Sono migliaia di tonnellate di greggio ad alto concentrato di zolfo. E trasportano potenzialmente cambiamento climatico e inquinamento. Dopo l’opposizione dei movimenti ambientalisti nordamericani, nel tentativo di bloccare la produzione e l’esportazione del greggio tra i più inquinanti del pianeta, i petrolieri canadesi provano la carta europea. E la porta di entrata, manco a dirlo, è l’Italia. Chiudere i battenti, in questo caso, sarebbe un contributo alle lotte dei nativi americani, dei movimenti ecologisti e un fermo stop all’esportazione di combustibili fossili, fonte di profitti certi per le aziende petrolifere e di un impatto insostenibile sul futuro della terra
di Alberto Zoratti e Raffaella Bolini
E’ la Minerva Gloria: quasi 250 metri di lunghezza per 44 di altezza, per decine di migliaia di tonnellate di stazza. E’ la petroliera che si è aggiudicata un trasporto speciale da una multinazionale altrettanto speciale, la Suncor Energy Inc., la più grande impresa di estrazione petrolifera e di gas di tutto il Canada. E quello che è stato caricato nella stiva della Minerva Gloria è la nuova ricchezza del Governo di Ottawa: petrolio ottenuto dallo sfruttamento delle sabbie bituminose e dei pozzi dell’Alberta. Un vero e proprio carico di cambiamento climatico che, lasciato il porto di Sorel-Tracy e attraversato il fiume San Lorenzo verso l’Atlantico avrà un’unica destinazione: il Mar Mediterraneo e, precisamente, le raffinerie di Sarroch, in provincia di Cagliari, cittadina letteralmente devastata come lo sono tutte le altre prese di mira dai petrolieri (aria avvelenata, morti sul lavoro, tassi di tumori alle stelle, frequenti sversamenti e rilasci di materiale tossico nell’ambiente…).
La Sardegna, almeno secondo le prime intenzioni dell’impresa petrolifare canadese, sarà il porto di sbarco del primo vero e proprio carico di petrolio canadese in Europa. Un primato poco invidiabile e a rischio contestazioni, al punto che la stessa portavoce della Suncor, Sneh Seetal, nelle sue dichiarazioni all’agenzia di stampa Reuters ha evitato di precisare il porto di sbarco. “Il Canada e gli Stati uniti rimangono i nostri mercati chiave – ha detto – ma è importante trovare nuovi clienti anche al di fuori del Nord America”. Una strategia favorita dalla crisi russa e dai bassi prezzi che vengono riscontrati in Canada, dettati da sovrapproduzione di greggio. Ma anche dalla forte opposizione dei movimenti ambientalisti nordamericani che hanno contestato, e fino ad ora ostacolato, la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, che porterebbe il greggio dalle sabbie bituminose dell’Alberta alla costa statunitense.
Si tratta di petrolio di bassa qualità definito Western Canadian Select, ad alto contenuto di zolfo e tra i più economici al mondo, secondo Bloomberg le quotazioni al 25 settembre erano 76 dollari al barile, ben 17 dollari in meno delle quotazioni ufficiali del Brent. La Suncor Energy non è nuova ad acrobazie nel tentativo di trovare nuovi mercati evitando colli di bottiglia e veti, tre anni fa inviò il greggio dall’Alberta alla costa pacifica (British Columbia) via oleodotto prima di caricarlo su una petroliera che, passato il canale di Panama, lo avrebbe trasportato in Quebec.
E non è ultima neppure nelle condanne per reati ambientali: nel 2010 fu multata con 200mila dollari di multa per aver sversato sostanze tossiche nel fiume Alberta. E fu responsabile di diversi sversamenti, come nel fiume Sand Creek, che continuarono per anni inquinando le acque e le proprietà circostanti. O come la multa di oltre due milioni di dollari per inquinamento dell’aria con benzene a causa delle attività della raffineria a nord di Denver. E questo solo per citarne alcune.
A pochi giorni dalla grande mobilitazione di New York contro il cambiamento climatico, la conferma dell’arrivo di petrolio molto probabilmente legato all’estrazione da sabbie bituminose in Italia sarebbe un’offesa alla logica e un insulto alla lotta al cambiamento climatico, tanto decantata retoricamente persino dal governo Renzi, presidente di turno dell’Unione Europea.
Secondo il sito Marinetraffic, il tempo stimato per l’arrivo nelle acque sarde è il 7 ottobre, poco per una traversata oceanica, ma abbastanza per mostrare quanto possa essere decisa l’opposizione allo sfruttamento di combustibili così inquinanti. Bloccare il loro arrivo, o modificarne la rotta, e chiedere chiarezza sulla provenienza di quel greggio sarebbe un bel regalo a quel milione di persone che nelle strade di mezzo mondo ha dichiarato di essere per un netto System Change. E’ quello che hanno scelto di fare su sollecitazione di Comune-info i parlamentari Marcon e Piras , preallertando le Istituzioni sarde (a partire dal Consiglio Regionale, dal Presidente della Regione e dall ‘Assessore all’Ambiente) perchè seguano il caso e intervengano per tempo. Un intervento che ci auguriamo sfoci anche in un’interpellanza parlamentare
Per tenere sotto controllo la rotta vedi: qui
DA LEGGERE
ARBOREA MANDA A CASA MORATTI
Sì e no 4.000 abitanti, Arborea (Oristano) è nota per la sua magnifica oasi di S’Ena Arrubia, protetta da ogni trattato possibile (zona a protezione speciale, sito di interesse comunitario, importante bird area), dove se sei fortunato puoi vedere rincorrersi i fenicotteri rosa. La Saras dei fratelli Moratti decide che questo è il luogo per il suo bel “Progetto Eleonora”, con cui trivellare un pozzo a 200 metri da S’Ena Arrubia e a 400 metri dalle case di Arborea per cercare gas a 3.000 metri di profondità. E quindi vai con il solito bla bla dei petrolieri: “Eleonora” porterà lavoro e metano ai sardi, non causerà problemi ambientali e non ci saranno modifiche al territorio. Come noto, questa famiglia possiede molte altre raffinerie in tutta Italia, fra cui quella a Sarroch (Cagliari), città letteralmente devastata come lo sono tutte le altre prese di mira dai petrolieri. A Sarroch c’è aria avvelenata ogni giorno, morti sul lavoro, tassi di tumori alle stelle, frequenti sversamenti e rilasci di materiale tossico nell’ambiente. Tutto si aspettavano i Moratti tranne che da un paesino così tranquillo nascesse un comitato autorganizzato con la bizzarra idea dei beni comuni…. ECCO COM’È ANDATA A FINIRE
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