La guerra che un sesso fa all’altro per una volta non passa inosservata. La morte di Giulia costringerà prima di tutto gli uomini a interrogarsi e a non limitarsi all’indignazione sui social? Un insegnante prova a ragionare su quello che scuole, famiglie e territori possono cominciare a fare qui e ora

Giulia è stata uccisa. Giulia è stata uccisa mentre stava per laurearsi. Giulia è stata uccisa da un cosiddetto “bravo ragazzo”. Giulia è stata uccisa perché non doveva avere il suo futuro. Giulia è stata uccisa da chi ha deciso che lei non doveva decidere.
La notizia provoca indignazione, un dolore sconvolgente, scuote dentro.
Non riesco ad immaginare come le due famiglie possano affrontare un lutto simile. È difficile scrivere su questo argomento ma io, da educatore, vorrei soltanto ribadire per iscritto poche cose sulla nostra indignazione.
Marco Paolini, in un suo spettacolo, diceva che l’indignazione spesso dura meno di un orgasmo. Pertanto, non sopporto più l’indignazione fine a se stessa e credo sia ora di finirla di indignarsi senza fare un bel niente nel proprio piccolo!
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Non è possibile indignarsi senza fare qualcosa per se stessi e per gli altri. Non è concepibile insistere solo sulla richiesta di repressione senza impegnarsi per una seria prevenzione. La prevenzione, in questo come in altri casi, si fa con l’educazione.
Occorre educare all’affettività e alla sessualità. C’è bisogno di insegnare un alfabeto delle emozioni. È indispensabile educare al rispetto delle diversità. È necessario insegnare ad affrontare i conflitti e a risolverli. Se non si parte dalla scuola e dalla famiglia la nostra cultura non cambierà.
Bisogna, bisogna farlo… sia a scuola che in famiglia, sia nel privato che nel pubblico. Abbiamo tutti bisogno di futuro, di un futuro diverso, di un futuro migliore. Bisogna seminare educazione e coltivare rispetto per raccogliere i frutti della convivenza pacifica.
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