• Il progetto
  • Vademecum e Patti
  • La Rete
  • Formazione online
  • Pagina Facebook
  • Pagina Instragram
  • Pagina Twitter
  • Cerca nel sito

TerritoriEducativi

Informazione indipendente

  • Guerra
  • Nonviolenza
  • Clima
  • Migranti
  • Covid
  • Autogestione
  • Decrescita
  • Scuola
  • Territorio
  • Movimenti
  • Cura
  • Conversione ecologica
  • Rivoluzione
  • Camminare
  • Patriarcato
  • Gas
  • Agricoltura
  • Orti
  • Multinazionali
  • Bici

I figli di Arghillà

Rita Coco
10 Settembre 2022

Arghillà è tante cose. È una periferia dove sono state ammassate persone di origine rom, ma anche migranti e poveri. È un chilometro quadrato di casermoni di edilizia popolare nel mezzo del nulla, costeggiati da cumuli di rifiuti, malgrado il mare a due passi resti meraviglioso. È un non-luogo dove si vive di espedienti e dove i piani alti del palazzoni non hanno mai l’acqua, né d’estate né d’inverno, quelli bassi qualche ora al giorno. Arghillà è prima di tutto un brulicare di bambini e bambine, nati spesso da genitori adolescenti, costretti a sopravvivere con un destino segnato in un quartiere dove la scuola è stata chiusa. Reportage dalla periferia invisibile di Reggio Calabria, dove qualche seme di speranza comincia a riconoscersi nel fare quotidiano del Comitato di quartiere e di alcune associazioni

Questo articolo fa parte dell’inchiesta
La Calabria che non torna alla normalità

Foto di R. C.

Arghillà è tante cose. È una periferia. Una delle più degradate d’Italia, insieme a quelle più note come Scampia a Napoli e Zen a Palermo, situata a pochi chilometri a Nord dal centro di Reggio Calabria. Casermoni di edilizia popolare tutti uguali allineati lungo viali paralleli su una collinetta di un chilometro quadrato nel mezzo del nulla, costeggiati da cumuli di rifiuti, ordinari e speciali, resti di roghi di chissà cosa. Una maxi discarica a cielo aperto piena di mosche in cui vengono a scaricare anche da altre parti della città. Arghillà Nord per la precisione è questo; Arghillà Sud si dice sia più vivibile, c’è persino una parrocchia e un oratorio, ma le due parti del quartiere sembrano distinte e separate, comunque scollegate.

Arghillà è i suoi abitanti. Qualche migliaio, da quattro o settemila, ma nessuno sa esattamente quanti siano, non è mai stato fatto un censimento. Sono per lo più di origine rom, stanziali e di cittadinanza italiana. Molti non hanno carta di identità, non hanno residenza, e sono così tagliati fuori da qualunque diritto di base e prestazione sociale. La quasi totalità degli appartamenti, 650 su 900, un centinaio per palazzone, molti senza agibilità, è occupata senza titolo. Abusivi e invisibili, eppure pienamente reali.

Non c’è acqua, i piani alti non ce l’hanno mai, né d’estate né d’inverno, quelli bassi qualche ora al giorno, d’estate un’ora al massimo. Eppure il quartiere è costruito su una falda acquifera, quindi pure a rischio idrogeologico. Per l’elettricità qualcuno usa generatori, c’è chi si è attaccato ai cavi dell’illuminazione pubblica e chi persino alla centralina della caserma locale.

Qualcuno in città a un certo punto ha deciso di rendere invisibili tanti e tante, prima di tutto rom che vivevano nel complesso “208”, nel centro di Reggio. E poi tutto il resto: migranti, emarginati, poveri. Tra l’opzione di distribuirli sul territorio oppure ammassarli tutti in un ghetto in periferia si è scelta la seconda via, con la scusa del quartiere residenziale. Scelta scellerata e incomprensibile, dal punto di vista urbanistico e sociale, di chi ha preferito nascondere e adottare una soluzione semplicistica a un problema complesso. Incapacità e insipienza, unite a qualche convenienza politica e chissà cos’altro.

