I Poli civici sono centri di comunità nei quali si promuove la partecipazione, la condivisione di risorse e saperi, la costruzione di reti di solidarietà e collaborazione. Mettono insieme associazioni, scuole aperte partecipate, esperienze di volontariato e gruppi organizzati di cittadini, movimenti sociali, entri del terzo settore che vogliono prendersi cura insieme del territorio. A Roma ne sono nati una decina, quelli dell’Esquilino e del Quarticciolo in modo spontaneo, gli altri su proposta del Comune di Roma. La recente approvazione del “Regolamento comunale sui Poli civici integrati di mutualismo sociale” potrebbe accompagnare il loro cammino
“Da soli non ce la facciamo, pure se certe volte non ce potemo vede’, dovemo sta insieme”. Da diverse settimane Federico interviene con passione alle riunioni del Polo civico Esquilino POLEIS. Il suo invito a creare relazioni solide e di fiducia dice molte cose di questo spazio di partecipazione nato a Roma.
Di fronte all’incertezza e alla paura, a un individualismo che la pandemia ha reso ancora più flaccido e apatico, di fronte a una competizione che genera la dimensione oscura della frustrazione e dell’ansia sociale, un luogo nel quale tanti cercano di sentirsi al sicuro e vitali è la comunità locale. L’unica strada che possiamo e dobbiamo percorrere, dicono, è quella della relazione e del dialogo, del legame comunitario.
È su questa urgenza che nascono i poli civici, dalla consapevolezza che il paradigma del liberismo e della società globalizzata e “liquida” ci ha reso sperduti, ha depredato la nostra umanità, scaraventandoci al lato della vita vera. Potrebbe sembrare un assunto banale, invece è la sfida più ambiziosa – addirittura la più innovativa – che assumono queste nuove forme di aggregazione e partecipazione: riprendere i fili di un tessuto sociale profondamente mutato, a uno a uno, e ritessere i legami con la massima cura, guardando soltanto al benessere della comunità.
L’aumento della disuguaglianza e i fenomeni crescenti di povertà e marginalità sociale nelle zone urbane evidenziano le contraddizioni che sta producendo il modello dell’economia globalizzata e le fragilità dei sistemi locali. A Roma, come in molte altre grandi città, convivono almeno due città. La prima si distingue per una ricca varietà di opportunità culturali e turistiche, una città dove l’apparato dei servizi amministrativi e finanziari e quello dei palazzinari fanno e disfanno l’economia.
L’altra è popolata da coloro che non hanno una residenza stabile, da chi vive in alloggi rimediati e nelle case occupate, è la città dei precari del lavoro: questa è la città dove le realtà sociali ogni giorno provano a contrastare la crescente marginalità e solitudine di migliaia di persone.
Roma una città che questo modello estrattivo rende, ormai da decenni, una “città diseguale” in particolare in tre ambiti: territoriale, con i municipi del centro in evidenza rispetto alle periferie; generazionale, con le classi più anziane che percepiscono quote di reddito maggiori; di nazionalità, con le persone straniere che presentano redditi molto inferiori.
Tuttavia Roma è anche una città con tessuto sociale straordinario costituito da oltre seimila realtà civiche e molte reti di mutualismo sociale attive sui territori. Le reti si distinguono per l’autorganizzazione e la spinta verso pratiche di mutualismo dal basso, cercando di tessere legami sociali capaci di mostrare una città diversa (come dimostra anche la ricerca “Reti di Mutualismo e Poli civici a Roma– condotta da LabSU – Laboratorio di Studi Urbani “Territori dell’abitare” DICEA in collaborazione con l’Associazione Reorient -Fairwatch, ).
Quelle reti non mirano a sostituire il welfare pubblico, ma propongono un “sistema” mutualistico e inclusivo, fondato sulla cooperazione e sulle relazioni; promuovono servizi di welfare comunitario , animazione sociale e culturale di prossimità , economie trasfromative , dall’agricoltura agroecolgica all’economia circolare, camere del lavoro e formazione al lavoro di prossimità , ritenendo essenziale ripensare anche le economie locali insieme ai territori.
Non a caso, per provare a rispondere a queste necessità, sono nati negli ultimi anni, i cosiddetti “Poli civici”, forme di articolazioni sociali territoriali nelle quali convergano associazioni, terzo settore, scuole aperte, volontariato e gruppi organizzati di cittadini, movimenti sociali. Insieme avviano percorsi di co-progettazione aperta, a partire da quegli attori della società civile o da cittadini che già “fanno rete” e sviluppano progettualità e pratiche in una prospettiva d’interesse collettivo.
