Esiste una cultura della punizione, rispetto ai ragazzi e alle ragazze, dura a morire, nelle scuole come nelle famiglie, ma anche in strada. Una cultura che di fatto disprezza le incredibili capacità di apprendimento di quell’età. Che non considera le possibilità e i desideri degli adolescenti di essere protagonisti della propria crescita (perfino di spazi condivisi, come nelle esperienze delle scuole aperte emerse in diversi licei), meno ancora prende sul serio le loro inquietudini. Una cultura che, pensata a misura di adulto-maschio-bianco, non ha tempo per ascoltarli e sottovaluta quanto ragazze e ragazzi siano i più esposti a diverse forme di violenza e a situazioni di rischio
Negli ultimi anni le neuroscienze hanno contribuito in modo piuttosto significativo a svelare il funzionamento e le caratteristiche del cervello adolescenziale. Molte delle loro scoperte confermano quello che già sapevamo grazie alla psicologia dell’età evolutiva e alla psicanalisi, ma il loro apporto specifico sta nell’aver chiarito dal punto di vista neurofisiologico alcune peculiarità del funzionamento cognitivo degli adolescenti.
Se la psicologia spiega i comportamenti specifici dell’adolescenza, le neuroscienze ci forniscono la base cerebrale di questi comportamenti. La neurologa Frances Jensen chiarisce:
“L’adolescenza è uno stadio di sviluppo in cui si hanno eccellenti capacità cognitive e alti ritmi di apprendimento e memorizzazione, perché le une e gli altri fanno ancora assegnamento sulla superiore plasticità sinaptica dell’infanzia. Queste capacità conferiscono agli adolescenti un netto vantaggio sugli adulti, ma poiché essi sono così stimolati ad apprendere, sono anche particolarmente soggetti ad apprendere le cose sbagliate. Come mai si verifica questo fenomeno? Tutto risale al forte desiderio di gratificazioni del cervello e al fatto che qualunque cosa, buona o cattiva, che stimoli la produzione di dopamina, è interpretata da esso come ricompensa. Ciò significa che anche una minima stimolazione del cervello adolescente induce a desiderare intensamente altra stimolazione, che in determinate circostanze produce una sorta di sovrapprendimento o dipendenza”.
In adolescenza i ragazzi sperimentano un’espansione cognitiva di una plasticità enorme, sono molto abili nell’apprendere e memorizzare. Le neuroscienze però precisano che a fronte di queste grandi capacità cognitive, il sistema complessivo è instabile.
Le interferenze emotive, poco controllate dalla corteccia cerebrale, li rendono suscettibili, permalosi e portati a espandere le reazioni in maniera significativa. Per questo le richieste degli adolescenti appaiono spesso eccentriche, legate a stati psichici interni molto particolari, non sempre facilmente intuibili.
Fino ad alcuni anni fa si pensava che l’imprevedibilità e la propensione adolescenziale a cacciarsi nei guai fossero fattori individuali, legati a elementi quali il carattere e la predisposizione personale all’avventura e al pericolo.
L’adolescenza è l’età in cui la percezione e la consapevolezza del pericolo sono le più basse che si registrano in tutto il corso della vita di un essere umano. Lo conferma anche Alberto Oliverio:
“Per loro natura, i ragazzi tendono a essere impulsivi. Gettarsi a capofitto in situazioni nuove, rispondere a stimoli attraenti, fare esperienza di alcol o droghe di vario tipo fanno parte delle caratteristiche di un’età in cui l’azione precede spesso la riflessione. Ovviamente non tutti gli adolescenti sono impulsivi perché la personalità è una caratteristica estremamente variabile: ma nella maggior parte dei casi il rispondere in modo immediato a molte situazioni rispecchia una caratteristica del loro sistema nervoso, l’immaturità della corteccia frontale, priva ancora di connessioni stabili”.
Varie indagini, in particolare delle compagnie assicurative, hanno evidenziato che, purtroppo, ragazzi e ragazze sono proprio i più esposti a rischi di ogni tipo: hanno da duecento a trecento possibilità in più di morire rispetto ai bambini, rischiano di diventare giocatori d’azzardo patologici dalle due alle quattro volte più degli adulti, sono vittime o autori di violenze più che le altre fasce d’età, sono i più impiegati dalla criminalità organizzata per azioni di violenza.
Scrive Jay N. Giedd:
“Il senso del pericolo è basso. È proprio un elemento caratteristico dell’età. Non per niente purtroppo sono proprio i ragazzi i più esposti alla violenza e i più utilizzati nelle guerre e nelle situazioni di esposizione al rischio e al pericolo come se la disponibilità fisiologica favorisse tutto questo”.
In questa fase della vita l’immaturità produce comportamenti strani, determinati anche da una scarsa percezione delle conseguenze.
I rischi, i pericoli, le situazioni assurde in cui si cacciano rivelano tutta la sprovvedutezza e l’incapacità di cogliere la complessità del reale. La preoccupazione, l’ansia e la paura per i pericoli sono il capitolo più intriso di emozioni per i genitori di adolescenti.
Tra l’altro, sottolinea Frances Jensen,
“i teenager hanno sempre commesso atti impulsivi e sconsiderati, ma gli strumenti digitali che hanno oggi a disposizione hanno accresciuto in misura esponenziale i pericoli e senza dubbio anche le conseguenze di quella sconsideratezza”.
Le occasioni, per un adolescente, di esporsi a situazioni che possono diventare critiche sono infinite e difficili da prevedere. Il mondo concreto e reale ne fornisce già un buon numero, ma oggi anche quello virtuale e digitale ne offre una quantità e una tipologia che ancora facciamo fatica a cogliere, figurarsi a controllare.
Estratto dal libro di Daniele Novara Punire non serve a nulla (ed. BUR Rizzoli)
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