Dicono, quelli che sanno guardare il mondo anche di notte, che ogni persona brilla di una luce propria, una luce sorella ma inconfondibile dalle altre. Quando quella luce la vedi brillare perfino se la persona che la emanava non c’è più, allora vuol dire che si trattava di una persona molto ricca. Ricca, vale a dire capace di generare, inventare e far fiorire nei pensieri degli altri tante cose. Enza Cappabianca, ex studentessa beneventana dall’animo gentile che la morte ha scelto di sottrarre alla sua comunità il primo giorno di settembre, era una ragazza che aveva quella ricchezza negli occhi. Però, come spiegano bene il ricordo di Francesco Boffa e le preziose parole di Francesca Maria Ocone, Enza aveva coltivato dentro di sé un’arte ancor più rara, quella di creare legami, di mettere in comune mondi anche lontani, di intrecciare vite. La redazione di Territori Educativi, tutti i partecipanti al progetto delle Scuole Aperte e chiunque, leggendo questa pagina, magari avrebbe avuto voglia di incontrarla, la salutano e la ringraziano per quel che ha fatto per tutti noi

Quando arrivano certe notizie, i pensieri che si accavallano nella testa sono sempre un po’ simili: irrompe un profondo senso di ingiustizia, lo stesso che ti fa pensare, puntualmente, a quanta poca logica ci sia dietro una giovane vita che si spezza. Pensi così a un intero mondo di cose ancora da fare e da scoprire, a quanto gli impegni e le faccende che occupano la vita di ogni giorno siano poi, in realtà, meno importanti di quel che crediamo mentre ci affanniamo a sbrigarli. In altri termini, quando arrivano quelle notizie lì, siamo portati a ragionare su quanto siamo piccoli rispetto alla grande mano che, senza avvisare, arriva e ci porta con sé ignorando progetti appena avviati, ambizioni e speranze.
Quanto è successo ad Enza, che ci ha lasciato dopo un incidente avvenuto in Svizzera il primo settembre, ha sconvolto un’intera comunità. Lo ha fatto, in particolare, con le tante persone che avevano avuto modo di conoscere Enza da vicino e di comprenderne tutta l’umanità, la sensibilità, il saper legare con le persone e tra le persone.
È soprattutto per quella sua capacità di mettere assieme, di unire, che ho avuto modo di apprezzare Enza. Per quanto la conoscessi da poco tempo, s’è aperta subito, con grande impegno nel lavoro che ho avuto la fortuna di svolgere a braccetto con lei. L’ho conosciuta nell’ambito di alcune attività svolte presso l’ITI Bosco Lucarelli, istituto tecnico di Benevento, nel quale sono stati organizzati dei laboratori con le ITI Girls – un gruppo di studentesse nato con l’obiettivo di ridurre il divario di genere e promuovere il ruolo delle donne dentro e fuori la scuola -, riprese e raccontate dal progetto “Scuole Aperte e Partecipate in Rete”.
Enza, ex-studentessa con l’entusiasmo di una ragazzina, per noi rappresentava questa figura: proponeva e organizzava le attività e, grazie all’ottimo rapporto che sapeva creare con le studentesse, riusciva a dialogare con loro fino a coinvolgerle pienamente. Fino a renderle e farle sentire protagoniste di quel che facevano. Senza di lei non avremmo certo avuto l’entusiasmo che tutte hanno mostrato in quelle giornate. Giornate che adesso fanno già parte di un ricordo profondo, il ricordo indelebile di quell’anima gentile, sempre disponibile ad aprire il suo grande cuore.

Affido la conclusione di questo mio breve scritto alle parole di Francesca Maria Ocone, animatrice del nodo di Benevento del progetto “Scuole Aperte e Partecipate in Rete”, che oggi voglio ringraziare soprattutto per avermi fatto conoscere Enza.
C’è voluto un tempo di sogni, di pianto, di tristezza, di commozione.
Commuoverci questo abbiamo fatto:
un movimento comune, un comune dolore.
Sapeva unire, Enza, mettere insieme, accomunare mondi lontani.
Ogni diversità intrecciava il filo con l’altra, si avvicinava,
si allontanava ma restava relazione.
A noi resta di te l’essenza, e il desiderio di tenere stretta la tua umana,
la tua dolce e decisa presenza.
Una segreta ostinazione non vuole sapere e dice:
“forse partita, forse al lavoro, forse altrove. Solo per poco…
non qui, non ora. Ciao Enza, a poi!”.