In tempo di guerre, crisi di tutti i tipi che si intrecciano, successi politici dell’estrema destra nel mondo, abbiamo bisogno di pensare e di agire in modo diverso. Le vie sono sbarrate, eppure bisogna far qualcosa, fosse anche fingere di fare i morti per restare vivi. E se fossero l’ironia, l’autoironia e il gioco alcuni dei moschettoni con i quali cominciare a scalare le pareti del precipizio in cui siamo finiti? Con i quali attribuire significati nuovi alla parola lotta? Perché il libro di Enrico Euli Homo homini ludus. Fondamenti di illudetica disorienta molto e per questo appare come una magia esaltante

Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Fammi giocare. La città e il gioco

Il volume di Enrico Euli Homo homini ludus. Fondamenti di illudetica, apparso nel ottobre 2021 presso Sensibili alle Foglie, è sicuramente un testo di grandissimo interesse, ma si mostra refrattario a ogni tipo di recensione. Quanto segue sono quindi osservazioni sparse, volte a suscitare nei potenziali lettori stimoli di interesse e curiosità di approfondimenti, ma escludendo la possibilità di presentare delle sintesi sui contenuti o delle valutazioni – magari critiche – sui tantissimi contenuti racchiusi nelle pagine.
In effetti, fin dalle prime pagine le parole utilizzate perdono la loro consistenza linguistica, il loro posto nel linguaggio comune, poiché ne vengono tracciate le loro origini anche lontane nel tempo e in culture diverse. Ne viene elaborata una significatività particolare, e poi si susseguono ipotesi di potenzialità di valori assolutamente nuove. Quindi ogni termine viene usato per far emergere errori socialmente voluti, nascondimenti di senso con forti valenze politiche (più o meno accettabili) e soprattutto dei meccanismi di occultamento dei reali obiettivi perseguiti, voluti da classi dominanti e logiche economiche, nel linguaggio corrente accuratamente mascherate o strumentalizzate. Questo processo è ripetuto una infinità di volte (spesso più volte nella stessa pagina) e qualunque tentativo di sintesi rischia sempre di travisare il pensiero profondo dell’autore.
Il fascino del metodo adottato è incredibile, anche perché coinvolge la persona del lettore in modo diretto e inevitabile, una specie di magia che impone immediatamente giudizi di valore e spesso una revisione delle proprie posizioni, culturali e politiche, sul significato finora attribuito a parole, suoni e simboli nella propria attività o impegno individuale. In altre parole, il lettore può anche non essere d’accordo sul testo, ma è obbligato in ogni caso a rivedere e a controllare le proprie posizioni (magari date per scontate da molti anni di lavoro politico o sociale). In pratica, quasi a ogni riga, anche il lettore più colto, più avveduto e sperimentato viene stimolato a curiosità mai prima sperimentate, i giudizi sul merito vengono dopo, molto dopo, e questa magia si rinnova a ogni pagina e sottrarsi è proprio impossibile. Anche la struttura complessiva del volume non si comprende scorrendo l’indice, poiché in tutti i dodici capitoli il contenuto non si può dedurre da titoli e sottotitoli, ma fin dall’inizio richiede di entrare nel gioco sottile di parole astratte e di contenuti cangianti. Inoltre ogni capitolo comprende da sette a dieci sottocapitoli, per un totale complessivo di 94. Ogni capitolo è accompagnato da una ricchissima bibliografia (i libri o le fonti citati superano in totale ampiamente il migliaio).
L’opera si distingue in quattro parti (vero/falso, serio/faceto, buono/cattivo, vincente/perdente), a loro volta divise in tre capitoli ciascuna.
Nei primi tre capitoli l’autore si muove nella dimensione della Finzione, assumendo la categoria del Falso (cioè il finto che si finge vero) quale contesto in cui oggi ci muoviamo e che viene definito come Fashionismo (forma odierna del neo-fashismo). In un contesto di questo tipo, le due vie indicate dall’Illudetica sono quelle dell’Ironia (che ci permette di prendere le distanze e contestare l’obbligo di trasparenza sociale attraverso la sua resistente opacità) e della Lealtà (che ci invita ad essere veritieri perlomeno verso noi stessi).
Nella seconda parte, si avvia una critica ai tre capisaldi mitologici del nostro modo abituale di risolvere i problemi del vivere: la colpa (ed il modello premio-punizione), il lavoro produttivo (a cui si contrappone il valore ludico e sociale dell’inoperosità militante) e il controllo-pianificazione degli eventi (tipico dell’approccio tecnologico e foriero di soluzioni che divengono problemi).
L’apertura agli eventi diviene invece la chiave di volta della prospettiva illudetica. Tale idea si rafforza nella terza parte, dedicata in primo luogo alla Soglia, quale luogo di sperimentazione dei conflitti, delle mediazioni, dei limiti e delle distinzioni-divisioni. La nostra incapacità di riconoscere, accettare e abitare le soglie – oltre le quali si annida e sviluppa ogni forma di violenza tra noi e tra noi e il pianeta – ci conduce inevitabilmente alla catastrofe: relazionale, economica e climatica.
Nell’emergenza resasi permanente, anche gli Stati nazionali perdono il loro senso politico e sociale: è giunto il tempo di andare oltre lo Stato, in una prospettiva nonviolenta ed anarchica, che sceglie di prefigurare delle alternative, non collaborando più con esso e con i suoi riti ormai svuotati di senso (in primo luogo, quello elettorale).
L’ultima parte si dedica alla critica illudetica dei valori portanti che costituiscono il perno della violenza culturale dentro cui siamo costretti sempre più a vivere: la competizione e il successo quali dimensioni che permeano la nostra ricerca del benessere e della felicità. Un grande inganno, che si manifesta sempre più nelle nostre crescenti depressioni, ansie da prestazione, fallimenti.
Il libro si conclude, pertanto, proprio per invitarci a riconoscere il fallimento di questi sedicenti valori e ad abbandonare questo campo di gioco, pieno di minoranze che vincono barando e maggioranze illuse che sperano e soffrono, per aprirsi a diverse visioni di cosa possa essere vivere illudeticamente.
A mio parere, l’autore usa – per fondare la sua Illudetica – due strumenti trasversali: il primo costituito da tutte le categorie di giochi, da quelli infantili a quelle utilizzati a livello sociale; l’altro dal concetto di ironia, che usa in modo multiforme e con grande intelligenza. Sono categorie ben note, anche a livello internazionale, ma che in tutto il volume sono utilizzate in modo completo e integrale, quindi applicate con logiche rigorose e con risultati di estremo interesse (che credo sia difficile reperire in altre opere con contenuti socialmente rilevanti).
Infine, un’ultima considerazione: mi sono chiesto a chi dovrei consigliare la lettura di questo libro, secondo le categorie professionali e scientifiche. Nella lettura, di spunti ne ho trovati tanti, ma in fondo mi sono convinto che qualunque intellettuale, quale che sia la sua specializzazione, potrebbe trarre un profondo giovamento (tranne poi rileggere e utilizzare le parti per lui significative nella attuale fase di esistenza). Questa opinione è poi rafforzata dalla mia mentalità di economista. Chi non potrebbe acquistare un volume di 640 pagine che costa solo 26 euro? Un testo che potrebbe rivelarsi utile anche (e forse soprattutto) con l’andare del tempo, date le fosche e tragicomiche situazioni in cui si trova il nostro paese.