Si è conclusa il 30 ottobre a Lecce la settima edizione del Festival diffuso delle culture mediterranee Sabir dal titolo “Le frontiere dei diritti e la pandemia”. Promosso da ARCI, insieme a Caritas Italiana, ACLI, CGIL, con la collaborazione di ASGI, Carta di Roma, A Buon Diritto, ha visto la partecipazione di oltre 500 persone, ma altre mille hanno seguito a distanza i 43 eventi tra cui 33 convegni e 5 presentazioni di libri. La dichiarazione finale che trovate qui sotto si inserisce in un processo aperto e partecipato che si propone di costruire una piattaforma che riunisca le reti e i soggetti impegnati sul piano nazionale e internazionale a contrastare le politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea. La preoccupazione per la direzione sbagliata e tragica che i governi stanno prendendo in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo impone di ricercare un terreno unitario, il più ampio possibile, che possa anche trovare, per essere più efficace, una sponda nelle istituzioni internazionali e nazionali, nonché tra le comunità del mondo dell’immigrazione e dei rifugiati
Il 2021 è stato un anno drammatico e complesso sia per le conseguenze della pandemia, ancora tragicamente presente nelle vite degli esseri umani, che per le tante persone che hanno subito e continuano a subire violenze e persecuzioni in tutto il mondo, così come le conseguenze devastanti della crisi ambientale.
Il Mediterraneo è una delle regioni del mondo intorno alla quale si concentrano tante delle criticità e delle contraddizioni di un modello di sviluppo diseguale che, oltre a compromettere pesantemente l’equilibrio e il futuro del pianeta, produce povertà, discriminazioni e diseguaglianze.
È necessario costruire alternative partendo dalla società civile, dalle sue organizzazioni e da relazioni orizzontali tra comunità locali e il Festival Sabir è un contributo in questa direzione.
Uno spazio di socializzazione e confronto internazionale che intende essere una occasione per le tante persone che non vogliono arrendersi alla normalità dell’ingiustizia, ad una cultura e ad una economia che considerano troppo spesso le persone numeri, sacrificabili sull’altare del profitto e degli egoismi degli Stati e dei grandi gruppi economici e finanziari.
La crisi afghana ha messo ben in evidenza quante e quali sono le contraddizioni delle politiche che in questi ultimi anni hanno caratterizzato le scelte dei governi, in particolare di quelli dell’Unione Europea.
Il Patto Europeo su immigrazione e asilo è il tentativo esplicito di cancellare il diritto d’asilo e di criminalizzare l’immigrazione.
La proposta presentata dalla Commissione nel settembre 2020 sceglie come strumento principale per impedire alle persone di entrare regolarmente sul territorio dell’UE l’esternalizzazione delle frontiere e del diritto d’asilo, cancellando in questo modo i principi normativi europei in materia di diritti umani e molti di quelli contenuti nella legislazione internazionale e nelle costituzioni nazionali.
Il Festival Sabir e l’assemblea finale intendono proseguire, con questa dichiarazione, un processo aperto e partecipato con l’obiettivo di costruire una piattaforma che riunisca le reti e i soggetti impegnati sul piano nazionale e internazionale a contrastare le politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea.
La preoccupazione per la direzione sbagliata e tragica che i governi stanno prendendo in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo ci impone di ricercare un terreno unitario, il più ampio possibile, che possa anche trovare, per essere più efficace, una sponda nelle istituzioni internazionali e nazionali, nonché tra le comunità del mondo dell’immigrazione e dei rifugiati.
Tutte le iniziative di pressione e mobilitazione rivolte alle istituzioni europee e alle diverse istituzioni nazionali necessitano di un terreno comune, di una convergenza che determini concretamente una inversione di marcia nelle scelte concrete dei governi.
Non vogliamo e non possiamo più assistere alle morti in mare, ai respingimenti lungo la rotta balcanica e alla frontiera tra Bielorussia e Polonia, né tanto meno alla chiusura di ogni via d’accesso al diritto d’asilo in Europa.
Ciò che auspichiamo è che l’alternativa si costruisca dall’analisi concreta, aprendo canali di d’accesso legale, valorizzando ed ampliando quelli già sperimentati, effettuando operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale ora a carico solo delle ONG, valorizzando le tante forme di solidarietà alle nostre frontiere. Sono tutte iniziative volte a determinare una alternativa alle politiche europee in materia di immigrazione e asilo, a partire dalle quali si può costruire una alleanza di società civile per un Patto Europeo per i Diritti e l’Accoglienza con un confronto stabile tra la dimensione nazionale delle vertenze e quella europea, anche con il coinvolgimento di quei parlamentari, nazionali ed europei, che vorranno contribuire a determinare un cambiamento reale.
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