
«Serve uno sguardo capace di posarsi sulle piccole azioni
con lo stesso rigore e interesse
che esigono le azioni più visibili e notevoli,
quelle che solitamente “fanno storia”…»
(Raúl Zibechi, Territori in resistenza, Nova Delphi)
Ci sono angoli del mondo per i quali a molti sembra impossibile immaginare un futuro. In realtà si tratta di imparare a guardarli e a viverli non solo come luoghi del margine: territori considerati periferie da tutti i punti di vista sono già, per molte ragioni, il baricentro geostorico di tante sfide sociali del presente e dei prossimi decenni.
In un territorio dove la povertà educativa è di casa come Librino, enorme quartiere satellite di Catania, il 9 e 10 giugno si è svolto un incontro che ha permesso prima di tutto di tirar fuori sguardi diversi sull’idea di periferia: nell’ex masseria Moncada oltre trenta persone provenienti da città diverse del progetto nazionale Scuole aperte partecipate in rete hanno incontrato diverse realtà locali coinvolte nell’esperienza della scuola aperta nata intorno all’istituto comprensivo Rita Atria.
Per raccogliere alcuni frutti di questo intenso momento di scambio abbiamo rivolto tre domande ad alcuni partecipanti: il risultato finale è un insieme di “cartoline” che raccontano pezzi di società per i quali lo spazio educativo non è solo l’aula ma tutta la comunità e per i quali è possibile trasformare paure e povertà in luce.

1] Cosa dimostra l’esperienza di una periferia come Librino rispetto al tema del contrasto alla povertà educativa?
Io ho sempre sentito parlare di realtà difficili, di quartieri complicati, ho visto servizi in Tv, ho letto libri ma… vedere con i propri occhi un quartiere così difficile mi ha toccato molto nel profondo. Ancor di più però mi ha emozionato vedere con quanta passione, devozione, sacrificio e ironia le realtà che abbiamo visitato hanno usato l’unica vera “arma” imbattile: l’educazione. Attraverso l’educazione e le sue “sfaccettature” – accoglienza, empatia, divertimento, valori… – è possibile davvero creare opportunità di salvezza e riscatto per tanti bambini/e e adulti.
[Annalisa De Nigris]
Librino, con le sue grandi difficoltà e peculiarità dimostra che è fondamentale tenere il presidio del territorio, conoscerlo e continuare ad agire per creare un contesto di crescita “reale”. In particolare la due giorni di incontri dimostra quanto sia necessaria la collaborazione tra la scuola e le associazioni che agiscono sul territorio per cercare ci diffondere l’idea di una scuola dialogante e aperta al quartiere. Mutuando il titolo di un noto film, a Librino i ragazzi sembrano essere Figli di un Dio Minore. Insegnanti, scuola, dirigenti scolastici, associazioni del territorio lavorano su un crinale, dove la dispersione scolastica, se non combattuta, porta a una prossima azione di devianza, illegalità, che va oltre il non perseguire un titolo di studio.
[Maria Cristina Delli Fiori]
Librino dimostra in maniera inequivocabile che la povertà educativa è figlia della Povertà. Punto. Certo, è un pensiero poco originale ma che ormai è radicato in me. Per essere chiaro, quando scrivo Povertà maiuscola intendo una multiforme e avvilente povertà: certo quella economica (ai primissimi posti di una classifica oscena) ma come non posso citare la povertà istituzionale? Un luogo dove si può serenamente esporre su un cavalcavia l’immagine di Zu Francu (rimasto ucciso in una sparatoria in stile far west moderno, bande su degli scooter che si affrontano in un mezzogiorno di fuoco) con uno striscione di tre metri. Io bambino di Librino cosa dovrò pensare, giorno dopo giorno, nel vedere quello striscione? Ho la possibilità di immaginare che esistano delle istituzioni? Certo che sì! Si chiamano Zu Francu…
La povertà di chi vede nel palazzone di fronte alla scuola Rita Atria (ex Fontanarossa) “il problema” perché è li che si annidano i malavitosi; per me che ho dedicato tanti anni della mia vita ad osservare sempre cosa ci sia “dentro” quei palazzi e tanti ne ho visti, non posso più accettare che il problema sia il palazzo, il problema semmai è a quante persone dentro quel palazzo si perpetui la “rapina della vita”; un Sistema che vuole contrastare la celebrata “povertà educativa” o si fa carico di una complessità a cui dare multiformi risposte o fa accademia, di cui Librino può fare decisamente a meno, visto che va avanti per la sua strada nera, esattamente come la polvere che ricopre le strade di tutta la città. In sintesi: o ci sentiamo tutti meno eroi a Librino e facciamo un passo indietro cercando di allargare la partecipazione oppure resteremo con un’utopia che mai si realizzerà.
PS Il lavoro dell’architetto Sabina Zappalà è un esempio illuminante di come si contrastino le Povertà.
[Salvatore Migliore]
L’esperienza di Librino dimostra che le persone possono fare la differenza. Che agire insieme, in alleanza, è fondamentale. Che la collaborazione è vincente, è la via da seguire, a tutti i livelli. Che si può cadere, ma insieme ci si rialza più in fretta. Che il coraggio di sognare un mondo diverso, porta con sé la forza per mettersi all’opera, e provare davvero a realizzarlo, quel cambiamento. Che non è tempo di fermarsi, siamo solo all’inizio…
[Silvia Rapizza]
Vorrei spiegare Librino attraverso le parole della dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Rita Atria: “Le periferie hanno tutte lo stesso odore”. Ed è stato proprio così per me, nata e cresciuta nella periferia, percepire il profumo di casa negli abbracci, nell’umiltà, nell’accoglienza, nella generosità dei sorrisi. Il legame, la cura e la motivazione con cui la comunità educante ruota intorno ai ragazzi e al loro benessere è senza dubbio il punto di forza di Librino, ma dal mio punto di vista sono le associazioni come I Briganti Rugby, l’orchestra Jacarânda, Talità Kum che operano all’interno della scuola e nel quartiere mettendo a disposizione attività sportivo/ricreative e musicali a fare la differenza!
[Florinda Zecca]
Librino dimostra prima di tutto di voler combattere, di voler uscire da luoghi comuni ed etichette, di partecipare e voler fare partecipare tutti in questo percorso.
[Paola Meo]