I Poli civici sono centri di comunità, dove non si svolge solo attività di assistenza, ma si promuove la partecipazione, la condivisione di risorse e saperi, la costruzione di reti di solidarietà e collaborazione.
I Poli stanno provando a creare “spazi civici” polifunzionali e integrati ai territori con la funzione di alimentare un’infrastruttura di prossimità per un welfare comunitario e al tempo stesso divenire luoghi di riferimento in cui sviluppare progettualità e servizi, iniziative sociali e culturali (come scuole di lingua per stranieri, sale studio, corsi di formazione professionale, agenzie di collocamento, laboratori culturali, ludoteche, cineforum, ricreazione e sport…).
Le progettualità sulle quali si stanno attivando sono orientate su quattro direttrici:
–coordinare servizi offerti dalle realtà sociali che operano in un territorio, attraverso l’individuazione di attività ( sportelli di welfare, portierato sociale, accoglienza diffusa, agenzia per l’abitare, spazi per la sicurezza alimantare , etc) capaci di creare una modalità di presa in carico integrale e collettiva , permettendo così una maggiore efficiacia nell’intervento ed una maggiore condivisione sulle problematiche sociali locali;
–ricostruire legami di comunità e coinvolgere il terriorio, attraverso processi di partecipazione e animazione sociale e culturale, sostenere la dimensione comunitaria, riducendo i fenomeni di isolamento, creando occasioni di incontro e convivialità, favorendo la diffusione della cultura e dello sport popolare;
–promuovere un’economia di prossimità attraverso lo sviluppo di economie locali trasformative centrate sui bisogni della comunità, favorendo la creazione di lavoro e stimolando la nascita di imprenditorialità sociale ma anche sostenendo progettualità socio-economiche e azioni formative, attraverso ad esempio la ricerca e la partecipazione a bandi o finanziamenti pubblici o privati;
–cooperare con le istituzioni e con le reti di secondo livello per costruire un sistema di relazione e integrazione tra servizi e opportunità offerti dalle istituzioni locali di primo e secondo livello (Municipio, Comune, Asl) ed enti di terzietà come le Università, i sindacati o altre strutture di rappresentanza, in grado di migliorare la qualità della vita.
I Poli civici sono luoghi di partecipazione, co-programmazione e co-progettazione, dello scambio collaborativo tra istituzioni e società civile. Possono facilitare pratiche di socializzazione e laboratori organizzati come reti e piattaforme per la “rigenerazione urbana”, anche in relazione ai “laboratori urbanistici”.
La sfida è anche quella di costruire processi di co-formazione e condivisione tra decisori, amministratori, dipendenti pubblici dei servizi territoriali e cittadini organizzati.
A oggi i Poli civici a Roma sono una decina e tra questi, i primi a nascere, il Polo civico Esquilino POLEIS (Municipio I) e il Polo civico Quarticciolo (V); altre realtà che hanno avviato percorsi per strutturarsi sono il Polo civico Torre Maura (VI), Polo Civico Cinecittà Bene Comune (VII), Polo Civico “Fermenti” (VIII); Polo Civico “Reattiva” (IX), Polo Civico “Ritagli” (XIII e XV), Comitato i Portici di Monte Cervialto (III), Polo civico San Basilio (IV), Polo civico Casale Caletto (V), Polo civico Municipio XII, Polo civico e culturale Allarga.menti (VII). È nato recentemente anche un coordinamento cittadino dei Poli civici.
Alcune di queste esperienze sono ancora in fase di avvio e stanno lavorando per definire i loro ambiti d’azione, ma iniziano a farsi conoscere nei loro territori . Data la forte diversità territoriale e sociale, non è possibile pensare a un modello unico, ogni Polo, di volta in volta, definisce il proprio modo di attivazione e gli ambiti comunitari su cui impegnarsi.
Recentemente l’Amministrazione capitolina, dopo un lungo percorso di confronto con queste realtà, ha approvato il “Regolamento comunale sui Poli civici integrati di mutualismo sociale” definendo un centro di costo e un ufficio di scopo presso il Gabinetto del Sindaco per sostenere con una politica pubblica ad hoc queste esperienze. È un riconoscimento importante per tutte le realtà territoriali.
C’è da augurarsi che questa cornice amministrativa darà concreto sostegno alle azioni avviate, dando la possibilità di rafforzare le progettualità in essere e nello stesso tempo favorendo la costiutzione di nuovi poli civici, in altri territori marginali.
Roma ha urgente bisogno di riconoscere e riconoscersi nel valore sociale della società civile, nella ricostruzione di una comunità per una città migliore, fatta di relazioni e solidarietà.