È qui che mi unisco, in un pomeriggio di fine agosto, agli operatori dell’associazione Medici del Mondo (MdM, medicidelmondo.it) per distribuire sacchetti con prodotti per l’igiene personale e per la casa, accompagnati da operatori del sociale che lavorano localmente in progetti con rom, sinti e caminanti, supplendo all’assenza delle istituzioni. Ci ritroviamo davanti al Centro di Medicina Solidale ACE per poi cominciare la distribuzione nei vari lotti. Alberto, psicologo di Medici del Mondo, fa la lista con i nomi delle donne e le avvisa che saranno contattate per uno screening per il tumore al seno presso il Centro ACE. Qui la prevenzione è una novità. Domenico, altro operatore di MdM, scarica i pacchi dalla macchina stipata, tiene il conto di quelli consegnati e stima il fabbisogno per le prossime consegne.

“Qui si vive di espedienti”, dice Giovanni Votano (detto Gianni), presidente del Coordinamento di Quartiere Arghillà, che ci riceve nel suo emporio mini-market, uno dei pochissimi negozi presenti al centro del quartiere, insieme alla farmacia, alla rivendita tabacchi e alla rosticceria.

Insieme a qualche centinaio di altri abitanti non rom, Giovanni resiste da venti anni in questo territorio difficile. Moglie ucraina che fa la stilista e preferisce non pensare a dove vive, tre figli che non vivono più ad Arghillà, prova ad andare avanti nonostante tutto, tra la sua attività, l’attivismo civico e gli incontri con le istituzioni. Ci mostra due articoli de l’Avvenire (edizione Calabria), uno di giugno 2022 con un’intervista allo stesso Giovanni e alla farmacista disperata per lo stato di abbandono, un altro del 2018 che parla degli “invisibili di Arghillà”.

“Ad Arghillà non si lavora, al più si fanno lavoretti occasionali”, dice Giovanni, “qualcuno prende il reddito di cittadinanza, ma non sa spenderlo, dopo due giorni lo finisce. Non sanno cucinare e mangiare, per cui le persone si ammalano facilmente”. Chi può se ne va; chi non ha alternative resta, e sono i più vulnerabili, che si adattano innescando un processo di “romizzazione” (il termine che uso lo fa sorridere). Intanto intorno a noi sfrecciano e sgommano auto, con lo stereo a tutto volume, per lo più canzoni neomelodiche.

Il negozio di Giovanni si trova in un edificio pubblico che dovrebbe essere ristrutturato. “Il finanziamento c’è ed è disponibile, 15 milioni di euro, ma le imprese contattate non vogliono lavorare ad Arghillà se non con la garanzia di una sorveglianza 7/24, non si fidano di lasciare attrezzature e strumenti di notte, salvo che neppure le forze dell’ordine vogliono venire qui”.

Non si fa fatica a capire che le cose da fare sarebbero tantissime, se solo le istituzioni decidessero di riaffermarsi, magari con l’aiuto delle associazioni che già lavorano sul territorio. Secondo Giovanni “la prima priorità sarebbe fare un censimento, e poi regolarizzare le occupazioni”. Ci stanno lavorando, il CdQ ha un gruppo FB in cui si dà conto dell’impegno e degli incontri con le istituzioni.

Arghillà è un brulicare di bambini, di figli di un non-luogo. Famiglie composte da adulti, giovani e anziani, e bambini; i bambini, soprattutto, fanno impressione. Si fanno tanti figli ad Arghillà; per le ragazze restare incinta a 14 anni è normale, c’è chi anticipa anche a 11 anni, e poi fa 4, 5, 6 e più figli. Crescono per strada, si aggirano nei cortili e nelle strade invase dai rifiuti, le ragazzine più grandi con qualche fratellino in braccio.

E ci sono ragazzi, anche loro adolescenti o poco più, che vengono a “prendersi” le ragazze anche da fuori, e le mettono incinte, e dietro ai passeggini il corteo delle nonne e delle zie, ragazzine appena mature che portano a spasso il frutto di fuitine non sempre liberamente scelte.

Tra i pilastri dei caseggiati sfinestrati non mancano litigi e dispetti tra i bambini. Come quello del piccolo rom con problemi di salute che picchia il piccolo nordafricano che si stava facendo gli affari suoi davanti al suo “basso” con i suoi genitori. Il piccoletto vive con altri cinque fratelli e con i genitori in quaranta metri quadrati, scala scrostata, quadri elettrici e idraulici senza protezione. La madre del piccolo nordafricano protesta in una lingua incomprensibile.

