C’era una volta in una città una grande piazza, come in molte altre, costruita senza criterio, senza una panchina, un albero, una fontanella. Quelli di Chi rom e chi no insieme alla comunità educante di Scampia l’hanno scelta per la Giornata mondiale del gioco. Abbiamo bisogno, dicono, di riappropriarci dello spazio pubblico e di promuovere educazione e autoeducazione popolare. Mica aspetterete qualche intervento dall’alto? Uno straordinario racconto fotografico dimostra bene come si trasforma un non-luogo

Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Fammi giocare. La città e il gioco
Venerdì 28 maggio c’è stata la Giornata Mondiale del Gioco a Scampia, promossa dalla nostra associazione, Chi rom e chi no, insieme alla comunità educante di Scampia e ad altre realtà di Napoli con cui condividiamo la stessa visione di riappropriazione dello spazio pubblico e di educazione popolare. Un’iniziativa lanciata insieme alla rete nazionale per l’infanzia di Ip Ip Urrà – Infanzia Prima (un progetto selezionato a Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile).
Quando abbiamo pensato a questo momento pubblico e di condivisione non eravamo certi di riuscirci. Le chiusure, aperture, le riprogrammazioni continue ci hanno abituato più che mai ad aspettarci di dover rinunciare e riprogrammare, laddove possibile. Ieri 28 maggio invece, non è stato così, non abbiamo rinunciato a stare insieme, non abbiamo rinunciato a ri-abitare lo spazio pubblico e a sognare collettivamente a partire dalla piazza Giovanni Paolo II/Piazza Ciro Esposito. Abbiamo cantato, ballato, riso, sorriso e giocato insieme, perché il gioco è un diritto, così come lo è poter trascorrere il tempo libero in spazi dignitosi, accoglienti, sicuri e pubblici.


I nostri territori devono poter garantire questo a tutti e tutte, per questo la scelta di essere in piazza e soprattutto insieme, ha fatto la differenza, in un luogo costruito senza criterio, senza una panchina, un albero, una fontanina. Volevamo essere proprio lì e non altrove e finalmente c’eravamo.
In un momento di allentamento dalle restrizioni e dopo tantissimo tempo trascorso nelle quattro mura (per chi c’è l’ha una casa) stare insieme è stato un segno di visione, di coraggio, di speranza abitato da pratiche precise comunitarie, collettive, comunemente direzionate a pretendere che lo spazio pubblico sia lo spazio dignitoso e accogliente di tutti e tutte e ad affermare con parole e corpi che l’infanzia merita politiche lungimiranti, serie, all’altezza dell’intelligenza e della sensibilità di ogni bambino e bambina che ieri ha giocato insieme in piazza.
Alcune foto, qui il racconto fotografico completo pubblicato sulla pagina fb Chi rom e chi no.




Qui due momenti della preparazione:

