Alberto Manzi avrebbe compiuto cento anni. Abbiamo l’impressione che si sarebbe molto incuriosito a leggere le domande sulle sue esperienze, preparate da un gruppo di dodicenni e rivolte alla figlia Giulia Manzi. C’è una frase che, più di altre, il tuo papà amava ripeterti? Ci puoi descrivere il suo carattere? Cosa pensavi quando il tuo papà partiva per i viaggi in America latina? Cosa raccontava a casa delle sue esperienze? È stato un maestro anche per te? Sai dirci quando e perché ha deciso di fare il maestro?
Questa l’intervista che Giulia Manzi, figlia del maestro Alberto Manzi, ha rilasciato ai ragazzi e alle ragazze della 1-C della scuola secondaria di primo grado (anno scolastico 2019/20) della Fratelli Bandiera di Roma, dove Manzi ha insegnato per oltre vent’anni. L’intervista, che fa parte di un corso di giornalismo promosso dalla redazione di Comune (progetto Scappare, Scuole Aperte Partecipate in Rete), è nata da un bellissimo incontro più ampio, durante il quale – attraverso letture, discussioni e giochi -, è stato possibile scoprire alcuni aspetti importanti di Manzi (leggi La scuola di Alberto Manzi).
C’è una frase che, più di altre, il tuo papà amava ripeterti?
Non proprio. C’erano delle attività che facevamo assieme, ma frasi
no. Però ricordo sempre con piacere come declamasse un verso della
Divina Commedia a mamma: “Amor c’ha nullo amato amar perdona”.
Quella era una frase molto ricorrente in casa. Poi c’erano una serie
di soprannomi con cui mi chiamava.
Ci puoi descrivere il suo carattere?
Era una persona pacata, tranquilla, ma diventava iraconda davanti
alle ingiustizie. Era un uomo che non ha mai dimenticato cosa vuol
dire essere bambini, riusciva a stupirsi per ogni piccola cosa e a
gioire della bellezza del mondo. Non gli piaceva litigare, per nulla,
così tendeva ad “abbozzare” durante le discussioni e a lasciar
perdere. Inoltre, riusciva a parlare con tutti e a mettere le persone a
loro agio. Aveva un profondo rispetto per l’altro e questo traspariva
da ogni sua azione e dalla sua vita intera.
Cosa pensavi quando il tuo papà partiva, magari per molti giorni, come nei viaggi in America latina?
Mi dispiace di non poter rispondere a questa domanda. Sono nata
quattro anni dopo il suo ultimo viaggio in America Latina e papà era
già in pensione. Il massimo di giorni che abbiamo trascorso separati
mi pare siano stati, se non sbaglio, due o tre quando dovette andare
al Nord per una trasmissione, o un convegno. Per il resto, prima della
malattia, non ci sono state grandi assenze.
Cosa raccontava a casa delle sue esperienze?
Ero piccola e papà era comunque una persona molto riservata. Già si
apriva poco con gli adulti, con me che ero una bambina ancora meno.
Mi raccontava la parte più avventurosa dei suoi viaggi, come
l’incontro col giaguaro, l’anaconda… come vivevano i kivari e gli
esquimesi. Parlava delle formiche cannibali e del fatto che le
formiche stesse, presso i kivari, fossero considerate un dolce
gustoso. Abbiamo parlato anche del suo periodo come capo scout e
delle marachelle che combinavano i suoi ragazzi.
È stato un maestro anche per te?
Non nel senso di “insegnante”. Era comunque il mio papà e non
riesco a identificarlo come un maestro nel senso comune del termine.
Questo non vuol dire che non mi abbia insegnato delle cose, ma non
lo ha fatto con l’intento di farmi apprendere qualcosa di nuovo, bensì
solo con la gioia di condividere con me alcune esperienze. Facevamo
lunghe passeggiate nei boschi e mi spiegava come riconoscere le
piante e gli animali, ci divertivamo molto a lavorare il legno, a
disegnare e a leggere assieme. In un certo senso, mi ha insegnato a
guardare il mondo sempre con curiosità e a scorgere la bellezza
anche nei singoli fili d’erba.
Sai dirci quando e perché ha deciso di fare il maestro?
Credo sia stato dopo la guerra. Durante il secondo conflitto mondiale
fu imbarcato in un sottomarino che poi fu silurato. Trascorse tre
giorni in mare attaccato a un relitto e quando la guerra finì,
quell’esperienza lo portò verso l’insegnamento. Prima voleva fare il
capitano di lungo corso, affinché tramite l’educazione dei giovani non
si arrivasse più a un conflitto.
1-C (AS 2019/20), IC Fratelli Bandiera di Roma
Docente del corso di giornalismo: Gianluca Carmosino (redazione di Comune)
Giulia Manzi si occupa di pedagogia didattica ed è appassionata di letteratura per l’infanzia e di fantascienza. Tra i suoi libri Il tempo non basta mai. Alberto Manzi una vita tante vite (ADD editore)
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