“Solo l’avvio di laboratori di rigenerazione sociale e culturale possono far emergere i bisogni della comunità, orientandoli verso modelli di partecipazione e progettazione collettiva…”. Un paragrafo del libro curato da Simona Bartolini e Paola Villa, Forma, esplora, anima (Rubettino), dedicato ai cambiamenti in corso nel quartiere Sant’Elia di Brindisi a proposito di partecipazione
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Brindisi alla scuola aperta

Si parte dalla considerazione che la percezione del territorio che ha chi lo abita è fondamentale, perché in questa percezione il territorio vive e si esprime, infatti la creatività umana si nutre dell’incontro tra persona e luogo: un rapporto dinamico e di mutuo condizionamento.

Spesso il concetto di periferia è spiegato con il paradigma della «marginalità», spiegazione economico-sociali. In particolare periferia è certamente lontananza fisica dal centro, quindi il concetto lo si coglie su un piano spaziale, ma è dato empirico che lontananza non equivale di per sé a scarsa qualità della vita. Anche la periferia può essere centro, se per centro intendiamo il luogo in cui si concentrano e si controllano i dati e le informazioni, si articolano le funzioni, si svolgono le attività, si elaborano le decisioni, si distribuiscono le risorse, si diffondono valori, stili di vita, modelli di comportamento.
Il paradigma della marginalità, consente, dunque, di afferrare meglio il concetto di periferia: non ne esclude la dimensione spaziale o geografica, ma impedisce che essa sottragga aree territoriali centrali, e tuttavia “marginali”, all’intervento pubblico.
Attorno alle comunità stanziate sul territorio urbano ruota “il sentire comune”, che è percezione della città come bene condiviso. È innegabile, tuttavia, che gli abitanti delle città, soprattutto di quelle grandi, vivano la dimensione urbana attraverso la scala ridotta del quartiere, perché è nel quartiere che la persona è concretamente situata. Il quartiere è la cornice all’interno della quale possono sperimentarsi nel modo più adeguato scelte organizzative capaci di dare risposte efficaci alle domande provenienti dal territorio; è lo spazio pubblico nel quale è possibile costruire strutture e forme di dialogo sociale; è la dimensione nella quale l’idea della sostenibilità, variamente studiata, può essere concretamente calata, sperimentata, misurata e verificata.
L’azione deve essere costruita con la comunità sociale
Tutto è nato quando Michele ebbe la brillante intuizione di valorizzare una piccola ma importante esperienza di cittadinanza attiva spontanea. I residenti di una piazza del quartiere Sant’Elia addebitavano la mancata cura dei luoghi alla precedente amministrazione politica eletta. Stanchi di non essere ascoltati, da quel giorno, la manutenzione, l’irrigazione, la gestione e la pulizia del verde – rifiuti – avvengono in modo partecipativo dal basso grazie a una piccola quota mensile per famiglia. L’attivazione e il protagonismo delle persone di Piazza Osvaldo Licini, insieme ai loro vicini, diventano i promotori di buone pratiche di comunità.
Condividemmo da subito l’idea che bisognasse promuovere questo approccio alla vita pubblica e di quartiere in modo ancora più sistemico e organizzato e che la straordinarietà di alcune vicende positive ed edificanti potesse e dovesse diventare prassi diffusa, condivisa, ordinaria.
Questa condivisione di visioni si unì al desiderio forte di riappropriarsi di uno spazio abbandonato da tempo, dal volerlo rivedere abitato dai cittadini e restituirgli la dimensione sociale che aveva.
Si tratta di un parco, in particolare del Centro sportivo Buscicchio nel cuore del quartiere Sant’Elia di Brindisi. Il parco era frequentato e vissuto e le strutture sportive davano modo di allenarsi a centinaia di bambini e ragazzi, dando la possibilità a tutti di esserci, confrontarsi, socializzare, ma soprattutto di avere un’alternativa all’emarginazione sociale. I maestri delle scuole adiacenti il parco, facevano uscire i bambini da scuola e li portavano al parco facendo una lezione diversa da quella face to face, mentre gli allenatori prendevano i ragazzi dalla strada per farli giocare.
Attraverso il principio fondamentale della prossimità, nacque spontaneamente il Comitato Parco Buscicchio, attraverso l’incontro e le volontà di alcuni abitanti del quartiere e da alcuni attivisti, animatori di comunità e community organizer che vollero perseguire lo scopo di avviare un percorso di rigenerazione umana prima ancora che urbana intorno al centro sportivo e polmone verde del quartiere che, se versa attualmente in condizioni non ottimali per la fruizione libera e serena degli cittadini, potrà diventare una importante risorsa per il rilancio e il riscatto di un’area della città molto bella ma ancora poco valorizzata in termini di cura e spazi per la socialità. Il comitato ha creduto fortemente al potere dell’attivazione dal basso di processi di cambiamento e costruzione di misure politiche che li favoriscano.
