Accompagnare la crescita di esperienze come le scuole aperte partecipate e, più in generale, creare territori nei quali la corresponsabilità educativa è diffusa significa consentire a ragazzi e ragazze di vivere in pieno la loro età e favorire la nascita di relazioni. Il problema più grande per gli adolescenti, secondo Daniele Novara, resta infatti la mancanza di compagnia: l’isolamento per molti è l’anticamera delle crescenti e inquietanti dipendenze da cibo, social e videogiochi. In fondo anche quello è un modo per gridare questo mondo non ci piace

La prima indagine dell’Istituto Superiore di Sanità sulle “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z” 1 , condotta su 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni, rivela che i preadolescenti e gli adolescenti italiani risultano essere sempre più soli e pronti a riempire i “vuoti” relazionali con cibo, social e videogiochi. Ragazzi e ragazze che hanno invece semplicemente bisogno di condurre una vita “normale”, socialmente gratificante, di uscire dal nido (allontanandosi da un eccessivo maternage) per mettersi alla prova e salvarsi nella crescita.
La natura compensativa del loro cervello, opportunistico sul piano dei compiti sociali e molto sensibile sul piano della compensazione dell’area celebrale del piacere, li conduce alla continua ricerca di gratificazioni. Si tratta di stabilire cosa è pericoloso e cosa non lo è. Lo sport è una classica attività di compensazione positiva: permette ai ragazzi di vivere l’età, con le sue caratteristiche, tenendoli in sicurezza. Viceversa, l’isolamento sociale (si veda il noto fenomeno degli Hikikomori) rappresenta una situazione rischiosa.
Dipendenza da cibo
La dipendenza da cibo coinvolge oltre un milione e 150 mila ragazzi (quasi il 65 per cento di sesso femminile) e il 9,3 per cento presenta un rischio grave.
Questa dipendenza in particolare è legata alla pandemia, all’aver trascorso un periodo molto lungo chiusi in casa durante il quale il mangiare è diventato una classica attività compensativa rispetto alla carenza dei bisogni dell’età: il gruppo, l’esordio sessuale, le avventure.
Dipendenza da videgiochi
Il 12 per cento degli studenti presenta l’Internet gaming disorder, con effetti di depressione, aggressività e ansia sociale. I genitori hanno ormai sostituito le pratiche educative, fatte di regole e limiti, con pratiche di pura e semplice condivisione di tempo e/o interessi. Spesso, anziché intervenire, aspettano che sia il ragazzo a decidere di staccarsi dai videogiochi. Un’attesa vana: una volta che il cervello si “aggancia” alle sue aree di piacere, come nel caso di utilizzo prolungato di un device, non è più in grado di “fare retromarcia”.
Il problema risiede quindi ancora una volta nel mondo degli adulti convinti che il ruolo educativo consista nel condividere il tempo con gli adolescenti e compiacerli. Aizzati il più delle volte da blog e piattaforme digitali che hanno un palese conflitto di interessi.
Dipendenza da social media
La dipendenza da social media, invece, riguarda il 2,5 per cento del campione (in prevalenza ragazzine over 14) con conseguenze sul piano dell’ansia sociale e una maggiore incidenza di impulsività. Basterebbe rispettare il decreto che ne vieta l’utilizzo sotto i 14 anni. Non ha senso che stiano più sullo smartphone di quanto stanno sui libri.
Difficoltà nelle relazioni
La difficoltà comunicativa nei ragazzi rivela la paura di trovare una resistenza nell’altro, un tema tipico della gestione dei conflitti. I ragazzi hanno bisogno di affrontare le sfide, non di essere sostituiti in tutto per tutto dai genitori che, invece, dovrebbero accettare il loro allontanamento e gestirlo il meglio possibile. È normale che vogliano uscire, fare esperienze fuori dal nucleo familiare, che considerino la casa un “albergo”.
Preoccupatevi se dovesse accadere il contrario. Il problema delle relazioni riguarda anche il rapporto tra pari. I giovani devono imparare a relazionarsi, a gestire le frustrazioni e le comunicazioni “difficili” con i coetanei.
Sfide educative
Prima di guardare le dipendenze esplicite, bisognerebbe osservare se l’adolescente sta sfidando la vita o se si sottrae rischiando di mettersi nei guai. Non volere andare a scuola, per esempio, è un segnale molto negativo. La preoccupazione dei genitori per le cattive compagnie fa perdere di vista il problema più grosso: la mancanza di compagnia, che si lega a un elemento depressivo sempre più comune tra i ragazzi e le ragazze di oggi. L’isolamento è l’anticamera delle dipendenze: se un giovane non ha interessi e si ritira, finisce in un vuoto che, prima o poi, verrà riempito da qualcosa. E spesso quel qualcosa sono dipendenze dannose. I figli vanno accompagnati nella crescita e guidati, soprattutto nell’adolescenza.
Questo articolo è tratto dalla rivista Conflitti 2/2023 gratuita per tutti gli iscritti alla newsletter CPP.
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