Di fronte alle mutazioni continue del Covid, la politica istituzionale continua per lo più a disconoscere le storture socio-sanitarie e ambientali che hanno favorito la sindemia. Abbiamo bisogno di pensiero critico e di riconoscere alcuni passaggi cruciali – storici, filosofici e culturali – per far emergere sguardi diversi sul presente
Una conferma della madornale crisi della politica nel presente, ma perdurante da almeno un ventennio, è data dalla interazione stabilita con il fenomeno Covid. Mi sono già espresso allora, portando a supporto una certa “letteratura della crisi”: sulla strumentalità di certi provvedimenti, sulle motivazioni nascoste della protezione offerta in primo luogo al settore produttivo, sulle implicazioni relative alla biopolitica. Ora, a distanza di tempo, nell’orizzonte delle mutazioni continue del virus che rimandano alla sindemia, di fronte al prepotente ritorno allo status quo ante, disconoscente le intuizioni e le promesse propense a correggere le storture socio-sanitarie e ambientali, la delusione si traduce nella certificazione del vecchiume di una determinata politica. Anzi, sull’input di tale persistenza, constato la ricorrenza di tentazioni violente di sovranismo, nazionalismo, neofascismo. La provocazione è quindi assordante, l’urgenza alla riflessione sul perché e la spinta a cercare “luce” fuori del vicolo cieco si sono fatte ineludibili.
Sono state classificate nel novero dei “no vax” le riserve improntate alla biopolitica, buttando così alle ortiche la distinzione tra bios e zoe lasciata in eredità da Michel Foucault, adattabile ad essere chiave di lettura delle sfumature prese dal governo dei corpi.
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Il martello di Nietzsche
Da questa matrice deriva una sollecitazione a ripensare (e a rimediare) alla insana rottura del rapporto tra teoria e praxis(1). Rottura che ha innestato: la piattaforma di una certa metafisica, lo sconsiderato dualismo di anima e corpo, la diaspora della politica, degenerante sempre più verso il dominio, la violenza, l’autorità fine a se stessa, la disumanità. La filosofia del Novecento si è fatta attraversare da questo dramma, si è resa “debole” prendendo le distanze dal “pensiero forte” dominatore e conquistatore, colonizzatore.(2)
L’immagine emblematica, d’esordio a questa temperie, è il martello e Nietzsche il filosofo del martello. Prendeva forma la filosofia ermeneutica.(3)
Appunto: il culmine della filosofia speculativa, racchiusa nella ragnatela del pensiero puro, che quindi ha pensato di dirimere il razionale dal materiale, si è concentrato nel sistema hegeliano. La reazione, il “rovesciamento” , la liberazione, hanno preso la via del l’antropologia, del materialismo dialettico, del socialismo, della fenomenologia, delle scienze umane (considerate raccordo di psicologia, ecologia, pragmatismo).
La figura coinvolta, per certi versi emblematica (anche in ragione dei suoi chiaroscuri): quella di Max Weber. In lui possiamo rappresentare la riproposta di principi marxiani, la discettazione critica del finalismo implicito alla tradizione delle “filosofie della storia”, la a-valutatività del sapere scientifico, il disincanto del mondo. Enucleiamo la tesi da lui discussa (e che tante discussioni ha suscitato) sul nesso tra etica protestante e spirito del capitalismo (4) e mettiamo in esame una diversificazione. Per Weber, la riproduzione incessante del successo economico (profitto) riconduce alla messa in prova dell’effetto della predestinazione divina; in una nuova ipotesi critica(5) è specchio invece della finalità intrinseca al capitalismo: obbligo di una riproduzione infinita del successo.
In questo momento evitiamo di mettere in discussione l’inadeguatezza di un’ottica univocamente classista. Si chiede soprattutto consapevolezza del fatto che il lavoro, trasformandosi, ha compromesso la segmentazione classista; rimane però un dato incontrovertibile, l’alienazione. Ad essa diamo una semantica estesa fino a comprendere l’intera portata (non solo economica, quindi) della persona umana. Vi affianchiamo la tematica agitata dai movimenti femministi, sintonizzandoci sulla visione assunta dalle tendenze più aggiornate (Butler, Haraway), portandoci fuori dalle strettoie dell’obiettivo della semplice parificazione, tenendo ben forte la diversità e puntando sulla meta della piena uguaglianza.