Tra scarsità di risorse e problemi legati alla gestione del Parco e centro polisportivo una parte di amministrazione stava pensando di affidare alcuni impianti a gestori privati tramite gara. Il ruolo del comitato è stato quello di intercettare e bloccare questa logica e gli atti che ne sarebbero derivati per aprire uno spazio di interlocuzione e una proposta gestionale alternativa che mettesse al centro gli interessi e il protagonismo dei cittadini.
Abbiamo portato il Comune di Brindisi ad abbandonare una strada legata alle dinamiche competitive tipiche delle gare e dei bandi per abbracciare la prospettiva della co-progettazione con il comitato e tutti gli enti della rete che è si è costituita. Attraverso una manifestazione di interesse e l’utilizzo del Regolamento per la cura e gestione dei beni comuni vogliamo arrivare alla gestione partecipata degli spazi del Parco e delle attività e dei servizi che possono essere avviate.
Lotta alla povertà educativa e culturale
Il focus, l’obiettivo principale, di ogni ragionamento e azione è la lotta alla povertà educativa e culturale. La costruzione e il rafforzamento di una rete civica che generi una comunità educante sono indispensabili per raggiungere quest’obiettivo e traguardarne un altro ad esso strettamente connesso che è quello dell’empowerment della comunità. Potere e responsabilità condivisi e diffusi migliorano la qualità della vita perché favoriscono processi generativi e collaborazione costruttiva tra pubblica amministrazione e cittadini. I cittadini come portatori non di problemi ma di risorse.
Il patrimonio pubblico di una città non è detto che sia sempre costituito da luoghi, intesi come spazio fisico dentro il quale si addensano relazioni, costruzione di senso e di appartenenza, identità.
Se la comunità non riconosce in uno spazio pubblico memoria e valore, se no se ne prende cura, questo non è ancora un bene comune. Per Parco Buscicchio la memoria di ciò che è stato e la consapevolezza di ciò che può essere sono gli elementi che lo identificano e ne fanno a tutti effetti un bene comune. La comunità che vi si sta attivando intorno rappresenta il miglior presidio possibile per un luogo da rigenerare e difendere.
Per noi il fatto che la scuola, ad esempio, stia guardando al Parco come la naturale prosecuzione dello spazio fisico e di senso dentro il quale realizzare attività e progetti è un grande passo in avanti in quest’ottica.
La collaborazione con Uisp Brindisi, Labsus, Associazione Vivere Insieme, l’Istituto Comprensivo Sant’Elia/Commenda e tante altre realtà del territorio, rappresenta un momento di apertura e condivisione degli spazi del Parco e del Centro sportivo polivalente “Buscicchio”, un processo partecipato per costruire insieme ai residenti e alle associazioni una strategia di sviluppo locale attorno alla valorizzazione di questo bene comune.
L’iniziativa è da considerarsi come prima tappa di un percorso di riappropriazione e risignificazione degli spazi comuni del Parco e di alcuni impianti sportivi sottoutilizzati volto a riattivarli in maniera che ne emergano a pieno tutte le potenzialità in termini di socialità, aggregazione e promozione di valori importanti come il senso di appartenenza, la partecipazione, la coesione sociale, la solidarietà e la presa in cura dei beni comuni.
Il recupero di un modello di socializzazione, basato sulla partecipazione, può rispondere ai bisogni complessi e differenziati degli abitanti del quartiere, prevenendo fenomeni diffusi di disagio sociale, ma può anche determinare l’avvio di nuove opportunità di sviluppo per tutti.
Il territorio invece di essere un elemento costante e positivo dei rapporti interindividuali, viene percepito come una separazione, indotta dall’abbrutimento e dall’impossibilità di vivere in modo partecipato il proprio ambiente. Solo l’avvio di laboratori di rigenerazione sociale e culturale possono far emergere i bisogni della comunità, orientandoli verso modelli di partecipazione e progettazione collettiva. La pratica sportiva è uno strumento di crescita ed educazione nell’età evolutiva, prevenzione della salute in età adulta e cura e riabilitazione in terza età. Inoltre si genera lo sviluppo della relativa “cultura sportiva”.
Si vogliono creare opportunità di crescita civile e culturale, favorendo la formazione di una coscienza civica che porti ogni cittadino a sentirsi responsabile del proprio ruolo all’interno della collettività. Questo è il presupposto dell’avvio di processi di partecipazione che siano in grado di valorizzare il contributo di ogni cittadino, promuovendo la crescita del quartiere.
[Michele Pignatelli, Paola Meo e Daniele Guadalupi]