaglio del giudizio razionale… Ci sono momenti pieni di suggestione, piccole cose, nostre reazioni a qualcosa che colpisce i nostri sensi o il nostro spirito; questi momenti non andrebbero lasciati correre, bisognerebbe scriverne. A questa suggestione dobbiamo dare la nostra voce, che è una voce interiore, che si concretizza in parole, che non la descrivono bensì la esprimono. Qui e Ora”.

Cosa ci racconterebbe uno spazzolino, una pipa o un palloncino? Una moca da caffè, una penna a sfera o una mongolfiera? Siamo entrati nel mondo degli oggetti, osservata la loro anatomia e personalità: ci sono oggetti scomponibili, pieghevoli o tutti d’un pezzo. Una scala ci invita a salire ma anche a scendere, una sedia a sederci o ad alzarci… Gli oggetti che ci circondano nascondono delle azioni, dei ricordi e delle sensazioni. Un semplice oggetto diventa qualcosa di straordinario e unico, per dare corpo e movimento a un mondo apparentemente statico e passivo, sperimentando nuovi modi di camminare, di guardare e parlare. 

La borsa [Mariasole]
Ciao, credo di chiamarmi Borsa almeno questo è il nome che mi da la mia padrona quando mi porta con sé. Mi riempie sempre di cose, utili per lei, come telefono, trucchi, fazzoletti… il problema è che questi oggetti a me danno fastidio, perché mi appesantiscono rovinando la mia linea. A volte mi lascia in macchina e peggio qualche volta si dimentica di me. Capita anche che mi presti alle sue amiche e mi abbandoni per giorni, mesi. Figurati che una volta mi ha trascurata per un anno intero! Io, però, non riesco a odiarla: quando mi riprende sento un sollievo anche se mi appesantisce con tutto quello che mi fa portare. Il fatto è che io amo la mia padrona. Quando mi tiene sulla sua spalla mi sembra di volare: tutta quell’aria che arriva sulla mia pelle è bellissima! È bello anche il ritorno a casa, perché lei mi fa riposare su un comodo appendiabiti. Sapete, arrivo esausta e mi addormento subito, e sogno un’altra giornata insieme a lei!

Denaro [Tanvir]
Mi sento superiore, e il novantanovepercento delle persone cerca di possedermi: gli esseri umani hanno bisogno di me per pagare tutte le cose che rendono possibile la loro vita. Io, infatti, sono necessario per ottenere beni e servizi necessari per vivere e sopravvivere. Mi piace quando tua moglie pensa a me e mi richiede per la sua finanza personale! Sai, io penso di essere una mini benedizione di Dio.

Il quadro [Andrea]
Sono un quadro fortunato perché porto dipinta su di me Carolina, una giovane ragazza. Vi piace? Vi racconto la sua storia! È nata in Italia ma un giorno si è trasferita a Tenerife e adesso abita in questo bellissimo hotel. È felice di stare qua perché ogni giorno vede persone di ogni genere e che provengono da ogni parte del mondo: le fanno un sacco di complimenti! Anch’io sono felice e spero di restare con lei per tutta la vita.

Bancomat [Mario] Io sono un bancomat! Si proprio quello che contiene i soldi e io sono felice quando la gente viene da me per prendere il denaro. Io do la mia disponibilità tutto il giorno, tranne quando i miei principali non mi ricaricano. Quando capita, certi clienti, mi prendono a pugni e questa cosa mi fa arrabbiare: io non sono indifferente! Ci sono, anche quelli, che vogliono fare i furbi e provano a rubarmi. Ma, io sono più furbo e quando ci provano macchio tutti i soldi!

La macchina [Giuseppe] Salve a tutti, sono un’auto appena acquistata da un meccanico a cui piace elaborarle. Da quando sto con lui non fa altro che smontarmi e non ne capisco il senso. Oggi, però, ad essere sincero, mi sento molto meglio: ho appena saputo che vorrebbe portarmi a delle gare di accelerazione e ho deciso di impegnarmi molto. Stamattina mi ha già smontato due volte, ma devo dire che il risultato è stato eccellente, infatti, per la prima volta ho superato i 220km all’ora! Vedo che le modifiche sono servite. Il grande giorno è arrivato, mi guardo in giro e vedo soltanto brutte auto: aspetto il mio turno. Tre, due, uno Bruuummmm e vittoria! Evvai, sono riuscito a far vincere il primo premio al mio pilota e sono, davvero, fiera di me. Adesso che sono in garage ripenso a come sarebbe stata la mia vita se non mi avesse acquistato il meccanico. Mi sarei intristita, per fortuna non ho meritato altri proprietari.

