In questa intervista Michele Pignatelli spiega le ragioni che hanno portato alla nascita di una cooperativa di comunità nel quartiere Sant’Elia di Brindisi e come e perché la cooperativa “Legami di comunità”, insieme all’I.C. Sant’Elia/Commenda, ha avviato un percorso di scuola aperta e partecipata
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Brindisi alla scuola aperta
Febbraio 2020, un centinaio di persone fa nascere la cooperativa “Legami di comunità” in un pezzo della periferia di Brindisi. Quali motivazioni hanno favorito quella nascita? Perché è stata scelta una cooperativa di comunità?
La costituzione della cooperativa è stato un passaggio rituale, uno strumento in un periodo di transizione, nel quale ci siamo ritrovati dopo oltre un anno e mezzo di lavoro informale dal basso. È un’esperienza ibrida, perché incrocia diverse dimensioni attraverso le quali cerchiamo di fare del nostro meglio per il rione. Il processo è partito dal Centro polisportivo e Parco urbano Buscicchio, un bene pubblico sottoutilizzato con un’importante complesso di impianti, dal rugby al tennis, dalla ginnastica al calcio, ma anche un’attività commerciale, cioè la pizzeria, e quella che oggi è diventata la Casa di Quartiere. Agendo su queste leve, il Parco inizia a essere riconosciuto come bene comune dai cittadini, ad attrarre progettualità e investimenti: il lavoro di “Legami di Comunità” consiste nell’implementare, alla pratica ordinaria, un’infrastruttura sociale in grado di costruire sviluppo locale.
Sport popolare, teatro, manutenzione del verde, alcuni servizi di prossimità… Da alcuni mesi, tra le numerose iniziative avviate dalla cooperativa, c’è anche il percorso per una “Scuola Aperta e Partecipata”. Perché? In che modo ha cominciato a prendere forma, per altro in tempi di pandemia? Quali i prossimi passaggi?
Ancora da Comitato di cittadini, il primo appuntamento pubblico che organizzammo trattava del percorso condotto dall’Associazione genitori Scuola di Donato di Roma. Invitammo Gianluca Cantisani del Mo.Vi e Pasquale Bonasora di Labsus per confrontarci su come l’istituto Sant’Elia-Commenda del quartiere potesse trasformarsi in un polo civico a servizio della comunità, co-gestito pluralmente da scuola, privato sociale e cittadini in forma singola e organizzata. Quella riflessione comincia a prendere forma attraverso il progetto “Scuole Aperte Partecipate in rete”, grazie al quale utilizziamo al pomeriggio le aule del comprensivo per le attività extra-scolastiche finalizzate al contrasto della povertà educativa. Vogliamo adesso andare oltre l’erogazione del servizio e prevedere un modello di gestione che guarda all’assunzione di responsabilità distribuita fra cittadini, capace di incidere sui processi decisionali che interessano il rione.
In un quartiere come Sant’Elia quanto è diffusa e in che forma la povertà educativa?
Brindisi ha una popolazione scolastica, nella fascia tre-tredici anni, di oltre 9.000 alunne e alunni di cui quasi il 10 per cento frequentano l’Istituto comprensivo Sant’Elia–Commenda. La scolaresca è eterogenea, per diversificazione economica e sociale, ma la metà degli studenti risulta socialmente svantaggiato, con il 10 per cento di alunni riconosciuti con i cosiddetti “disturbi di apprendimento”, per lo più derivanti da un background familiare molto giovane, deprivato culturalmente. Il quartiere è connotato da una situazione di disagio altamente rischiosa con episodi collegati alla criminalità, anche organizzata, che alimentano le situazioni di fragilità e devianza, senza che vi sia, per contro, alcuna strategia pubblica, nel senso stretto del termine, di contrasto alle vere cause di queste manifestazioni. Ecco perché siamo qui, non da estranei.
Si può dire che “Legami di comunità”, pur muovendosi in un contesto e in un tempo molto difficili, vive già una sorta di crisi di crescita?
Assolutamente sì: in così poco tempo, abbiamo prodotto una quantità di processi, iniziative, progetti che investono il quartiere, ma anche noi come persone operative con un impatto importante, bruciando alcune tappe. Proveniamo da esperienze di volontariato, associative, lavorative e d’impresa molto differenti fra loro e per la cooperativa abbiamo adottato una governance aperta a residenti e cittadini che intendevano impegnarsi fattivamente. La diversità è la nostra forza, ma anche la causa di molti rallentamenti… Poi la dimensione ibrida della cooperativa di comunità stessa fa il resto. L’importante è riuscire a trarre sempre insegnamento.
Ha scritto Zygmunt Bauman: “Tutti noi abbiamo la necessità di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le sfide della vita, ma per la gran parte di noi tale controllo può essere ottenuto solo collettivamente…”. Cosa ne pensi?
Sono un sostenitore del potere distribuito sulla base di un reciproco interesse generale. Nelle nostre comunità va certamente ricercato nei problemi sociali, nella qualità della vita, nella mancanza di lavoro, nell’ambiente, ma anche e soprattutto nelle condizioni dentro le quali possiamo essere protagonisti e protagoniste, insomma portatori di risorse, qui ed ora, per diventare ciò in cui crediamo. E io credo in una forma di partecipazione civica di rappresentazione dei cittadini in quanto tali, perché esseri umani per dirlo ancora più chiaramente.