Una breve raccolta di videointerviste presenta le protagoniste e i protagonisti di un progetto di rigenerazione di uno spazio grande e bello, quello esterno al Liceo livornese Francesco Cecioni, che da due anni interroga la scuola e la città su alcuni stereotipi cuciti, quasi sempre con grande superficialità da esperti e commentatori, sulle spalle di ragazze e i ragazzi di quella età: ma è proprio vero che sono quasi tutti allergici all’idea di sentirsi utili per l’ambiente e la comunità?
Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Apprendere dall’esperienza. A Livorno
Sì, certo, ci sono delle attenuanti: la pandemia, le molteplici crisi che attraversano l’economia e la società intera, la triste immagine che viene restituita dell’impegno politico da chi ne fa una professione, l’annichilimento del pensiero critico e del dibattito culturale… Sta di fatto che sarà meglio prenderne atto: il futuro è nelle mani di una generazione bruciata dalle dipendenze tecnologiche e dalla pigrizia.
Le sentenze, qua e là attenuate da puntuali inviti a non generalizzare – quasi sempre segnati da frasi di circostanza e abbondanti spolverate di ipocrisia più che da reali convinzioni -, si susseguono da ben prima che il dilagare del virus e del terrore del contagio sospendesse per chiunque la libertà di stare insieme e, per un po’, perfino quella di toccarsi.
Il breve video realizzato da Lorenzo e Margherita, così come molte delle esperienze disseminate in questa inchiesta e le tante immagini che trovate nella pagina facebook delle Scuole Aperte ViviCecioni, raccontano un’altra storia. Anch’essa non generalizzabile, è ovvio, ma che invita tutti certo, almeno sul terreno essenziale della potenzialità, a cambiare in profondità la direzione dello sguardo. La realtà di chi sa apprendere dalle esperienze e non dai luoghi comuni riserva sempre sorprese.
Lo spazio di ascolto contemporaneo è dominato da un eccesso di comunicazione, una comunicazione semplificata oltre ogni misura e tutta uguale, come certe serie televisive che vanno per la maggiore non esattamente tra quella “gioventù bruciata”. Se la comunicazione non passa per i corpi, poi, è in gran parte inutile o inservibile. Spesso genera impoverimento intellettuale e morale, ma soprattutto impedisce di cogliere i processi che modificano in profondità quello che accade.