La strada [Marco] … mi bagno durante i forti temporali, e non c’è nessuno che mi asciuga. D’estate, quando fa tanto caldo, nessuno mi rinfresca. Sopra di me passano tante macchine ma nessuno si ferma a parlare con me. È come se non esistessi. Sono tanto lunga ma tanto sola, e invidio le strade affollate con tanta gente e tanti negozi. Io, invece, sono solo una lunga strada di periferia.

Un libro [Sharon] Ciao, sono un libro di Storia, e oggi voglio raccontarvi di come sono felice a contribuire all’istruzione di tanti ragazzi. Infatti, tra le mie pagine si trovano tante storie della nostra umanità che possono aiutare a conoscere la nostra cultura, da dove veniamo e chi siamo. A volte mi rende triste rimanere chiuso in uno zaino, senza mai essere aperto, altre volte sento un forte dolore a causa di una professoressa che mi sbatte contro una cattedra; ci sono occasioni in cui sono felice, come ad esempio quando una studentessa sfoglia le mie pagine con tanto interesse. L’altro giorno mi è capitata una cosa davvero strana: ho sentito leggere alcune pagine da un libro di barzellette e per un attimo sono rimasto scioccato dalla leggerezza e divertimento che provavano quei ragazzi. Per la prima volta ho avuto invidia e ho desiderato di essere quel tipo di libro per essere più apprezzato e portare, tra loro, tante risate.

La porta [Carmelo] Sto qui, tra caldo e freddo. Nessuno sembra interessarsi a me, non c’è nessuno a cui posso raccontare le mie emozioni. Ogni tanto un alito di vento caldo sembra accarezzarmi, spostandomi quel tanto che basta per farmi cambiare visuale. Ma resta di fronte a me la solita parete bianca, senza nulla appeso… A volte, specialmente la notte, un soffio più forte mi scuote e vedo auto, alberi… è tempo di pioggia. Ascolto. Forse, nessuno parla con me perché sono timida. Non voglio essere timida, voglio degli amici per capire cos’è l’amicizia. Voglio sentirmi bene, essere felice e scacciare la tristezza. Un giorno conobbi una foglia, si posò proprio davanti a me: abbiamo scambiato quattro chiacchiere, abbiamo riso e scherzato. Ad un tratto un soffio di vento la portò via ed ero di nuovo triste e sola. Ripenso a quando tutto era diverso, a quando un bambino che abitava questa vecchia casa mi prendeva a calci facendo rimbalzare su di me il suo pallone. Che fastidio che mi dava, ma oggi mi manca tutto questo. Vorrei riavere quelle attenzioni e sentire ancora quelle grida spensierate.


Cercare le parole del mondo di dentro

Ha scritto Allen Ginsberg, un poeta statunitense, sulla difficoltà, ma anche sull’importanza dello scrivere: “La parte più difficile è superare la tendenza alla censura; alcuni pensieri sembrano troppo imbarazzanti, crudi, nudi, irrilevanti, impacciati, personali, rivelatori, dannosi per la propria identità, troppo strani, individualistici. Quando si comincia a scrivere sorgono tutta una serie di immagini, di pensieri, di pensieri che non ci piacciono, e quella è la parte più importante. Le parti che ti imbarazzano di solito sono quelle più poeticamente interessanti, più nude e crude, più impacciate, più strane ed eccentriche al tempo stesso, più rappresentative, più universali”.

Scrivere è un gesto di grande intimità. Scrivere, senza voler far colpo né su sé, né sugli altri. Scrivere è una carezza, un permesso a noi stessi: è questo che ho chiesto ai ragazzi, iniziare un viaggio senza pregiudizi, soprattutto verso se stessi. Colgo nei loro sguardi interesse per il mistero che evoca qualche parola letta, ma anche la paura di sentirsi esposti: nudi davanti agli altri, fragili davanti a se stessi.

Tutto parte dalla lettura di diversi articoli che parlano della guerra in Ucraina. Nascono discussioni, domande, prese di posizioni, dubbi. Emergono anche posizioni, atteggiamenti svalutanti nei confronti di chi la pensa diversamente, proponendo vissuti caratterizzati da una basilare sfiducia nei confronti degli altri – che è essenzialmente una difesa contro la disperante sensazione della solitudine e dell’impotenza. “Chi adotta questa posizione – dice Viviana Benci – tende a negare la propria vulnerabilità e ad assumere atteggiamenti accusatori e fortemente critici verso gli altri, confermando, in tal modo, la propria superiorità e l’impossibilità di poter affidarsi a qualcuno e di poter contare su aiuti esterni”. Mi riprometto di non trascurare questo aspetto, ma intanto li ho invitati a fare un salto dal fuori al dentro. Li ho invitati a cercare le parole del mondo di dentro.

