Un polo civico, come ogni polo, esercita una rotazione di fondo: ribalta prospettive, produce movimento di corpi, intersezioni inattese, eccessi di solidarietà. La straordinaria esperienza del Polo civico Esquilino, a Roma, nato dal basso, dimostra che è possibile cercare strade inedite per rispondere alla fame di comunità
Questo articolo da parte dell’inchiesta Il rammendo dei quartieri
Il polo è una cosa attorno a cui avviene una rotazione. La dimensione della “rotazione” è quella che più si avvicina alla sostanza di quello che fa un Polo civico. Prima di tutto, la rotazione è un movimento – rotatorio appunto – che in quanto tale produce movimento di altre cose, corpi, persone.
Il Polo civico esercita una rotazione di fondo: ribalta la prospettiva, la ruota, dalla riflessione sulle proprie cose, l’interesse e la cura dell’oggetto del proprio attivismo civico, fa una giravolta e si ritrova a esercitare uno sguardo più ampio, che prova ad abbracciare tutto, tutto quello che sta al di là del proprio ambito di passione politica, con la necessità di comprendere l’altro. Se questa prova riesce, si arriva a compiere una rotazione completa. Si direbbe una trasformazione.
Infatti la seconda cosa a cui porre attenzione è che la rotazione produce altri movimenti e in questo senso cambiamenti, dinamismo. Il Polo civico genera animazione. Movimento. Dal movimento nascono eventi, intersezioni anche inattese. Lasciarsi sorprendere.
Terzo, la rotazione è quella che si fa nei campi per non stancare troppo il terreno e rivitalizzarlo, ruotando le colture. È abbastanza immediato capire che un Polo civico abita perfettamente questa similitudine, perché è un sistema economico – nel senso antico – cioè favorisce naturalmente sostituzioni e ricambi, in una relazione di parità e aiuto reciproco. In questo modo, il campo – ovverosia il processo – non si stanca e non finisce col diventare sterile.
La quarta cosa che mi è venuta in mente è la rotazione dell’atleta quando salta con l’asta, a un certo punto si gira a pancia in giù per passare l’asticella. Questa è una digressione ma si potrebbe aprire un capitolo sul tema “utilità del rendersi concavi o convessi a seconda della circostanza e delle necessità”, ciò che qualcuno chiamerebbe “la postura”. Ciò che qualcun altro chiamerebbe “altruismo”.
È abbastanza evidente lo scarto tra il modo di fare attivismo e politica prima e dopo aver vissuto un’esperienza come quella del Polo civico: siamo in presenza di uno scarto audace, caotico, stra-ordinario, un’eterogeneità di identità di pensieri di emozioni di culture di esperienze. Però al quadrato. Dove c’era la zona di confort della propria associazione, organizzazione, comitato, gruppo di impegno civico, la consonanza intorno a una missione, qui tutto si muove, si sposta, e ti ritrovi a condividere un percorso nuovo con persone profondamente diverse che però associano una visione comune, caparbia, fare comunità. E ruotare lo status quo.
La comunità del Polo civico Esquilino, a Roma, si è riunita venerdì 22 novembre per inaugurare la nuova sede, uno spazio di oltre duecento metri quadrati che viene restituito alla società civile. Uno spazio che si determinerà così: ogni sei mesi rotazione colturale (non si esclude una maggiore frequenza); molti salti con l’asta rigorosamente a pancia in giù; e poi muoversi muoversi continuamente.
Quello che si poteva osservare venerdì, alla festa del Polo – perché è stata una festa, una celebrazione, un’occasione propizia – era una complessa e meravigliosa composizione di persone e accadimenti, in movimento, adolescenti bambini anziani, etiopia somalia marocco africa cina, fotografie zighinì couscous pasta nduja, autorità popolo, agitati allegri accoglienti, chitarre regali canti, bella ciao e tantissimi baci.
Quello che si poteva osservare, inoltre: un’enorme fame di comunità, di stare insieme, di avere in comune un desiderio.
Quello che si poteva osservare era anche sì, una distanza, tra una politica in ritardo e una società civile in anticipo sul tragitto, ma anche un ascolto e una volontà di riconoscerlo questo processo del Polo civico. Che non era scontato, anzi.
Comunque a onor del vero, di poli ce ne sono stati, non siamo stati noi i primi, i poli del passato si sono risolti in disgregazione di intenti e di apparati mentali, non potendo frantumare ciò che non c’era, cioè la Politica. Il Polo civico (Esquilino) è tutta un’altra cosa, come si capisce sopra. O non si capisce. Bisogna ruotare.