2] Quali sono le tre “parole-chiave” che raccontano la due giorni?
Coraggio.
Resilienza.
Amore per la propria terra.
[Annalisa De Nigris]
Conoscenza.
Condivisione.
Progettualità.
[Maria Cristina Delli Fiori]
Materializzazione.
Stupefacente.
Musicale.
Materializzazione: dei territori che si legano, delle parole che raccontano i territori.
Stupefacente: a trecentosessanta gradi e in ogni declinazione e uso che si possa fare del termine, a San Berillo per esempio è molto orientata quella parola…
Musicale: tutto ciò che circonda Librino e dintorni ha a che fare con un suono, che sia un silenzioso e spettrale venticello nelle vicinanze del Talita Kum, alle urla delle giocatrici di rugby dei Briganti che arrivavano fino al mare che solo da lì si può osservare in quel modo metafisico. Tutto, è tutto musicale e direi, per fortuna.
[Salvatore Migliore]
Generosità.
Passione.
Cambiamento.
È tanta infatti la generosità ed è tanta anche la passione con le quali le persone incontrate operano a favore di questo difficile territorio, per provare a generare una possibilità di cambiamento e offrire un orizzonte diverso ai giovani e alle famiglie che vi abitano.
Ma anche… connessioni, nodi, rete.
Penso alle connessioni prima di tutto tra la scuola e le molte diverse realtà che sono presenti a Librino, e che insieme lavorano, a formare i nodi vitali di una rete che cresce, si rafforza, ha il coraggio di sognare e la forza di tradurre in realtà, giorno dopo giorno, con fatica e tenacia, quanto era stato solo immaginato.
[Silvia Rapizza]
Bellezza.
Riscatto.
Impatto sociale.
[Paola Meo]
Determinazione.
Accoglienza.
Inclusione.
Nessuno viene lasciato solo: la determinazione di figure come gli educatori e gli psicologi che lavorano in un contesto come Librino mi fa capire che ognuno è importante e non bisogna lasciare nessuno indietro… Questa per me è inclusione.
[Claudia Sammarco]

3] In che modo la rete nazionale potrebbe rafforzare nei prossimi mesi ciò che di importante si muove intorno all’ex masseria Moncada e crescere come rete?
Creando gemellaggi e collaborazioni, ma anche altri momenti di ospitalità con i quali far conoscere Librino nelle diverse realtà territoriali e illustrare come loro hanno realizzato tanto nonostante le svariate avversità.
[Annalisa De Nigris]
L’appartenenza alla rete Mo.Vi. è necessaria perché crea un accompagnamento attento e consapevole per la direzione del progetto e per la sua continuità. È la rete che si propone come aiuto nella metodologia e nello studio dei processi per creare reti locali in maniera coesa ed efficace. Ma è anche la rete che offre supporto e promozione per rafforzare il lavoro che si fa ogni giorno presso l’istituto comprensivo Rita Atria. Di sicuro un aiuto e una crescita come rete possono arrivare creando un dialogo a più livelli con le istituzioni, ma la rete può essere anche uno spunto per la congiunta partecipazione a bandi e progetti.
[Maria Cristina Delli Fiori]
La rete nazionale potrà valorizzare e fare uscire dai condomini di Moncada ogni azione di ogni singolo attore della comunità non facendolo sentire più solo. E ogni realtà di conseguenza si sentirà attiva e partecipe del movimento. Ognuno infatti è portatore di cambiamento e buone pratiche ma spesso viene lasciato solo dalle istituzioni: per questo l’unione e gli scambi continui fra le realtà possono fare soltanto crescere la bellezza.
[Paola Meo]
[Annalisa De Nigris, insegnante, Andria]
[Maria Cristina Delli Fiori, Ass. Musicale Etnea, Catania]
[Salvatore Migliore, MoVi nazionale, Roma]
[Silvia Rapizza, Csv Milano]
[Florinda Zecca, genitore, Brindisi]
[Claudia Sammarco, genitore, Brindisi]
[Paola Meo, Legami di comunità, Brindisi]
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