Non ci sono strutture o altri luoghi dove fare sport, giocare o ritrovarsi per piccoli e adolescenti: c’è un campo da calcio annesso a una villetta poco lontana dai casermoni, ma privato, a pagamento, chi ci può andare?

Chi nasce ad Arghillà ha il destino segnato, può sopravvivere di espedienti, oppure finire in carcere, o anche morire di bravate, come successo a Domenico “Dodò”, 18 anni, schiantatosi in un frontale con il fratello, lui in motorino che si faceva un selfie, il fratello su una macchina.

Arghillà ha, incredibilmente, una scuola chiusa. Arghillà ha tassi di dispersione scolastica altissimi. Qui le persone, grandi e piccole, non sanno leggere, scrivere, fare di conto, non sanno contare i soldi, e anche mettere una firma è un’impresa. Eppure qualcuno, a un certo punto (risulta già dall’articolo di Avvenire del 2018), ha deciso che il plesso scolastico di Arghillà, facente parte dell’Istituto Comprensivo Statale Radice-Alighieri, doveva essere chiuso. L’esatto opposto di quello che una persona comune, dotata di minimo senso civico, farebbe e si aspetterebbe in una situazione di questo tipo. E quel che è peggio è che al suo posto ha pensato bene di mettere un commissariato. Lo Stato si ritira con l’educazione e si afferma – per così dire – con l’autorità di pubblica sicurezza. C’è dunque un commissariato e c’è pure un carcere (casa circondariale Reggio Calabria Arghillà). Così bambini e bambine che già avevano una bassa propensione allo studio si ritrovano a doversi spostare in un altro quartiere per andare a scuola, ammesso che le famiglie, che già tanta simpatia per la scuola non ce l’hanno, abbiano intenzione di mandarceli. Ad Arghillà, dice uno degli operatori, non funzionano neanche gli obblighi connessi ai processi penali, figuriamoci l’obbligo scolastico. Per Costituzione la scuola è obbligatoria ma è prima di tutto un diritto, che qui non viene garantito. Se poi fosse confermata la recente denuncia circolante in rete (dell’associazione Mondo di Mondi) che nel plesso di Catona dell’IC Radice-Alighieri è stata creata una classe differenziale con soli alunni rom nell’ambito di un progetto PON finalizzato all’inclusione (!?) di rom, sinti e caminanti, sarebbe un fatto molto grave, lesivo della legge 571/1977 (che ha cancellato la vergogna delle classi differenziali), oltre che dei principi costituzionali della scuola aperta a tutti: come si può includere se si segrega?


LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI FRANCO LORENZONI:

Discriminazioni di classe

In tempo di campagna elettorale, il minimo tra chi si contende i voti sul tema fondamentale della scuola e delle politiche giovanili sarebbe impegnarsi a ridare una scuola (ben funzionante) ad Arghillà e alle tante periferie educative ed esistenziali sparse dal Sud al Nord d’Italia. Sarebbe poi il massimo se si impegnasse pure a risolvere in maniera sistemica i problemi strutturali e cronici della scuola italiana, solo amplificati dal Covid, tra cui classi pollaio, precariato, edifici fatiscenti, mancanza di personale e risorse, scarsa ricerca educativa e pedagogica: ma questa è un’altra storia….

Tratta da pixabay.com

Arghillà, infine, è anche lo scorcio di un paesaggio mozzafiato. Un mare azzurro intenso e un cielo luminoso si stagliano scendendo da Arghillà Nord, attraversando Arghillà Sud, fino a raggiungere la bellissima città di Reggio Calabria, che già da sola vale un viaggio fino alla punta estrema dello stivale. Promessa di speranza e di rinascita. Pensare che esista una Arghillà in Europa, in Italia, nel 2022, ha dell’incredibile.


Contatti

Email:
Per info sul progetto:
Telefono: 06 6538261
Indirizzo: Via Del Casaletto 400, ROMA

Media

Documenti
Video
Archivio

Iscriviti alla Newsletter

Logo Con i Bambini
Un progetto selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il progetto è coordinato da Mo.V.I. - Movimento di Volontariato Italiano
Gestisci Consenso Cookie
Usiamo cookie per ottimizzare il nostro sito web ed i nostri servizi. Privacy Policy
Funzionale Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici. L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Gestisci opzioni Gestisci servizi Gestisci fornitori Per saperne di più su questi scopi
Preferenze
{title} {title} {title}