[…]


Sogni

Introdurre il concetto di Ok-ness, cioè il riconoscimento del valore di ogni persona e delle sue potenzialità di cambiamento e di crescita, è un invito ai ragazzi a riconoscersi le capacità di fare cose buone nell’auspicio di far ritovare, se non ri-scoprire, la fiducia in se stessi, e a superare passività e sconforto. Un simile approccio non nega i problemi ma li inserisce in un contesto più ampio permettendo di affrontarli con maggiore padronanza ed efficacia.

La posizione di Ok-ness, e quindi la qualità della vita, dipende dalla qualità del nostro sistema di riconoscimenti. In analisi transazionale si parla di “fame di carezze”, importanti alla pari degli altri bisogni biologici primari, la cui mancata soddisfazione può portare alla morte. Gran parte dei nostri comportamenti sono strategie per ottenere riconoscimenti (il cui significato non sta nell’intenzione di chi li manda ma nella percezione di chi li riceve): la fame di riconoscimento, è alla base della conflittualità nelle relazioni interpersonali.

Il conflitto con l’altro da sé, a questo punto, diventa risorsa grazie al quale recuperare autenticità, emancipandosi dal disagio e dal vissuto doloroso, in una parola da quelle emozioni inautentiche che in analisi si chiamano parassite: il mio proposito è creare un clima relazionale che faciliti ri-decisionalità e cambiamento, basato sul permesso, la protezione e la potenza. A tal proposito fondamentale è mantenere una posizione di ascolto, assicurare presenza e accogliere i sogni.

Sogno di…

Mi piacerebbe essere un pilota automobilista. So che non è facile perché ci vogliono troppi soldi ma voglio inseguire il mio sogno (Giuseppe)

Vorrei abitare nel cuore degli altri, per essere ricordato. Essere immortale (Tanvir)

Non vedo l’ora di essere maggiorenne per decidere della mia vita (Maria Sole)

Il mio desiderio è crescere mia figlia e diventare Chef stellato con esperienza anche nell’arte pasticciera, perché non è bello saper cucinare e dover servire un dolce fatto da altri (Carmelo).


Ci siamo chiesti cosa significa vivere insieme

Bisogna saperli esprimere, raccontare i desideri e ancora più importante è saperli comunicare. Ogni gesto, ogni comportamento, ogni pensiero è una forma di comunicazione. Essere consapevoli della propria modalità comunicativa, sia verbale che non, permette di conoscere le strategie migliori per ciascuno.

Di contro, quando si afferma che “non c’è niente da fare” per gestire reazioni emotive come ansia, paura, rabbia, noia, vergogna o altre ancora, si rende esplicita una sorta di negazione del fatto che possano esserci alternative diverse da quelle che stanno entrando in gioco. Lavorare sull’auto-conoscenza, l’auto-regolazione e l’auto-motivazione sono competenze intra-personali che hanno l’obiettivo di riconoscere, identificare e gestire consapevolmente le nostri emozioni per vivere insieme.

Con i ragazzi/e ci siamo interrogati su questi temi, ci siamo chiesti che cos’è, cosa significa vivere insieme. Siamo entrati nelle grandi domande che pongono i temi dell’autorità, del lavoro, dell’uguaglianza, del rispetto.

Il rispetto secondo me

Il rispetto deve essere per tutti, per chi si conosce e per chi non si conosce. Se poi dovesse capitare che il rispetto dato non venga ricambiato, più volte, ci si allontana dalla persona che non ci può dare del bene. A proposito di rispetto penso che sia giusto dire, soprattutto alle persone che rispettiamo, cosa si pensa anche se non è sempre apprezzato. (Sharon)

Molto spesso non abbiamo tutti la stessa mentalità, ognuno ha il suo pensiero e non tutti intendono allo stesso modo l’idea di rispetto. Ad esempio qualcuno pensa che sia reciproco, mentre qualcuno che sia dovuto ai più grandi… io sono del parere che se qualsiasi persona mi rispetta io faccio altrettanto perché è giusto rispettarsi a vicenda. A me non è mai capitato di non rispettare chi mi vuole bene, al contrario chi ha sempre dimostrato di volermi bene non mi ha rispettato in altre cose, ad esempio dicendomi bugie. Il mio parere è che rispettare gli altri è anche volere per loro il meglio, infatti, io a chi voglio bene auguro il meglio: in poche parole rispetto è volere il suo bene. (Mariasole)

