Nelle carceri italiane, in cui si continua a vivere in condizioni disumane, anche ragazzi di vent’anni si tolgono la vita. L’ultimo caso è accaduto a Sollicciano, Firenze. Dopo il decreto Caivano gli istituti di pena minorili esplodono per le custodie cautelari tanto che i diciottenni possono essere detenuti nei carceri degli adulti. È stata tagliata la possibilità di applicare il provvedimento di Messa alla prova (Map) per molti reati. Intanto sette ragazzi su dieci detenuti sono in carcere senza una condanna definitiva. “Nella mia esperienza di vicepreside di un istituto professionale statale – scrive Beppe Bagni – ho avuto molti studenti in Map, trasferiti in case famiglia con sentenze e accompagnati a scuola dai carabinieri: ragazzi che tolti dai loro contesti rifiorivano, per poi tornare allo spaccio appena reinseriti nelle famiglie e ambienti sociali degradati, quelli dove l’illegalità si incorpora per osmosi. Tagliare per legge queste possibilità di recupero è la vergogna di qualunque paese che voglia definirsi civile…”
Un altro suicidio a Sollicciano, il principale carcere di Firenze. Un ventenne (di origine tunisina), con una condanna lievissima. Cosa avrà fatto per finire in carcere? Non ne ho idea. Certo a vent’anni non si può essere “delinquenti incalliti”, per fare un callo ci vuole più tempo. Si possono commettere errori e si deve pagare, ma non con la vita.
A Firenze è esploso il tema della sicurezza che ha dominato la campagna elettorale: vetrine spaccate in centro, auto distrutte nella notte. Quasi sempre senza rubare niente di significativo. Nessuno che si sia posto la domanda del perché di questi comportamenti di giovanissimi. Tutti già delinquenti? Molti pensano di sì. E si invoca la polizia per le strade e molti sostengono che l’unica risposta è la “certezza della pena”.
Adesso abbiamo la certezza di come funziona la pena. Essere chiusi in carcere in compagnia delle cimici, con un caldo soffocante, frequentemente senza acqua ed esposti a epidemie di scabbia, con un sovraffollamento cronico.
Ma chi va oggi in carcere? Ce lo dice il Rapporto di Antigone sugli adolescenti (pdf): dopo il decreto Caivano gli istituti di pena minorili esplodono per le custodie cautelari tanto che i diciottenni possono essere detenuti nei carceri degli adulti. Un ragazzo che dovrebbe essere a scuola può essere alla scuola di vita di Sollicciano. A formarsi il “callo”.
È stata tagliata la possibilità di applicare la MAP, provvedimento di messa alla prova, per molti reati: il furto di un cellulare a un coetaneo con la minaccia di picchiarlo obbliga oggi alla custodia in carcere. Oggi il 68,5 per cento dei minori è detenuto in carcere senza una condanna definitiva.
Nella mia esperienza di vicepreside di un istituto professionale statale ho avuto molti studenti in MAP, trasferiti in case famiglia con sentenze e accompagnati a scuola dai carabinieri: ragazzi che tolti dai loro contesti rifiorivano, per poi tornare allo spaccio appena reinseriti nelle famiglie e ambienti sociali degradati, quelli dove l’illegalità si incorpora per osmosi. Tagliare per legge queste possibilità di recupero è la vergogna di qualunque paese che voglia definirsi civile.
Chi ieri è passato da via Girolamo Minervini, dalle finestre del carcere ha sentito urlare a squarciagola Aiuto! Aiutateci!
Dovremmo solo vergognarci per la città che stiamo diventando. Abbiamo un carcere che è un conclamato luogo di tortura, tanto da spingere il tribunale di sorveglianza ad applicare sconti di pena. Non perché i detenuti se lo meritino ma perché nessuno merita di essere tenuto in quelle condizioni disumane.
Di là da quelle mura c’era una moltitudine disperata che non aveva altra risorsa che avvicinarsi alle finestre e gridare Aiuto! Un coro a più voci degno di una rappresentazione agghiacciante dell’inferno dantesco, ma in via Minervini non siamo al teatro siamo ai confini della civilissima Firenze. Vergogna vergogna vergogna!
Beppe Bagni, insegnante, già presidente presidente nazionale del Cidi, è oggi consigliere comunale a Lastra a Signa (Fi). Con Giuseppe Buondonno, è autore del libro Suonare in caso di tristezza. Dialogo sulla scuola e sulla democrazia (PM edizioni), di cui è possibile leggere qui un paragrafo: Sapere disinteressato. Ha aderito alla campagna Partire dalla speranza non dalla paura.
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