Vent’anni fa, metter su nella periferia di Torino un casa dove gruppi di giovanissimi possono vivere insieme alcuni mesi per sperimentare condivisione e stili di vita diversi, sembrava a dir poco una bizzarria. Oggi, Casa Acmos – mentre l’associazione propone, tra le altre cose, importanti esperienze di scuole aperte e partecipate in diversi licei della città – è diventata una comunità educante sempre più creativa e aperta al territorio. Un’esperienza unica in Italia. In questo periodo la abitano quattordici giovani insieme a nove richiedenti asilo. Il consumo critico orienta la spesa per il cibo: i prodotti che arrivano in casa provengono dall’invenduto della grande distribuzione, dal Gruppo di acquisto solidale e dalla spesa nei supermercati che più certificano l’origine dei prodotti, liberi da mafia e caporalato
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Tutti a tavola

In Barriera di Milano, quartiere periferico di Torino, la CEAT di via Leoncavallo ha prodotto pneumatici per oltre quarant’anni. Nel 1979 questa imponente industria ha dismesso la produzione: nel processo di deindustrializzazione che ha investito la città questo spazio non è rimasto un vuoto industriale, da tempo ospita pubblici servizi ma anche Casa ACMOS, sede e centro nevralgico dell’omonima associazione (impegnata, tra l’altro, in diverse esperienze di scuole superiori aperte e partecipate, leggi La nostra scuola di quartiere).
Dal 2002 decine di giovani alla prima esperienza abitativa fuori dalla famiglia hanno vissuto nella prima comunità fondata da ACMOS (Aggregazione, Coscientizzazione, MOvimentazione Sociale), nell’area messa a disposizione dal Gruppo Abele. Questi giovani hanno così sperimentato uno stile di vita alternativo, volto alla condivisione e gestione degli spazi e del tempo. La sobrietà, la riduzione dei consumi, l’accoglienza, l’approccio nonviolento ai conflitti e la formazione permanente sono i principi di questa casa. Questa convivenza ha come obiettivo quello di creare una società più giusta e inclusiva, partendo dalle scelte individuali e quotidiane.

Sono quattordici i giovani che oggi abitano nella comunità, accanto a nove richiedenti asilo provenienti dal Bangladesh, Pakistan e Somalia, ospitati dalla cooperativa sociale Nanà all’interno dello stesso edificio. Insieme a loro, questi giovani cercano ogni giorno di opporsi al consumismo, all’individualismo e alla distruzione del nostro pianeta, partendo dai comportamenti individuali. Il cibo consumato in casa ACMOS, infatti, proviene in gran parte dall’invenduto della grande distribuzione ed è impressionante vedere quanto spreco venga recuperato con questo piccolo gesto. Il restante fabbisogno viene colmato dai prodotti del Gruppo d’Acquisto Solidale che, proprio in Casa ACMOS, ha il punto di raccolta, e dalla spesa nei supermercati che più certificano la provenienza dei prodotti, liberi da mafia e caporalato. Scelte che rappresentano vere e proprie azioni politiche, portate avanti, giorno dopo giorno. “Toccare con mano la quantità di cibo invenduto della grande distribuzione ti fa ragionare e ti spinge a fare del tuo meglio per sprecare il meno possibile. Che si tratti di cibo, acqua, vestiti o altro”, commenta a proposito un giovane abitante di Casa ACMOS.
Per i ragazzi di Casa ACMOS, infatti, è centrale la limitazione degli sprechi energetici e dell’acqua, mentre, aprendo il portone del piano terra, appaiono immediatamente visibili le decine di biciclette parcheggiate nell’androne, testimonianza di una mobilità dolce e possibile. È la consapevolezza, dunque, la chiave della riuscita del movimento. Perché sappiamo come le conseguenze dei comportamenti di ciascuno incidano sulle vite degli altri e che sia la somma dei singoli a dare forza a una visione alternativa del Mondo. «Le conseguenze della guerra hanno imposto a tutti e a tutte una limitazione dei consumi, a partire da quelli energetici. L’obiettivo è dunque più vicino – dice Diego Montemagno, presidente di ACMOS – Tuttavia è desolante che questa consapevolezza sia nata da una necessità e non da una presa di coscienza collettiva, come noi cerchiamo di fare da più di vent’anni con percorsi educativi e formativi».

Casa ACMOS non è certo una comunità chiusa. Passando una sola giornata tra queste mura ci si rende conto quanto sia un “porto di mare”. Decine di persone passano di qui giornalmente, impiegate in riunioni e incontri, lavoro o semplice socialità. E poi ci sono le “settimane comunitarie”, strumento educativo pensato sin dalla sua fondazione. Durante l’anno vengono ospitati gruppi di giovani, studenti o lavoratori, per condividere una o più settimane di vita comunitaria. Sono soprattutto i G.E.C (Gruppi di Educazione alla Cittadinanza) a vivere questa esperienza. Vivono qui la propria quotidianità tra attività di approfondimento, discussione e condivisione, tenendo fede alla necessità di vivere i luoghi e le situazioni in prima persona per cambiarli, educandosi vicendevolmente. “Passare da una famiglia di tre persone a vivere, anche se solo per una settimana, con più di dieci persone in principio è semplicemente divertente, ma poi ti rendi conto di quanta pazienza e quanto rispetto bisogna avere per una pacifica convivenza. Questa è una lezione che ho imparato e che resterà anche fuori di qui”, ragiona ad alta voce una ragazza di un G.E.C. alla fine della sua settimana comunitaria.
Casa ACMOS non è semplicemente un luogo in cui vivere, ma uno spazio di azione politica, dove poter imparare a diventare cittadini consapevoli. Come sintetizzano le parole un altro abitante di Casa ACMOS: “Gli stimoli che riceviamo qui dentro ci permettono di fermarci e ragionare sul nostro stile di vita personale e delle sue conseguenza sulle persone e sull’ambiente che ci circonda”. Casa ACMOS è dunque una comunità educante aperta al territorio dove crescere, formarsi e imparare la cittadinanza attiva, per vincere la solitudine che accompagna troppe vite e impegnarsi per la democrazia del nostro Paese e il futuro del nostro Mondo.