Il rispetto va dato a chi se lo merita. (Michele)

Io sono del parere che il benessere degli altri è importante però il nostro bene vale di più di tutti gli altri. Poi se si può aiutare o essere benevoli con gli altri si fa. Perché quando distruggono noi quasi nessuno sa comprendere. (Giuseppe)

Perché devo per forza rispettare? Perché sono più piccolo? O perché pretendono il rispetto? Io penso che, a prescindere dal fatto che siano essi grandi siano essi piccoli, chi non mi rispetta non ha il mio rispetto. Può capitare di non rispettare qualcuno rimanendo gentili, così come si può essere scortesi con le buone ragioni. Il fatto è che non bisogna sopportare l’arroganza e tutto il male che ci arriva dagli altri. (Carmelo)

Questi laboratori sono porte, sono le tappe di un lungo cammino che vanno nella direzione di quel luogo dove è possibile costruire un’alleanza con il gruppo attraverso l’empatia, intesa come compartecipazione cognitiva ed emotiva al vissuto dell’altro. Queste scritture, a loro volta, devono essere accolte sospendendo il giudizio, senza soppesarle, sminuirle o enfatizzarle. Anche questo racconto proviene dalle terre dell’ascolto, della cura, della presenza.

Rafael Guerrero Bisquierra afferma che “senza educazione emozionale è inutile sapere come si risolve un’equazione”. Questo vale per tutto e per tutti. È dimostrato che se i ragazzi hanno una maggiore padronanza delle proprie emozioni hanno una maggiore capacità: di prendersi cura di sé stessi e degli altri; di superare le avversità; una minore probabilità di cadere in comportamenti pericolosi.

Attraverso l’“azione educativa” cioè quell’insieme di azioni umane – perseguite anche attraverso gli strumenti della lettura e della scrittura – che concorrono alla formazione della persona nella sua dimensione evolutiva e trasformativa, si può dilatare il potere e l’opportunità umana e personale. Ecco che allora “l’animazione educativa” mira ad accrescere la vitalità, l’espressione, la partecipazione dei gruppi, attraverso una serie di interventi di carattere espressivo, culturale in una logica di crescente coinvolgimento.

La libertà di ciascuno di noi è più importante del benessere di tutti?

Alex risponde con un disegno e ci chiede di interpretarlo.

Gianluca La libertà secondo me è una parte della vita che non ha prezzo e ci accorgiamo di lei quando è troppo tardi per rimediare. A volte penso che non è sempre giusto pensare soltanto ai propri interessi ma anche a quelli degli altri. Questo è quello che penso, oggi, da padre: dobbiamo pensare a un domani.

Amin Non è più importante la libertà di ciascuno perché non si può pensare solo a se stessi, ma anche agli altri… se uno pensa solo alla sua libertà col passare del tempo rimarrà solo, senza nessuno. Per questo penso che per evitare la solitudine sia più importante pensare al benessere di tutti.


Compagni di viaggio sono stati i libri ma anche i giornali e l’arte (Bansky and Warhol), con le loro e nostre storie, la bellezza che abbiamo cercato (e a volte trovato) per curare il cuore malato. Non c’è stato niente di magico, esoterico, inarrivabile: è stata esperienza emotiva, che ha provato a restituire carezze negate. Il laboratorio è stato una palestra di relazioni, un territorio delle possibilità, l’occasione per le opportunità: un rispecchiarsi e uno specchiarsi; è stato radici e volo.

Gli incontri hanno visto alternarsi diversi momenti: l’ascolto, le letture, le risonanze, le scritture, l’arte per affermare il diritto a essere se stessi, anche nell’errore, senza perdere o negare le identità in gioco.

Alessandro Baricco scrive in un suo libro (Una certa idea del mondo): mi sono ricordato di una cosa che ho imparato dai vecchi “falli parlare di quello che veramente conoscono e amano, e capirai cosa pensano del mondo”. A questo servono, e serviranno, i libri, a farci raccontare una certa idea del mondo con buone possibilità di trovarci le nostre.

Guidare o essere guidati

“C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato” da Ero cattivo di Antonio Ferrara.

