Nella scuola c’è da rifare una battaglia culturale per promuovere la cooperazione Oggi vengono accolti sempre più spesso ragazzini con storie difficili di affetto negato, di migrazione sofferta, di abbandoni, di povertà economica, di aridità culturale. “Conosciamo bene la fatica quotidiana d’interagire con classi che presentano problematiche di peso non indifferente e l’inadeguatezza nell’affrontare la sofferenza e le richieste di alcuni alunni”, scrive la maestra Luciana Bertinato. Allora ripartiamo dal dotare la scuola di risorse umane adeguate e dalle relazioni, “che permettono di conoscere le bambine e i bambini, di costruire percorsi educativi efficaci basati su regole di comportamento indispensabili per lavorare in modo sereno”.
di Luciana Bertinato
L’insolito tepore autunnale ci permette, durante gli intervalli delle lezioni, di rimanere più a lungo all’aperto. È un buon momento per osservare i bambini mentre giocano spontaneamente in cortile sotto cieli velati d’azzurro. Osservare, nel significato etimologico di conservare e custodire, l’intreccio delle relazioni in modo partecipe (“Non si vede bene che col cuore”, dice la volpe al Piccolo principe) e neutrale, attraverso una presenza attenta ma discreta.
Proprio da quest’osservazione, costante e aperta all’imprevisto, vedo qualcosa che non mi piace. Senza timore, provo ad abitare alcuni luoghi comuni: “I bambini non sanno più giocare insieme, faticano ad accettare i ‘no’ anche quando vengono loro spiegati con pacatezza, manifestano aggressività nei gesti e nelle parole, scarsa cura verso i materiali e, soprattutto, tempi brevissimi di attenzione e scarsa capacità di ascolto”. Nascono da qui le nostre difficoltà a metterci in gioco ogni giorno per affrontare le marginalità, le devianze, le micro conflittualità. Soprattutto gli episodi di bullismo e prevaricazione m’inducono a riflettere su quanta potenza dirompente ci può essere in un gesto o in una parola; ma anche sul silenzio spesso complice di noi adulti, sulla nostra incapacità di affrontare i conflitti, mettendo in atto strategie adeguate di soluzione positiva, invece di negarli o rimuoverli facilmente. Sul dovere, innanzitutto, di non permettere che una situazione di violenza o disagio diventi la norma nella vita di gruppo.
Nella scuola italiana c’è da rifare daccapo una battaglia culturale per promuovere la cooperazione, formulare regole di comportamento condivise, ritornare ad avere cura nell’uso delle parole e delle cose. Oggi accogliamo sempre più spesso ragazzini con storie difficili di affetto negato, di migrazione sofferta, di abbandoni, di povertà economica, di aridità culturale. Conosciamo bene la fatica quotidiana d’interagire con classi che presentano problematiche di peso non indifferente e l’inadeguatezza nell’affrontare la sofferenza e le richieste di alcuni alunni.
Come possiamo, in queste situazioni complesse, perseguire l’obiettivo di una convivenza democratica? C’è speranza di un cambiamento positivo soltanto se la scuola sarà dotata di risorse umane adeguate, indispensabili per contrastate con buone pratiche educative il crescente livello di trasgressività alle leggi e il dilagare dell’arroganza.
Allora proviamo a ripartire dalle relazioni, che permettono di conoscere le bambine e i bambini veri, interi, curiosi, di costruire percorsi educativi efficaci basati su regole di comportamento indispensabili per lavorare in modo sereno. Si sta bene a scuola quando la qualità dei rapporti personali passa attraverso i legami significativi, che sappiamo costruire con gli alunni e tra noi insegnanti. “Affinché l’io diventi noi – scrive Mario Lodi – i cittadini dell’aula hanno bisogno di darsi delle regole condivise, perché senza regole regna il caos e la prevaricazione: discutere insieme le regole democraticamente significa accettarle e realizzare così la scuola della Costituzione”.
In molte scuole non c’è ancora: per questo va pensata, realizzata, condivisa. Insieme al Maestro e a un gruppo di colleghi della Primaria, qualche anno fa, ho lavorato con i bambini alla riscrittura dei suoi principi fondamentali. Non soltanto per conoscerla e scrivere il libro “Costituzione, la legge degli italiani”, ma innanzitutto per viverla nell’aula a cominciare da sei anni. Perché la scuola non può accontentarsi di insegnare a leggere e scrivere, deve soprattutto crescere cittadini responsabili e preparati ad affrontare le difficili sfide del nostro tempo.
Fonte: La Vita Scolastica
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