In quali forme si manifesta la violenza? Che rapporto c’è tra violenza e potere? E tra violenza e democrazia? Che differenza esiste tra conflitto e guerra? Sono alcune delle domande intorno alle quali l’associazione Acmos di Torino si misurerà in tanti modi diversi durante l’anno, coinvolgendo naturalmente l’universo giovanile di cui si occupa da anni, per approfondire principi e pratiche della nonviolenza: “Lo sguardo partirà da noi per arrivare alla storia e al mondo che ci circonda…”. Intanto, il progetto Scu.ter (Scuola e Territorio) di Acmos, una delle più importanti esperienze di scuola aperta partecipata realizzata in Italia nelle scuole superiori, da quest’anno passa da sei a nove scuole
“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.
(Rita Atria)
“Normale, ma dedito a problemi che son più grandi di lui”: così la perizia medica descrive la condizione di Pietro Pinna, escludendone l’infermità mentale, quando nel 1948 rifiuta di prender parte al servizio di leva militare e compie il gesto che lo farà conoscere come uno dei primi e importanti obiettori di coscienza in Italia. Oggi – a ottant’anni di distanza dalla fine della Seconda Guerra Mondiale – come allora – quando la tragedia era ancora vivida nel cuore e negli occhi delle persone – la violenza continua a regolare i rapporti tra l’essere umano, al proprio interno e nei confronti delle altre specie e del pianeta in cui vive.
L’evoluzione ha portato la specie umana a esser cosciente di se stessa, a inventare concetti come bene e male, giusto e sbagliato, a sviluppare tecnologie incredibili per far fronte alle difficoltà della vita. Eppure la violenza non ha cessato di esistere, anzi, e la tecnologia è spesso al suo servizio. Poiché consapevole e intenzionale, appare quindi come un fenomeno ancor più grave. Alcunɜ lo potrebbero definire inspiegabile, altrɜ naturale, alcunɜ più efficace, comunque inevitabile. Come Pietro Pinna l’attuale situazione storica ci impone di occuparci di fenomeni più grandi di noi, convintɜ che la violenza invece si possa comprendere e spiegare, e si possa se non eliminare, almeno limitare, regolare, attenuare, evitare.
In quali forme si manifesta la violenza? Che rapporto c’è tra violenza e potere? Tra violenza e democrazia? Che differenza c’è tra violenza e forza? Tra conflitto e guerra? La violenza può fermare la violenza o genera altra violenza? La violenza può essere giustificabile? Proveremo a rispondere a queste domande seguendo l’indicazione di Rita Atria, che riferendosi alla mafia, emblematico esempio di violenza, intuì che non occorreva indagare né agire troppo lontano da sé e dalla propria esperienza: dunque sì un problema più grande di noi, ma anche un problema alla portata di tutti. Lo faremo confrontandoci con la non-violenza, intesa come teoria e pratica attiva, come insieme di principi, di regole, di motivazioni, di pensieri ed esempi individuali e collettivi di uomini e donne che prima di noi si sono domandati se possibile opporsi alla violenza, se possibile vivere diversamente.
Lo sguardo partirà da noi per arrivare alla storia e al mondo che ci circonda, agli esempi di iniziative politiche e istituzionali che hanno cercato e stanno cercando di governare la violenza e i rapporti di forza, di mediare i conflitti tra le persone e i popoli, di garantire diritti e tutele insindacabili agli individui: di agire la non-violenza ad un livello superiore e più ampio.
Come contribuire oggi a questi tentativi, in Italia e in Unione Europea, che procedono nella storia più come eccezioni che come normalità? Come, a partire dalla pratica nonviolenta personale, si può passare a servire la pratica non-violenta pubblica?
Acmos ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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