Gianluca Sono d’accordo a essere guidato tenendo conto degli insegnamenti di quelli più saggi.

Amin Questo va bene solo se a guidare sono persone che ti vogliono bene o a cui voglio bene.

Alex Non sono d’accordo perché ognuno di noi deve poter e saper scegliere, tranne quando si è piccoli.

Daniele No, ognuno deve decidere per sé!

Aziz Posso essere guidato quando ne ho bisogno, ma anche decidere da solo quando ritengo di non aver bisogno degli altri…

Siran È utile sentire il parere degli altri, ma anche fare da soli. Anche se sbagli, poi, impari dagli errori!


Ci vorrebbe una “pedagogia delle carezze”

Nella vita ci sono i fallimenti, e si possono affrontare: e questo è l’insegnamento della letteratura. I libri sono strumenti formidabili per favorire un’educazione all’affettività, e comprendere la modalità di richiesta di carezze e di riconoscimenti dei ragazzi, e non solo, potrebbe diventare un importante e necessario canale di comunicazione efficace per l’apprendimento e per un opportuno accompagnamento verso la conoscenza e la consapevolezza di sé.

“Emozione e cognizione – dice Caterina Benelli – sono interconnesse tra loro e operano a livelli profondi: il nostro cervello non ricorda i contenuti, ma le emozioni, che lasciano una traccia a lungo termine: intelligenza e apprendimento funzionano al meglio quando si è felici”.

Il laboratorio che ho provato a raccontare è stato un lavoro affascinante, col quale mi sono posto non solo l’obiettivo di promuovere il senso di appartenenza (sentirsi squadra) ma soprattutto è stato il luogo dove il confronto continuo e costante ha permesso l’apertura di prospettive nuove, per me e per i ragazzi con i quali ho avuto la fortuna di condividere questa esperienza, a cui guardare con fiducia.

Il laboratorio di scrittura ha restituito voce a chi credeva di non averne, ha mostrato i limiti nell’incontro con l’altro, ha dato la possibilità di vedersi unici e non soli, ha riconosciuto la fragilità come valore e ha dato dignità a tutti.

Promuovere la cittadinanza attiva attraverso il coinvolgimento in esperienze significative che passano attraverso la consapevolezza, ha fatto emergere la necessità di lavorare sull’im… portarsi contrapposto al me ne frego: serve un ampliamento degli orizzonti che devono essere non più territoriali o nazionali ma proiettati in direzione del mondo. Ha scritto Sharon: “In questo laboratorio ci siamo sentiti liberi: Liberi di essere”.

Ci vorrebbe una “pedagogia delle carezze” che transiti il modello educativo vigente verso un altro di accompagnamento all’apprendimento e alla formazione che si fonda sulla costruzione di un clima di empatia, nel rispetto e accoglimento di tutte le differenze. Ma, affinché ci sia un processo di cambiamento c’é bisogno di motivazioni (dal latino movere che vuol dire muovere dare avvio, dare direzione), e perché i ragazzi operino e pensino, devono essere motivati: non si impara, non si comprende, non si ricorda senza motivazioni.


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*Il laboratorio di scrittura “Parole dal mondo di dentro” fa parte del progetto “La lettura rende liberi”, ideato da Anna Cavallotto, presidente del Rotary Club Catania, in collaborazione con il Distretto 2110 Sicilia e Malta e i club Rotary Catania Nord, Paternò Alto Simeto, Catania Est, Aetna Nord Ovest-Bronte, Acicastello, Etna Centenario, Misterbianco, Catania Bellini e San Gregorio-Tremestieri Etneo.

Il progetto è stato elaborato con il Tribunale per i Minorenni e l’USSM – Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Catania, ed è rivolto ai giovani di 14-25 anni in carico ai servizi della giustizia minorile.


Mario Giuffrida vive a Catania ed è responsabile di Città inVisibili – Ricerca e Promozione d Attività Socioeducative, le cui proposte hanno nel gioco uno strumento privilegiato di crescita attiva. Nell’inchiesta Lapilli di comunità – dedicata al rapporto scuola/territorio, in particolare alla straordinaria esperienza di scuola aperta e partecipata che sta nascendo intorno all’istituto Fontanarossa – due anni fa ha raccontato come libri e letture possono riempire di vita i territori:

Lapilli di comunità

Contatti

Email:
Per info sul progetto:
Telefono: 06 6538261
Indirizzo: Via Del Casaletto 400, ROMA

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Un progetto selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il progetto è coordinato da Mo.V.I. - Movimento di Volontariato Italiano
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