Le violenze e le torture riguardanti l’Istituto Penale Minorile “Cesare Beccaria” di Milano non sono solo un terrificante problema penale. Quanto accaduto riguarda tutti, a cominciare da chi si occupa di ragazzi e ragazze. C’è da ripensare l’idea di pena in profondità, c’è da mettere subito al centro nelle carceri minorili percorsi educativi socializzanti, c’è da costruire una relazione tra istituti e territorio
Tredici agenti penitenziari sono stati raggiunti lunedì 22 aprile da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre otto sono stati sospesi dal servizio, per le violenze e le torture che sarebbero avvenute nell’Istituto Penale Minorile “Cesare Beccaria” di Milano.
Come sempre accade in questi casi chiediamo che si faccia chiarezza sull’intera vicenda. È una buona notizia, nonché uno dei lasciti positivi della legge che punisce la tortura, che sta rompendo anche il muro di omertà che spesso si registrava, che il caso sia emerso anche con il contributo diretto dell’amministrazione penitenziaria.
Da tempo come Antigone denunciamo tensioni e malfunzionamenti nell’ambito delle carceri minorili, così come avevamo avuto modo di raccontare approfonditamente nel recente rapporto Prospettive minori, presentato lo scorso mese di febbraio. La presa in carico dei ragazzi è sempre più disciplinare e farmacologizzata, con un utilizzo smodato di psicofarmaci, soprattutto per i minori stranieri non accompagnati che vengono spostati come fossero pacchi da un Istituto penale minorile a un altro a seconda delle esigenze, con una modalità che contribuisce a creare e aumentare le tensioni.
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In particolare avevamo denunciato il clima interno teso di quel carcere in particolare il sovraffollamento, i lavoro di ristrutturazione che durano da anni e limitano gli spazi per le attività, la carenza di personale educativo e direttori cambiati ripetutamente nel corso di pochi anni.
La risposta di fronte a questa indagine, la prima che riguarda le carceri minorili, è di tornare a ripercorrere il modello educativo e socializzante che era stato impostato negli ultimi trent’anni, messo sotto attacco anche dagli ultimi provvedimenti governativi.
Antigone, associazione “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, è nata alla fine degli anni Ottanta nel solco della omonima rivista che aveva come oggetto la critica alla cultura dell’emergenza come forma di governo, anche in ambito penale, e al nascente populismo penale. Promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda, è un’associazione politico-culturale a cui aderiscono magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale.
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