Ci sono quartieri dormitorio senza spazi di aggregazione nei quali le piccole scuole di quartiere possono diventare un riferimento importante per ricostruire le relazioni sociali, anche in tempi di pandemia. A Collegno, grandi e piccoli, hanno cominciato a incontrarsi ogni mercoledì nella piazza davanti la scuola Calvino: ecco come nasce un percorso di scuola aperta e partecipata

Villaggio Dora è un quartiere periferico di Collegno, cittadina di poco meno di 50 mila abitanti di fatto unita a Torino. Per arrivarci si passa da una strada a grande percorrenza con grandi svincoli e centri commerciali. Oppure bisogna attraversare il centro storico non molto frequentato, scendere verso il fiume Dora – i palazzi delle case popolari davanti alle montagne – e attraversarlo. È un quartiere separato fisicamente dal resto della città, e così viene considerato dai collegnensi e dagli stessi abitanti: un quartiere dormitorio. E, in effetti, i servizi, i commerci e anche i bar sono pochi. Pochissimi i luoghi di aggregazione, soprattutto per giovani e famiglie. I genitori ne parlano come un quartiere “brutto anatroccolo”, al cui stigma è finito per credere lui stesso.
La scuola primaria Calvino si trova nel centro del quartiere, ha un ampio cortile e un bel giardino: ospita solo una sezione, è una piccola scuola di quartiere. Dall’anno prossimo, ospiterà anche una sezione di scuola media. Una scuola ideale per aprirsi al suo territorio e farsi centro civico in connessione con gli altri spazi civici e associativi che, pur con difficoltà, cercano di animare il territorio. Per questo il progetto di “scuola aperta partecipata” è partito con i più grandi entusiasmi, già un gruppo di genitori era pronto a lanciarsi nell’avventura. Tuttavia, come sappiamo, il Covid ha rallentato tutto. E, soprattutto, ha esacerbato la frammentazione sociale del quartiere, ha logorato la capacità e la voglia di stare insieme di bambini e adulti, ha affaticato dirigente e docenti con continui e nuovi cambi di rotta, con relativi protocolli da seguire. Del gruppo che due anni fa si era reso disponibile, due mamme in particolare hanno resistito stoicamente, Eleonora e Caterina, che sentivano ancora più forte l’esigenza, proprio ora, di prendersi cura della scuola. Come Labus (promotore del progetto insieme al Comune all’I.C. Calvino) abbiamo cercato di mantenere regolarmente una relazione con i genitori e con la preside. Fino a pensare di proporre attività inizialmente on line, e poi in Piazza Europa, proprio vicino alla scuola.
Una scuola aperta fuori dalla scuola, che si allontanava dall’idea del progetto, ma che era già un inizio. E difatti intorno alle gradinate postmoderne della piazza, l’entusiasmo dei bambini nella primavera del 2021 ha colmato un po’ le distanze tra gli adulti. Si è raccolto un gruppo di affezionati che ogni mercoledì si ritrovava dopo la scuola tra piccoli lavori creativi, educazione stradale, giochi distanziati.
Il Patto di collaborazione

A settembre, però, è ricominciata l’incertezza. Dopo l’illusione di una possibile apertura, nuovamente la porta della scuola sembrava essersi chiusa. Abbiamo deciso di cambiare strategia e, prima ancora che sul gruppo dei genitori, si sono proposte di lavorare nel rafforzamento di quelle che erano le relazioni con il Comune, coinvolgendolo in maniera concreta all’interno del progetto e sostenendo così la stessa scuola in difficoltà. I genitori hanno quindi proposto un Patto di collaborazione alla scuola e al Comune, che permettesse una condivisione delle responsabilità e degli impegni rispetto al bene comune che i genitori avevano riconosciuto nella scuola.
Il Patto di collaborazione, come ormai sempre più noto, è uno strumento che consente ai cittadini, in forma singola o associata, di prendersi cura di un bene comune in collaborazione con l’amministrazione comunale. La sua innovazione sta nel mettere sullo stesso piano, quello della collaborazione, l’amministrazione comunale e i cittadini e concordare insieme i modi, i tempi, le azioni e gli impegni reciproci. Labsus, di cui faccio parte insieme a Caterina Bonora (l’altra animatrice del progetto), lavora proprio per la diffusione e il supporto di questo strumento e sensibilizza cittadini e enti pubblici all’esercizio di quella che viene definita amministrazione condivisa.

I patti con la scuola poi, sono di particolare interesse, perché mettono alla prova anche l’istituzione scolastica, aprendola al dialogo sul territorio in maniera nuova, rivelando altri spazi per la costruzione di relazioni con i genitori, valorrizzandone le competenze in un percorso di collaborazione. Cosi, allo stesso tavolo, si sono ritrovati Il Comune di Collegno, la scuola e i genitori a pensare a come tenere aperta la scuola in questo momento difficile. In questo tavolo ognuno ha preso i propri impegni, i genitori hanno proposto di cominciare con il tenere aperto un giorno a settimana, le responsabilità sono state condivise e si è costruita una cornice di azioni a cui, a vario titolo, tutti partecipavano: chi organizzando in concreto le azioni, chi comunicandole e supportandole, chi condividendo responsabilità e potere.
A partire da questo Patto (leggibile e scaricabile nella pagina di Territori Educativi dedicata ai Patti educativi territoriali) – firmato il 18 febbraio 2021 da Catia, Eleonora, Stefania e Antonello – i cancelli si sono aperti (proprio quei cancelli che il 9 settembre scorso all’evento nazionale del progetto Scuole Aperte Partecipate in rete del progetto Catia ed Eleonora avevano rappresentato chiusi). A partire da febbraio i genitori hanno cominciato a tenere aperta la scuola, proponendo attività diverse, anche con lo scopo di provare ad allargare il gruppo dei genitori. E piano piano una piccola comunità di mamme, papà e nonne si sta formando. Una comunità che comincia a riconoscere come propria, anche la nostra aula dedicata e che nelle ultime attività sta vivendo anche il bel giardino che la scuola ha a disposizione.
Le relazioni con il territorio

Allo stesso tempo, già dall’estate scorsa abbiamo lavorato a intessere relazioni anche con le associazioni e i progetti che sono in corso nel territorio: la portineria di quartiere e quella del centro storico vicino, il centro anziani Berlinguer, il progetto Well Fare, il comitato di quartiere. Recentemente, finalmente, il lavoro di tessitura ha dato luogo a una rete più solida che sta cercando di collaborare per supportarsi nella costruzione di relazioni tra gli abitanti, l’idea è di organizzare attività ed eventi insieme per creare connessioni tra i diversi mondi a cui i progetti si rivolgono, i bambini e le famiglie, gli anziani, gli abitanti. Il Patto di collaborazione potrebbe aiutarci anche in questo senso, e la sua duttilità ci permette di modificare anche gli attori coinvolti.
Tuttavia il percorso non è semplice. Le relazioni hanno bisogno di fiducia. La partecipazione alla scuola aperta significa anche mettersi in gioco, mettere a disposizione competenze e lanciarsi in processi capacitanti. Andare oltre ai confini e i pregiudizi che ci siamo costruiti e che si sono consolidati in questi ultimi anni. Costruire ponti tra le persone. È un viaggio in divenire, tra momenti di entusiasmo e scoramento. Ma siamo in cammino, sostenuti anche dal Patto di collaborazione, dal Comune e dalla Scuola.
Ora è il momento del lavoro di fino della costruzione delle relazioni e del consolidamento in cui i genitori saranno ancor più protagonisti.