L’incontro con i corpi
Si fa, in questo orizzonte, di nuovo l’incontro con i corpi. Tra essi, quelli femminili possiedono potenzialità dinamiche(6) e dimostrano titoli di una soggettività libera. Soggettività refrattaria, insomma, alla mercificazione, ovvero a una logica di strumentalità, creata nel momento del contratto di forza-lavoro (salarizzazione) o, più subdolamente, nella demarcazione della natura strettamente intima, familiare e, a stretta misura, privata del femminile (confinata nel privato, non rilevante come dimensione pubblica).(7)
Entrando in questo orizzonte, non solo si ripensa il concetto di valore, riportando in vita il nesso con l’uso (valore d’uso), disattivando il valore di mercato (frutto di appropriazione e della monetizzazione), ma si sgancia anche il mezzo dalla funzione dell’utilità legandolo alla dinamica del corpo (trasversalità, entro la natura, di una techne, insieme naturale ed artificiale). È un fare, questo, un agire (praxis ) molto diverso dalla poiesis aristotelica, monca di praxis, capace di riabilitare l’unità tra mente e corpo, tra attività intellettuale e attività manuale. Sul versante politico aiuta il risanamento della proposta politica, riportandola dalle sedi oscure dei laboratori finanziario-economici al terreno delle istanze sociali autentiche, agli impulsi di un’economia ancorata ai bisogni, alla cura, al bene comune.
Una fonte d’ispirazione
Nel corso dell’articolo si è fatta menzione degli snodi storici e culturali, mentre volteggiava sempre il difetto insito nello sviluppo storico (in ispecie della civiltà occidentale), relativo alla discriminazione del genere femminile. Esso si è incrociato con il pregiudizio sessista provocando l’assenza di un contributo fondamentale, nel tempo stesso della ferita inferta alla voce dell’uguaglianza. In questa misura acquista pregnanza la rivendicazione di una politica sessuata, intendendo con essa il salto al di là dello steccato della discriminazione.
Spicca la figura di Donna Haraway, che dagli anni Ottanta si è misurata con il femminismo prima maniera, coltivando il terreno dell’antispecismo per dare inizio alle parentele con le altre specie della natura, fuori del ricorrente antropocentrismo. Il suo scopo si riassume nel cyborg : superamento del dualismo uomo-macchina, emblema del passaggio oltre ogni binarismo, visto che, in tal modo, si dà concretezza all’unione di cogitare/facere, incorporando la techne nell’opera intellettuale. Per essere più espliciti e non contraddire l’enunciato non antropocentrico, dentro l’alleanza degli esseri della natura va riconosciuta intelligenza ad ogni ente, anche quando essa sta nella forma dell’istinto, e soprattutto va riconosciuto lo sforzo tecnico immanente ad ognuno (si ricordi che tutto discende dalla potenza d’essere). In questa veste funziona l’alleanza, ovvero il co-esistere ; da questo fronte si riconsidera la natura dell’altro, senza disattendere il tessuto olista (8)
La filosofa Elettra Stimilli, docente alla Sapienza di Roma, riprende nel libro già citato parecchi concetti di Donna Haraway e di altri/e pensatori/trici con simili propensioni. Scelta argomentata la sua, dopo attenta considerazione del movimento che la filosofia ha conosciuto nelle tappe della Critica del giudizio kantiana, della Logica hegeliana, dei testi di Marx fino a portarsi alla crisi del primo Novecento. Da essa prendono spunto Heidegger, scuola di Francoforte, Walter Benjamin, Hannah Arendt, apprestando materiale altamente plastico, richiedente nuova interpretazione.
Arrivo così al punto di partenza, consapevole di aver solo sorvolato, ma con la presunzione di aver messo a tema la necessità di un ripensamento della politica. In favore di una politica dentro e non fuori, in condivisione e non imperiosa, forte delle debolezze (una volta che queste si alleano), di una politica dell’ambiente, dove ambiente non è più sinonimo di preistoria e mito dell’eden.
Note
- Lo scrivo in greco perché rende al meglio la caratura dell’agire pratico
- Non si può che usare la definizione di imperialismo per questa “ posa” e riconoscere che il primato, tra le civiltà, attribuito all’Occidente, è connesso a questa fenomenologia.
- Il termine richiama Ermes, il messaggero delle divinità greche: porta in seno la via del dialogo
- Max Weber, Etica protestante e spirito del capitalismo. Nell’opera, peraltro, Weber vuol mettere in evidenza il peso e la forza della psicologia
- E . Stimilli, Filosofia dei mezzi Neri Pozza 2023
- Un dinamismo che va inteso come vitalità: quindi generativo, fuori della riproduzione dell’identico. Rimando al capitolo Mezzi di produzione nel libro della Stimilli supra
- In questa stregua, il riconoscimento alla donna della capacità di cura è immediatamente sterilizzato, riportando la dote nella sfera delle più tradizionali virtù morali, senza alcuna ripercussione socio politica
- Olismo = insieme inscindibile delle parti, che così costituiscono membra. Reciprocità tra forma della natura e forma sociale. Umanesimo pacificato attraverso il rispetto di tutte le specie. “ La natura […] non è un tesoro da custodire o da conservare in banca, non è un’essenza da proteggere o violare. La natura non è nascosta e pertanto non necessita di essere svelata. La natura non è un testo da decifrarsi in base ai codici della matematica o della biomedicina. Non è l’alterita’ che offre origine, materie prime e servizi. Né madre, né curatrice, né schiava né meretrice, la natura non è risorsa o mezzo per la riproduzione dell’uomo” Haraway riportato in Stimilli, p. 148
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